LA RISPOSTA IRANIANA PARLERÀ O MENO DI GUERRA?
Dopo l'attacco alla residenza diplomatica iraniana a Damasco (ma c'è forse, a parte gli USA, uno stato più terrorista di Israele?), l'Iran si prese il suo tempo per dare una risposta. L'attacco del 14 aprile - non solo preavvertito, ma anche articolato in modo tale da dare tutto il tempo alle difese israelo-americane - aveva sostanzialmente tre obiettivi: il primo, ovvio, dimostrare che Teheran non ha alcun timore reverenziale verso Israele, e se ritiene giusto farlo non esita a colpire; il secondo, più sostanziale, dimostrare ad Israele la propria capacità militare; il terzo, strategico, conoscere tempi e modi di reazione del nemico.
Il fatto che prima dell'attacco fossero stati avvertiti gli Stati Uniti (quindi Israele stessa) aveva evidentemente più di uno scopo, sia diplomatico (mostrare che non si voleva l'apertura di una guerra), sia militare (dare modo a Tel Aviv di predisporre le difese, e quindi di mostrarne il dispiegamento). Il fatto che, nonostante il preavviso, l'Iran sia poi stato capace di colpire esattamente quelli che erano i suoi obiettivi (due basi aeree, da una delle quali era partito l'attacco a Damasco), ha dato modo alle forze armate iraniane di avere conferma della validità dei propri sistemi d'arma. Il fatto di aver messo alla prova le difese israeliane, le cui relative informazioni sono state certamente messe in circuito tra le varie formazioni dell'Asse della Resistenza, ha poi reso evidente come il famoso Iron Dome (efficace contro i razzetti Yassim della Resistenza palestinese) fosse in realtà un mezzo colabrodo.
Vale appena la pena ricordare come Hezbollah abbia dimostrato di poter tranquillamente sorvolare l'intera Israele con un UAV, registrando immagini delle principali basi militari del paese, senza che la difesa israeliana nemmeno se ne accorgesse, e che Ansarullah è stata in grado di colpire Tel Aviv con un suo drone.
A questo punto, Teheran ha una mappa virtuale di tutte le difese aeree israeliane e dei suoi possibili punti deboli. In questi casi, o la risposta è immediata (il che vuol dire che era stata prevista e pianificata), oppure tarderà quel tanto che serve a stressare il nemico.
La questione principale, però, è eminentemente politica. Ovvero quanto l'Iran - ed i suoi alleati, non solo regionali - sono disposti ad alzare il livello dello scontro. Questa valutazione, che probabilmente è stata già fatta a Teheran, ed in queste ore viene condivisa con le forze più vicine, determinerà l'estensione della risposta (se solo dall'Iran e dal Libano, oppure anche da Siria, Iraq e Yemen), la sua intensità (un attacco, o una serie di attacchi, protratti per più giorni), e soprattutto la sua incisività (quali obiettivi, qualità e quantità dei danni inflitti).
Dal tipo di risposta che verrà data, capiremo se l'Asse della Resistenza ritiene maturi o meno i tempi per un innalzamento del livello di scontro.
𝐬𝐞𝐠𝐮𝐢𝐦𝐢 𝐬𝐮 𝐓𝐞𝐥𝐞𝐠𝐫𝐚𝐦!
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