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lunedì 1 agosto 2011
TAR "...In materia di rapporti di lavoro instaurati con lo Stato o con altre pubbliche amministrazioni, per determinare, "quoad tempus", ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, (oggi D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7), la giurisdizione con riferimento ad atti del datore di lavoro, si deve avere riguardo al momento della verificazione dei fatti costitutivi del diritto rivendicato..."
IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 457
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Ricorre il sig. ####################, dipendente del Ministero intimato a riposo dal 3.4.1994, per avversare il provvedimento con il quale gli è stata negato il riconoscimento di causa di servizio delle infermità denunciate, meglio descritte negli atti di causa.
Espone, in fatto, che gli veniva riconosciuta una invalidità civile del 39% con provvedimento della Commissione provinciale invalidi civili di Reggio Calabria in data 12/10/1972; la Commissione medica periferica per l'invalidità civile riconosceva l'aggravamento dell'invalidità civile nella misura del 75% il 2/8/1991; l'1/9/1992 veniva sottoposto ad accertamenti sanitari presso l'O.M. di Messina che lo giudicava permanentemente non idoneo al servizio a causa delle infermità denunciate; l'11/3/1994 veniva sottoposto a nuovi accertamenti sanitari dalla Commissione medica dell'USL 11 di Reggio Calabria che lo giudicava all'unanimità permanentemente inidoneo ad ogni proficuo lavoro ed entrava in quiescenza il 3/4/1994.
In relazione alle infermità denunciate presentava istanza di riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio (per avere sempre prestato servizio in luoghi malsani) già in data 24/12/1990; l'istanza veniva respinta con PDG del 26.5.1999 nr. ####################; il sig. C. in data 9/2/2000 presentava ricorso di fronte a questo TAR per avversare tale provvedimento di diniego; con sentenza nr. #################### del 26 giugno 2006 veniva accolto il ricorso ed annullato il provvedimento impugnato; con verbale nr. ####################85/06 il Comitato di verifica per le cause di servizio esprimeva parere contrario al riconoscimento; su tale parere veniva emesso il provvedimento impugnato con il quale veniva respinta la richiesta di concessione dell'equo indennizzo.
Avverso il rinnovato diniego deduce articolate ragioni di censura, tendenti a farne valere l'illegittimità per eccesso di potere sotto svariati profili (illogicità manifesta, contraddittorietà con precedenti manifestazioni, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, disparità di trattamento).
Si è costituito il Ministero intimato che resiste al ricorso che chiede essere respinto per inammissibilità ed infondatezza.
Alla pubblica udienza del 18 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Preliminarmente va esaminata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla odierna controversia, che va ritenuta.
In materia di rapporti di lavoro instaurati con lo Stato o con altre pubbliche amministrazioni, per determinare, "quoad tempus", ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, (oggi D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7), la giurisdizione con riferimento ad atti del datore di lavoro, si deve avere riguardo al momento della verificazione dei fatti costitutivi del diritto rivendicato; se però il regime del rapporto preveda che la giuridica rilevanza di quei fatti sia assoggettata ad un preventivo apprezzamento dell'amministrazione medesima ed alla conseguente declaratoria della sua volontà al riguardo, deve farsi riferimento al momento in cui interviene siffatta declaratoria. Pertanto, con riguardo a controversia concernente la domanda di equo indennizzo per infermità contratta a causa di servizio deve farsi riferimento al momento terminale del procedimento, costituito
dalla delibera dell'amministrazione sull'istanza (Cass. Sez. un. 7581/2006 cit. Cass. Sezioni Unite 10 luglio 2006 n. 15619, 23 gennaio 2004 n. 1234, 7 marzo 2003 n. 3438); il secondo principio risulta enunciato in relazione a fattispecie di rapporti proseguiti dopo il discrimine temporale del 30 giugno 1998 nel nuovo assetto contrattualizzato sottoposto alla giurisdizione del giudice ordinario. Viceversa nei caso di rapporti esauriti prima della suddetta data e, quindi, di provvedimento di liquidazione postumo, si deve affermare la giurisdizione del giudice del rapporto, che permane quello amministrativo (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 09 febbraio 2010, n. 123, che ha ritenuto la giurisdizione in relazione ad una fattispecie nella quale il ricorrente risultava cessato dal servizio nel 1995, ed il provvedimento impugnato era costituito da un atto di rideterminazione dell'equo
indennizzo concesso con delibera del 1996 successivo al 1998).
Nella fattispecie all'esame odierno del Tribunale, il provvedimento impugnato è stato emanato in ottemperanza alla statuizione del TAR nr. ####################/06 richiamata ed in sede di riesame dell'originario diniego, manifestato anteriormente al 1998 e che, quindi, radica la giurisdizione di fronte al giudice amministrativo. In questo senso, il primo provvedimento di diniego ha conseguito l'effetto di cristallizzare la fattispecie, ed il relativo assetto di interessi, in data anteriore al mutamento della giurisdizione, perché il successivo provvedimento (emanato in forza dell'annullamento del precedente), sebbene sia evidentemente il frutto di una rinnovata valutazione della PA, retroagisce al momento in cui il rapporto si era compiuto.
II) Ritenuta la giurisdizione, il ricorso è fondato e come tale va accolto.
In linea di principio, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che "in sede di liquidazione dell'equo indennizzo secondo la disciplina previgente, l'Amministrazione è tenuta a recepire e a far proprio il parere del CPPO, unico organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta il compito di esprimere il giudizio finale sul nesso eziologico (professionale o meno) dell'infermità sofferta dal pubblico dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere - obbligatorio - espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l'Amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa" (da ultimo,
Consiglio Stato, sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 378; cfr anche le sentenze di questo TAR nr. 463 del 12 settembre 2008 e 30 dicembre 2009, nr. 1371).
In questo senso, il provvedimento impugnato, nel richiamare, trascrivere e fare proprio il parere del CPPO afferma che tale pronunciamento è esente da vizi logici e come tale va condiviso.
Tuttavia, nello specifico caso in esame, appare evidente che il parere del CPPO non è esente da vizi logici, perché non riferisce di alcuna considerazione in ordine al principale fattore causale delle patologie riscontrate che il ricorrente, nella propria istanza, ha puntualmente evidenziato.
Infatti, il ricorrente ha chiesto il riconoscimento di una specifica patologia polmonare e respiratoria, che ha poi generato ulteriori disfunzioni, in conseguenza alla denunciata permanenza dello stesso in luoghi di lavoro caratterizzati da una forte presenza di fumatori e della conseguente insalubrità dell'aria.
Sulla esistenza di tale contesto di fumo passivo, non sussistono effettivi dubbi, essendo stata riconosciuta sia dalle relazioni di servizio, che, soprattutto, dal verbale della CMO ove si legge che "risulta documentato agli atti che (il sig. C.).. in tutti questi anni fu esposto all'azione nociva del fumo passivo...che pur essendo stato assunto come invalido civile perché affetto da...(la patologia denunciata)...non si può disconoscere che i suddetti fattori negativi presenti nell'ambiente di lavoro abbiano potuto aggravare la patologia respiratoria di cui era affetto l'interessato fino alla comparsa di un cuore polmonare cronico"; peraltro, il contesto di fumo passivo non è stato oggetto di contestazione difensiva.
Nonostante le evidenze istruttorie, nel suo parere il CPPO non affronta neppure in minima parte l'esame della possibilità che il fumo passivo abbia influito sulle condizioni di salute del ricorrente e da ciò emerge una carenza contenutistica e logica di immediata e palese evidenza.
Anche secondo la giurisprudenza più rigorosa che riconosce a carico di chi invoca tutela ai fini dell'istituto in esame l'onere di fornire dimostrazione del nesso eziologico tra contesto di lavoro e patologia denunciata (cfr. TAR Reggio Calabria, ord. nr. 349 del 20 aprile 2011, e sent. nr. 353 del 10 marzo 2011), il ricorso è dunque fondato e da accogliersi perché le censure di parte ricorrente sono sorrette dagli stessi atti e provvedimenti di provenienza dalla parte pubblica.
Per le esposte ragioni il ricorso è fondato ed è da accogliersi, conseguendone l'annullamento del provvedimento impugnato e l'obbligo di ripronunciarsi sulla istanza del ricorrente con delibera motivata e con preciso accertamento dell'incidenza del fumo passivo sulle patologie denunciate, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato e condanna l'Amministrazione a pronunciarsi nuovamente sulla istanza di parte ricorrente nei limiti e con le modalità di cui in parte motiva.
Condanna parte resistente alle spese di lite che liquida in euro 2.500,00 oltre IVA, CPA, importo del contributo unificato e delle spese di notifica, oltre spese generali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa e manda alla Segreteria giurisdizionale di comunicarne copia alle parti.
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