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venerdì 26 ottobre 2018

DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 121 Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 81, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103. (18G00147) (GU n.250 del 26-10-2018 - Suppl. Ordinario n. 50) Vigente al: 10-11-2018



DECRETO LEGISLATIVO 2 ottobre 2018, n. 121

Disciplina dell'esecuzione delle pene nei  confronti  dei  condannati
minorenni, in attuazione della delega di cui  all'articolo  1,  commi
81, 83 e 85,  lettera  p),  della  legge  23  giugno  2017,  n.  103.
(18G00147)

(GU n.250 del 26-10-2018 - Suppl. Ordinario n. 50)


 Vigente al: 10-11-2018 



Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI



                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

  Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
  Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
  Vista la legge 23 giugno 2017, n. 103, recante «Modifiche al codice
penale,   al   codice   di   procedura   penale   e   all'ordinamento
penitenziario», contenente  la  delega  al  Governo  per  la  riforma
dell'ordinamento penitenziario, e, in particolare l'articolo 1, commi
82, 83, 85, lettera p);
  Vista  la  legge  26  luglio   1975,   n.   354,   recante   «Norme
sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
privative e limitative della liberta'»;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,
n. 447, recante «Approvazione del codice di procedura penale»;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,
n. 448, recante «Approvazione delle disposizioni sul processo  penale
a carico di imputati minorenni»;
  Visto il decreto legislativo  28  luglio  1989,  n.  272,  recante:
«Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto  del
Presidente della  Repubblica  22  settembre  1988,  n.  448,  recante
disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni»;
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29  ottobre  2012,
n.  263,  recante  «Regolamento  recante  norme   generali   per   la
ridefinizione  dell'assetto  organizzativo   didattico   dei   Centri
d'istruzione per gli adulti, ivi compresi i  corsi  serali,  a  norma
dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
  Sentito il Garante nazionale dei diritti delle persone  detenute  o
private della liberta' personale;
  Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,
adottata nella riunione del 22 febbraio 2018;
  Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui  all'articolo
8 del decreto delegato 28 agosto 1997, n. 28, espressa  nella  seduta
del 1° agosto 2018;
  Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica;
  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella
riunione del 27 settembre 2018;
  Sulla proposta del Ministro della giustizia,  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze;

                                Emana
                  il seguente decreto legislativo:

                               Art. 1

                 Regole e finalita' dell'esecuzione

  1. Nel procedimento per l'esecuzione della pena detentiva  e  delle
misure penali  di  comunita'  a  carico  di  minorenni,  nonche'  per
l'applicazione di queste ultime, si  osservano  le  disposizioni  del
presente decreto e, per quanto  da  esse  non  previsto,  quelle  del
codice di procedura penale, della legge 26 luglio 1975, n.  354,  del
relativo regolamento di attuazione di cui al decreto  del  Presidente
della Repubblica 30 giugno 2000, n.230, e del decreto del  Presidente
della Repubblica 22 settembre 1988,  n.  448,  e  relative  norme  di
attuazione, di coordinamento  e  transitorie  approvate  con  decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 272.
  2. L'esecuzione della pena  detentiva  e  delle  misure  penali  di
comunita'  deve  favorire  percorsi  di  giustizia  riparativa  e  di
mediazione con le vittime di reato.  Tende  altresi'  a  favorire  la
responsabilizzazione, l'educazione e il pieno  sviluppo  psico-fisico
del minorenne, la preparazione alla vita libera, l'inclusione sociale
e a prevenire la commissione di ulteriori reati,  anche  mediante  il
ricorso ai percorsi di istruzione, di  formazione  professionale,  di
istruzione   e   formazione   professionale,   di   educazione   alla
cittadinanza attiva  e  responsabile,  e  ad  attivita'  di  utilita'
sociale, culturali, sportive e di tempo libero.

Capo II
ESECUZIONE ESTERNA E MISURE PENALI DI COMUNITÀ

                               Art. 2

                     Misure penali di comunita'

  1. Sono misure  penali  di  comunita'  l'affidamento  in  prova  al
servizio sociale, l'affidamento in prova con detenzione  domiciliare,
la detenzione domiciliare, la semiliberta', l'affidamento in prova in
casi particolari.
  2. Le misure penali di comunita'  sono  disposte  quando  risultano
idonee  a  favorire  l'evoluzione  positiva  della  personalita',  un
proficuo percorso educativo e di recupero, sempre che non vi  sia  il
pericolo che il condannato si  sottragga  all'esecuzione  o  commetta
altri reati.  Tutte  le  misure  devono  prevedere  un  programma  di
intervento educativo.
  3. Fermo quanto previsto all'articolo 1, comma  1,  ai  fini  della
concessione delle misure penali di comunita' e dei permessi premio  e
per l'assegnazione al lavoro esterno  si  applica  l'articolo  4-bis,
commi 1 e 1-bis, della legge 26 luglio 1975,  n.  354,  e  successive
modificazioni.
  4. Il tribunale di sorveglianza decide  sulla  base  dei  risultati
dell'osservazione  e  della  valutazione   della   personalita'   del
minorenne, delle condizioni di salute psico-fisica, dell'eta'  e  del
grado di maturita', del contesto di vita e  di  ogni  altro  elemento
utile,  tenuto  conto  della  proposta  di  programma  di  intervento
educativo redatta dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni  e
dei percorsi formativi in atto.
  5. Nella scelta  della  misura  si  tiene  conto  dell'esigenza  di
garantire un rapido inserimento sociale con il minor sacrificio della
liberta' personale.
  6. La durata delle misure penali  di  comunita'  e'  corrispondente
alla durata della pena da eseguire.
  7.  L'esecuzione  delle  misure   penali   di   comunita'   avviene
principalmente nel contesto di vita  del  minorenne  e  nel  rispetto
delle positive relazioni socio-familiari, salvo motivi contrari e, in
ogni caso, purche'  non  vi  siano  elementi  tali  da  far  ritenere
collegamenti con la criminalita' organizzata.
  8.  Con  l'applicazione  delle  misure  puo'  essere  disposto   il
collocamento del minorenne  in  comunita'  pubbliche  o  del  privato
sociale. Per  favorire  il  percorso  educativo  del  condannato,  le
comunita' possono essere organizzate, in  deroga  a  quanto  previsto
dall'articolo 10, comma 2, lettera a),  del  decreto  legislativo  28
luglio 1989, n. 272, anche in modo da  ospitare  solamente  minorenni
sottoposti a procedimento penale ovvero in esecuzione di pena.
  9. Ai fini dell'applicazione  delle  misure  penali  di  comunita',
l'osservazione e' svolta  dall'ufficio  di  servizio  sociale  per  i
minorenni che acquisisce i dati giudiziari e penitenziari,  sanitari,
psicologici e sociali, coordinandosi  con  i  servizi  socio-sanitari
territoriali di residenza del minorenne e, per i detenuti, anche  con
il  gruppo   di   osservazione   e   trattamento   dell'istituto   di
appartenenza.   Il   tribunale   di   sorveglianza   puo'    disporre
approfondimenti sanitari anche avvalendosi dei servizi  specialistici
territoriali.
  10.  Il  tribunale  di  sorveglianza  acquisisce  informazioni  sul
contesto di vita familiare e ambientale, sui precedenti delle persone
con cui il minorenne convive e sull'idoneita' del domicilio  indicato
per l'esecuzione della misura.
  11. L'ufficio di servizio sociale per i  minorenni  predispone  gli
interventi necessari ai fini della individuazione di un  domicilio  o
di altra situazione abitativa, tale da consentire  l'applicazione  di
una misura penale di comunita'.
  12. Le disposizioni sull'affidamento in prova al servizio  sociale,
sulla detenzione domiciliare e sulla semiliberta' di cui  alla  legge
26  luglio  1975,  n.  354  e   successive   modificazioni,   nonche'
sull'affidamento  in  casi  particolari  previsto  dal  decreto   del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applicano,  in
quanto compatibili, alle corrispondenti misure di comunita' di cui al
presente decreto.

                               Art. 3

 Prescrizioni e modalita' esecutive delle misure penali di comunita'

  1. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre una misura penale  di
comunita', prescrive lo svolgimento di attivita' di utilita' sociale,
anche a titolo gratuito, o di volontariato.
  2. Le attivita' di cui al comma 1 sono svolte compatibilmente con i
percorsi  di  istruzione,  formazione  professionale,  istruzione   e
formazione professionale,  le  esigenze  di  studio,  di  lavoro,  di
famiglia e di salute del minorenne e non devono mai  compromettere  i
percorsi educativi in atto.
  3. Con il provvedimento che applica una misura penale di  comunita'
sono indicate le modalita' con  le  quali  il  nucleo  familiare  del
minorenne e' coinvolto nel progetto di intervento educativo. Ai  fini
dell'attuazione del progetto puo'  farsi  applicazione  dell'articolo
32, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre
1988, n. 448.

                               Art. 4

              Affidamento in prova al servizio sociale

  1. Se la pena detentiva da eseguire non supera i  quattro  anni  il
condannato puo' essere affidato all'ufficio di servizio sociale per i
minorenni, per lo svolgimento del programma di intervento educativo.
  2. Il  programma,  predisposto  in  collaborazione  con  i  servizi
socio-sanitari territoriali, contiene gli impegni in ordine:
    a) alle attivita' di istruzione, di formazione professionale,  di
istruzione e formazione professionale, di lavoro o comunque utili per
l'educazione e l'inclusione sociale;
    b) alle  prescrizioni  riguardanti  la  dimora,  la  liberta'  di
movimento e il divieto di frequentare determinati luoghi;
    c) alle  prescrizioni  dirette  ad  impedire  lo  svolgimento  di
attivita'  ovvero  relazioni  personali  che  possono  indurre   alla
commissione di ulteriori reati.
  3. Con lo stesso provvedimento il tribunale  di  sorveglianza  puo'
disporre prescrizioni riguardanti  l'adempimento  degli  obblighi  di
assistenza familiare e ogni altra prescrizione utile per l'educazione
e il positivo inserimento sociale  del  minorenne,  compreso,  quando
opportuno, il collocamento in comunita'.
  4. L'ordinanza che dispone l'affidamento in prova indica  altresi':
a) il ruolo del servizio  sociale  per  i  minorenni  e  dei  servizi
socio-sanitari territoriali  nell'esecuzione  del  programma;  b)  le
modalita' di svolgimento delle attivita' di utilita' sociale.
  5.  Nel  corso  dell'affidamento  le  prescrizioni  possono  essere
modificate  dal  magistrato  di   sorveglianza   sulla   base   delle
indicazioni fornite dall'ufficio di servizio sociale per i minorenni.
Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, per  motivi
di urgenza, dal direttore dell'ufficio  di  servizio  sociale  per  i
minorenni, il quale ne da' immediata comunicazione al  magistrato  di
sorveglianza.
  6.  L'ufficio  di  servizio  sociale  per  i   minorenni   incontra
l'affidato e lo assiste nel percorso di reinserimento sociale,  anche
mettendosi in relazione con la famiglia e con gli altri  ambienti  di
vita del condannato.

                               Art. 5

           Affidamento in prova con detenzione domiciliare

  1.  Fermo  quanto  previsto  dall'articolo  4,  il   tribunale   di
sorveglianza  puo'  applicare  l'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale  con  detenzione  domiciliare  in  giorni  determinati  della
settimana presso l'abitazione dell'affidato, altro luogo  pubblico  o
privato di cura, assistenza e accoglienza, o presso comunita'.
  2.  La  detenzione  domiciliare  si  esegue  nelle  forme  di   cui
all'articolo 6.

                               Art. 6

                       Detenzione domiciliare

  1. Fermo quanto previsto dagli articoli 47-ter, comma 1,  47-quater
e 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, il condannato puo'
espiare la pena detentiva da eseguire in misura non superiore  a  tre
anni nella propria abitazione o altro luogo  pubblico  o  privato  di
cura, assistenza e accoglienza o presso comunita', quando non vi sono
le condizioni per l'affidamento in prova al servizio  sociale  e  per
l'affidamento  in  prova   al   servizio   sociale   con   detenzione
domiciliare.
  2.  Il  tribunale  di  sorveglianza,  nel  disporre  la  detenzione
domiciliare,  ne  fissa  le  modalita'   secondo   quanto   stabilito
dall'articolo 284 del codice di procedura penale, tenendo  conto  del
programma  di  intervento  educativo  predisposto   dall'ufficio   di
servizio sociale per i minorenni. Tali  prescrizioni  possono  essere
modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo  in
cui si esegue la misura.
  3. Le prescrizioni di cui al comma 2 favoriscono lo svolgimento  di
attivita'  esterne,  in  particolare  di  istruzione,  di  formazione
professionale, di istruzione e formazione  professionale,  ovvero  di
lavoro, o culturali, o sportive, comunque utili al successo formativo
e all'inclusione sociale.
  4. Al soggetto sottoposto  alla  detenzione  domiciliare  e'  fatto
divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione  della  misura  senza
l'autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Il soggetto  che  si
allontana senza la  prescritta  autorizzazione  e'  punito  ai  sensi
dell'articolo 385 del codice penale. Si applica la  disposizione  del
quarto comma dello stesso articolo.

                               Art. 7

                            Semiliberta'

  1. Il condannato puo' essere ammesso  alla  semiliberta',  e  cosi'
trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto per  partecipare  ad
attivita' di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e
di  formazione  professionale,  di  lavoro,  di  utilita'  sociale  o
comunque funzionali all'inclusione sociale, quando ha espiato  almeno
un terzo della pena; se  si  tratta  di  condannato  per  taluno  dei
delitti indicati nel comma  1  dell'articolo  4-bis  della  legge  26
luglio 1975, n. 354, si  tiene  conto,  altresi',  del  significativo
rapporto tra la pena espiata e la pena residua.
  2.  Nel  programma  di  intervento  educativo  sono   indicate   le
prescrizioni da osservare all'esterno con riferimento ai rapporti con
la famiglia e con l'ufficio di  servizio  sociale  per  i  minorenni,
nonche' gli orari di rientro in istituto.
  3.   Il   soggetto   ammesso   alla   semiliberta'   e'   assegnato
preferibilmente  ad  appositi  istituti  o  sezioni  e  puo'   essere
trasferito in  altro  istituto  che  agevoli  l'organizzazione  e  lo
svolgimento delle attivita' esterne, nonche' il consolidamento  delle
relazioni socio-familiari utili per il suo inserimento sociale.
  4. Il condannato che, senza giustificato  motivo,  non  rientra  in
istituto o rimane assente per un tempo superiore alle dodici  ore  e'
punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice  penale
ed e' applicabile la  disposizione  del  quarto  comma  dello  stesso
articolo.  Se  il  condannato  rimane  assente  dall'istituto,  senza
giustificato motivo, per non piu' di dodici ore,  e'  punito  in  via
disciplinare. In tali casi la semiliberta' puo' essere revocata.

                               Art. 8

  Adozione, sostituzione e revoca delle misure penali di comunita'

  1. La competenza a decidere sulla adozione, sostituzione  e  revoca
delle misure penali di comunita' spetta al tribunale di  sorveglianza
per i minorenni. L'adozione della misura  penale  di  comunita'  puo'
essere disposta su richiesta dell'interessato, se maggiorenne, o  del
suo difensore; non puo' essere disposta d'ufficio. Nel caso in cui il
condannato non abbia compiuto  la  maggiore  eta',  la  richiesta  e'
presentata  dal  difensore  o   dall'esercente   la   responsabilita'
genitoriale.  L'adozione  della  misura  puo'  essere  proposta   dal
pubblico  ministero  o  dall'ufficio  di  servizio  sociale   per   i
minorenni.
  2. Il magistrato di sorveglianza puo'  disporre  l'applicazione  in
via provvisoria delle misure penali di comunita', con le modalita' di
cui articolo 47, comma 4, della  legge  26  luglio  1975,  n.  354  e
successive modificazioni, quando lo stato di detenzione determina  un
grave pregiudizio al percorso di inserimento sociale.
  3. Le misure penali di comunita' sono sostituite o revocate,  oltre
che nei casi espressamente previsti,  qualora  il  comportamento  del
condannato, contrario  alla  legge  o  alle  prescrizioni  impartite,
appaia incompatibile con la prosecuzione della misura.
  4. Il magistrato di sorveglianza puo' disporre in  via  provvisoria
la sospensione della misura. La misura sospesa puo' essere sostituita
con  altra.  Il   magistrato   di   sorveglianza   trasmette   quindi
immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni
di competenza. Il provvedimento  di  sospensione  del  magistrato  di
sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione  del  tribunale
di sorveglianza non interviene entro trenta  giorni  dalla  ricezione
degli atti.
  5.  In  caso  di  revoca,  il  periodo  trascorso   in   detenzione
domiciliare o in semiliberta'  e'  scomputato  dalla  pena  o  misura
ancora da espiare. In caso di revoca  dell'affidamento  in  prova  al
servizio  sociale  e  dell'affidamento  in   prova   con   detenzione
domiciliare, il  tribunale  di  sorveglianza  determina  la  pena  da
espiare, tenuto conto  della  durata  della  misura  concessa,  delle
limitazioni imposte al condannato e del suo comportamento durante  il
periodo trascorso.

Capo III
DISCIPLINA DELL'ESECUZIONE

                               Art. 9

Esecuzione  delle  misure  penali  di  comunita'   e   delle   misure
                             alternative

  1. All'articolo 24, comma 1, primo periodo del decreto  legislativo
28 luglio 1989, n. 272,  le  parole:  «le  misure  alternative»  sono
sostituite dalle seguenti: «le misure penali di comunita',  le  altre
misure alternative»; le parole «per quanti abbiano gia'  compiuto  il
ventunesimo anno, »  sono  soppresse  e  dopo  le  parole  «finalita'
rieducative» sono aggiunte le seguenti: «ovvero  quando  le  predette
finalita' non risultano in alcun  modo  perseguibili  a  causa  della
mancata adesione al trattamento in atto».

                               Art. 10

Estensione dell'ambito di esecuzione delle pene secondo  le  norme  e
              con le modalita' previste per i minorenni

  1. Quando nel corso  dell'esecuzione  di  una  condanna  per  reati
commessi da minorenne sopravviene un titolo di  esecuzione  di  altra
pena  detentiva  per  reati  commessi  da  maggiorenne,  il  pubblico
ministero emette l'ordine di esecuzione, lo sospende  secondo  quanto
previsto dall'articolo 656 del codice di procedura penale e trasmette
gli atti al magistrato di sorveglianza per  i  minorenni.  Se  questi
ritiene  che   vi   siano   le   condizioni   per   la   prosecuzione
dell'esecuzione secondo le norme e con le modalita'  previste  per  i
minorenni, tenuto conto  del  percorso  educativo  in  atto  e  della
gravita' dei fatti  oggetto  di  cumulo,  ne  dispone  con  ordinanza
l'estensione al nuovo titolo, altrimenti dispone la cessazione  della
sospensione  e  restituisce  gli  atti  al  pubblico  ministero   per
l'ulteriore corso dell'esecuzione.  Si  tiene  altresi'  conto  delle
ragioni di cui all'articolo 24  del  decreto  legislativo  28  luglio
1989, n. 272.
  2. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza  e'  ammesso
reclamo ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975,  n.
354 e successive modificazioni. Si applica,  in  quanto  compatibile,
l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica  30  giugno
2000, n. 230.
  3. L'esecuzione della pena nei confronti  di  chi  ha  commesso  il
reato da minorenne e' affidata  al  personale  dei  servizi  minorili
dell'amministrazione della giustizia.
  4.  Quando  l'ordine  di  esecuzione  per  il  reato  commesso   da
maggiorenne non puo' essere sospeso, il  magistrato  di  sorveglianza
per i minorenni trasmette gli  atti  al  pubblico  ministero  che  ha
emesso l'ordine per  l'ulteriore  corso  dell'esecuzione  secondo  le
norme e con le modalita' previste per i maggiorenni.
  5. Se il condannato per reati commessi  da  minorenne  abbia  fatto
ingresso in un  istituto  per  adulti  in  custodia  cautelare  o  in
espiazione di  pena,  per  reati  commessi  dopo  il  compimento  del
diciottesimo anno di eta', non si fa luogo all'esecuzione secondo  le
norme e con le modalita' previste per i minorenni.

                               Art. 11

                   Esecuzione delle pene detentive

  1. Quando deve essere eseguita nei confronti  di  persona  che  non
abbia compiuto i  venticinque  anni  di  eta'  una  condanna  a  pena
detentiva per reati commessi  da  minorenne,  il  pubblico  ministero
emette  l'ordine  di  esecuzione  se  la  pena  detentiva,  anche  se
costituente residuo di maggior pena, non e' superiore a quattro anni,
salvo,  per  l'affidamento  in  prova  in  casi  particolari,  quanto
previsto dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, e contestualmente ne dispone  la  sospensione
salvo il caso in cui il condannato si  trovi  per  il  fatto  oggetto
della condanna in stato di custodia cautelare ovvero sia detenuto  in
carcere  o  in  istituto  penitenziario  minorile  per  altro  titolo
definitivo.
  2.  L'ordine  di  esecuzione  e  il  decreto  di  sospensione  sono
notificati  al  condannato,  al  difensore  nominato  per   la   fase
dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che ha operato nella fase
del giudizio, e, in caso di persona minore degli anni diciotto,  agli
esercenti  la  responsabilita'  genitoriale,  con  l'avviso  che  nel
termine di trenta giorni puo' essere presentata richiesta,  corredata
di  dichiarazione  o  elezione  di   domicilio,   al   tribunale   di
sorveglianza per l'applicazione di una misura di comunita',  mediante
deposito presso l'ufficio del pubblico ministero, il  quale  ne  cura
l'immediata trasmissione al tribunale di sorveglianza unitamente agli
atti.
  3.  Il  decreto  di  sospensione  contiene  altresi'  l'invito   al
condannato a prendere contatti con  l'ufficio  del  servizio  sociale
minorile dell'amministrazione della giustizia.
  4. Se nel termine di cui al comma 2 non sono  presentate  richieste
il  pubblico  ministero  revoca   la   sospensione   dell'ordine   di
esecuzione.
  5. Il tribunale di sorveglianza, ricevuta l'istanza di cui al comma
2, entro il termine di quarantacinque giorni fissa l'udienza a  norma
dell'articolo 666, comma 3, del codice di procedura penale  e  ne  fa
dare  avviso  al  condannato,  agli  esercenti   la   responsabilita'
genitoriale nel caso  di  persone  minori  degli  anni  diciotto,  al
pubblico ministero,  al  difensore  e  ai  servizi  sociali  minorili
dell'amministrazione della giustizia.
  6. Con l'avviso di cui al comma 5 le parti sono altresi' invitate a
depositare,  almeno  cinque  giorni  prima  della  data  fissata  per
l'udienza, memorie e documenti utili per l'applicazione della misura.
I  servizi  sociali  minorili  dell'amministrazione  della  giustizia
presentano, anche in udienza, la relazione  personologica  e  sociale
svolta sul minorenne, nonche' il progetto di intervento redatto sulla
base delle specifiche esigenze del condannato. Resta salva,  in  ogni
caso, la facolta' del tribunale di sorveglianza  di  procedere  anche
d'ufficio  all'acquisizione  di  documenti  o  di   informazioni,   o
all'assunzione di prove a  norma  dell'articolo  666,  comma  5,  del
codice di procedura penale.

                               Art. 12

             Esecuzione delle misure penali di comunita'

  1. L'esecuzione delle misure penali di  comunita'  e'  affidata  al
magistrato di sorveglianza del  luogo  dove  la  misura  deve  essere
eseguita.
  2. Il magistrato di sorveglianza, se ne ravvisa l'opportunita'  per
elementi sopravvenuti, provvede alla modifica delle prescrizioni  con
decreto motivato, dandone notizia all'ufficio di servizio sociale per
i minorenni.
  3. Il minorenne sottoposto a misura penale di comunita' e' affidato
all'ufficio di  servizio  sociale  per  i  minorenni,  il  quale,  in
collaborazione con  i  servizi  socio-sanitari  territoriali,  svolge
attivita' di controllo, assistenza e sostegno  per  tutta  la  durata
dell'esecuzione.
  4.  Per  garantire  la  continuita'  dell'intervento  educativo   e
l'inserimento sociale, terminata l'esecuzione della misura, i servizi
socio-sanitari territoriali prendono in carico il  minorenne  per  la
prosecuzione delle attivita' di assistenza e sostegno anche  curando,
ove necessario, i contatti con i familiari e con le altre  figure  di
riferimento.
  5. Al compimento del venticinquesimo anno di eta', se e'  in  corso
l'esecuzione di una misura penale  di  comunita',  il  magistrato  di
sorveglianza per i minorenni trasmette  gli  atti  al  magistrato  di
sorveglianza ordinario per  la  prosecuzione  della  misura,  ove  ne
ricorrano le condizioni, con le modalita'  previste  dalla  legge  26
luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

                               Art. 13

Nuovi titoli di privazione  della  liberta'  per  fatti  commessi  da
                              minorenne

  1. Quando, durante l'esecuzione di una misura penale di  comunita',
sopravviene un titolo esecutivo di altra  pena  detentiva  per  fatti
commessi da minorenne, il pubblico  ministero  sospende  l'ordine  di
esecuzione se ricorrono le condizioni di cui all'articolo  11,  comma
1, e trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza, il  quale,  se
ritiene che  permangono  le  condizioni  per  la  prosecuzione  della
misura, la dispone  con  ordinanza.  In  caso  contrario  dispone  la
cessazione dell'esecuzione della misura.
  2. Avverso l'ordinanza e' ammesso reclamo  ai  sensi  dell'articolo
69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

Capo IV
INTERVENTO EDUCATIVO E ORGANIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI PENALI PER MINORENNI

                               Art. 14

                  Progetto di intervento educativo

  1. La permanenza negli istituti penali per minorenni si  svolge  in
conformita' a  un  progetto  educativo  predisposto  entro  tre  mesi
dall'inizio  dell'esecuzione.  Il  progetto,  elaborato   secondo   i
principi   della   personalizzazione   delle   prescrizioni   e    la
flessibilita' esecutiva, previo ascolto del condannato,  tiene  conto
delle attitudini e delle caratteristiche della sua  personalita'.  Il
progetto contiene indicazioni sulle modalita' con  cui  coltivare  le
relazioni con il mondo esterno e attuare  la  vita  di  gruppo  e  la
cittadinanza responsabile, anche nel  rispetto  della  diversita'  di
genere, e sulla personalizzazione delle attivita' di  istruzione,  di
formazione professionale, di istruzione e  formazione  professionale,
nonche' sulle attivita' di lavoro, di  utilita'  sociale,  culturali,
sportive  e  di  tempo  libero  utili  al  recupero  sociale  e  alla
prevenzione del rischio di commissione di ulteriori reati.
  2. All'ingresso in istituto, e' garantito un  supporto  psicologico
da  parte  di   personale   specializzato,   utile   anche   per   la
predisposizione del progetto  educativo  e  per  la  prevenzione  del
rischio di atti di autolesionismo e di suicidio.
  3. Il progetto educativo e' illustrato al condannato con linguaggio
comprensibile ed e' costantemente aggiornato, considerati il grado di
adesione alle opportunita' offerte, l'evoluzione  psico-fisica  e  il
percorso di maturazione e di responsabilizzazione.
  4.  Il  progetto  di  intervento  educativo  assicura  la  graduale
restituzione di spazi di liberta' in funzione dei progressi raggiunti
nel percorso di recupero.

                               Art. 15

                      Assegnazione dei detenuti

  1. Nella assegnazione dei detenuti e' assicurata la separazione dei
minorenni dai giovani al  di  sotto  dei  venticinque  anni  e  degli
imputati dai condannati. Le donne sono ospitate in istituti o sezioni
apposite.

                               Art. 16

                       Camere di pernottamento

  1. Le camere di pernottamento devono essere adattate alle  esigenze
di vita individuale dei  detenuti  e  possono  ospitare  sino  ad  un
massimo di quattro persone.
  2. Per le finalita' di cui al presente articolo e'  autorizzata  la
spesa di 80.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

                               Art. 17

                        Permanenza all'aperto

  1. Ai detenuti e' consentito di permanere all'aria  aperta  per  un
tempo non inferiore alle quattro ore al  giorno.  Tale  periodo  puo'
essere ridotto per specifici motivi.
  2. La permanenza all'aperto avviene in modo organizzato  e  con  la
presenza degli operatori  penitenziari  e  dei  volontari,  in  spazi
attrezzati per lo svolgimento di attivita' fisica e ricreativa.
  3. Per le finalita' di cui al presente articolo e'  autorizzata  la
spesa di 100.000 euro per l'anno 2018.

                               Art. 18

          Istruzione e formazione professionale all'esterno

  1. I detenuti sono ammessi a frequentare i corsi di istruzione,  di
formazione professionale, di istruzione  e  formazione  professionale
all'esterno dell'istituto, previa intesa  con  istituzioni,  imprese,
cooperative o  associazioni,  quando  si  ritiene  che  la  frequenza
esterna  faciliti  il  percorso   educativo   e   contribuisca   alla
valorizzazione delle potenzialita' individuali e all'acquisizione  di
competenze certificate e al recupero sociale.
  2. Si applica la disciplina di cui all'articolo 21 della  legge  26
luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.

                               Art. 19

                 Colloqui e tutela dell'affettivita'

  1. Il detenuto ha diritto ad otto colloqui mensili, di  cui  almeno
uno da svolgersi in un giorno festivo o prefestivo, con i congiunti e
con le persone con cui sussiste un  significativo  legame  affettivo.
Ogni colloquio ha una durata non inferiore a sessanta  minuti  e  non
superiore a novanta. La  durata  massima  di  ciascuna  conversazione
telefonica  mediante  dispositivi,   anche   mobili,   in   dotazione
dell'istituto, e' di venti  minuti.  Salvo  che  ricorrano  specifici
motivi, il detenuto puo' usufruire  di  un  numero  di  conversazioni
telefoniche non inferiore a due e non superiore a  tre  a  settimana.
L'autorita'  giudiziaria   puo'   disporre   che   le   conversazioni
telefoniche vengano  ascoltate  e  registrate  per  mezzo  di  idonee
apparecchiature. E'   sempre   disposta   la   registrazione    delle
conversazioni telefoniche autorizzate  su  richiesta  di  detenuti  o
internati per i reati indicati nell'articolo  4-bis  della  legge  26
luglio 1975, n. 354.
  2.  Per  i  detenuti  privi  di  riferimenti  socio-familiari  sono
favoriti colloqui con volontari autorizzati ad operare negli istituti
penali  per  minorenni  ed  e'  assicurato   un   costante   supporto
psicologico.
  3. Al fine di favorire le relazioni  affettive,  il  detenuto  puo'
usufruire ogni mese di quattro visite  prolungate  della  durata  non
inferiore a quattro ore e non superiore a sei ore,  con  una  o  piu'
delle persone di cui al comma 1.
  4.  Le  visite  prolungate  si   svolgono   in   unita'   abitative
appositamente attrezzate all'interno degli istituti, organizzate  per
consentire la preparazione e la consumazione di pasti  e  riprodurre,
per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico.
  5. Il direttore dell'istituto verifica la sussistenza di  eventuali
divieti dell'autorita' giudiziaria che impediscono i contatti con  le
persone  indicate  ai  commi   precedenti.   Verifica   altresi'   la
sussistenza  del  legame  affettivo,   acquisendo   le   informazioni
necessarie tramite l'ufficio del servizio sociale per i  minorenni  e
dei servizi socio-sanitari territoriali.
  6. Sono favorite le  visite  prolungate  per  i  detenuti  che  non
usufruiscono di permessi premio.

                               Art. 20

                       Regole di comportamento

  1. Il regolamento che disciplina la vita nell'istituto e' portato a
conoscenza   dei   detenuti   al   loro   ingresso   con   linguaggio
comprensibile.
  2. Ai fini della verifica dell'adesione ai programmi di  intervento
educativo, con conseguente progressione e concessione di benefici, e'
valutato anche il rispetto delle  seguenti  regole  di  comportamento
all'interno dell'istituto:
    a) osservanza degli orari, cura dell'igiene personale, pulizia  e
ordine della camera di pernottamento;
    b)  partecipazione  alle  attivita'  di  istruzione,   formazione
professionale,  istruzione  e   formazione   professionale,   lavoro,
culturali e sportive; la permanenza nelle camere di pernottamento nel
corso dello svolgimento di tali attivita' e' consentita  soltanto  in
casi  eccezionali,  o  per  motivi  di  salute  accertati   dall'area
sanitaria;
    c) consumazione dei pasti nelle aree  specificamente  dedicate  e
non  all'interno  delle  camere  di  pernottamento,  salvo  specifica
indicazione in tal senso da parte dell'area sanitaria;
    d)  relazioni  con  gli  operatori  e  con  gli  altri   detenuti
improntate al reciproco rispetto.

                               Art. 21

                         Custodia attenuata

  1. Possono essere organizzate  sezioni  a  custodia  attenuata  per
ospitare  detenuti  che   non   presentano   rilevanti   profili   di
pericolosita' o che sono prossimi  alle  dimissioni  e  ammessi  allo
svolgimento  di  attivita'  all'esterno.  L'organizzazione  di   tali
strutture deve prevedere spazi di autonomia nella gestione della vita
personale e comunitaria.

                               Art. 22

                   Territorialita' dell'esecuzione

  1. Salvo specifici motivi ostativi, anche dovuti a collegamenti con
ambienti criminali, la pena deve essere eseguita in istituti prossimi
alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle  famiglie,
in  modo  da  mantenere  le  relazioni  personali  e  socio-familiari
educativamente e socialmente significative.
  2. L'assegnazione a un istituto penale per minorenni e'  comunicata
all'autorita' giudiziaria procedente. L'assegnazione  a  un  istituto
diverso da quello piu' vicino al luogo di  residenza  o  di  abituale
dimora e' disposta con  provvedimento  motivato,  previo  nulla  osta
dell'autorita' giudiziaria.
  3. Ai trasferimenti si applicano i criteri di cui al comma 1 e sono
disposti con provvedimento motivato, previo nulla osta dell'autorita'
giudiziaria. Nei casi  di  urgenza  sono  eseguiti  dalla  competente
amministrazione per la giustizia minorile e comunicati senza  ritardo
all'autorita' giudiziaria.

                               Art. 23

                        Sanzioni disciplinari

  1.  Fermo  quanto  previsto  dall'articolo  77  del   decreto   del
Presidente della Repubblica 30 giugno  2000,  n.  230,  e  successive
modificazioni,  sulle   infrazioni   disciplinari,   possono   essere
applicate le seguenti sanzioni:
    a) rimprovero verbale e scritto del direttore dell'istituto;
    b) attivita' dirette a rimediare al danno cagionato;
    c) esclusione dalle attivita' ricreative per non  piu'  di  dieci
giorni;
    d) esclusione dalle attivita' in comune per  non  piu'  di  dieci
giorni.
  2. Le sanzioni del rimprovero verbale e scritto sono deliberate dal
direttore  dell'istituto,  mentre  per  le  altre  e'  competente  il
consiglio di disciplina composto dal direttore  dell'istituto  o,  in
caso di legittimo impedimento, dall'impiegato piu' alto in grado  con
funzioni di presidente, da uno  dei  magistrati  onorari  addetti  al
tribunale  per  i  minorenni  designato  dal  presidente,  e  da   un
educatore.

                               Art. 24

                             Dimissione

  1. Nei sei mesi precedenti, l'ufficio di  servizio  sociale  per  i
minorenni, in collaborazione con l'area trattamentale, prepara e cura
la dimissione:
    a) elaborando, per i condannati cui  non  siano  state  applicate
misure  penali  di  comunita',  programmi  educativi,  di  formazione
professionale, di lavoro e di sostegno all'esterno;
    b) curando i contatti con i familiari  di  riferimento  e  con  i
servizi socio-sanitari  territoriali,  ai  fini  di  quanto  previsto
nell'articolo 12, comma 4;
    c) rafforzando, in assenza di riferimenti familiari,  i  rapporti
con i servizi socio-sanitari territoriali e con le organizzazioni  di
volontariato, per la presa in carico del soggetto;
    d) attivando sul territorio le risorse educative, di  formazione,
di lavoro e di sostegno, in particolare per  i  condannati  privi  di
legami familiari sul territorio nazionale, ovvero la cui famiglia sia
irreperibile o inadeguata, e individuando le figure  educative  o  la
comunita' di riferimento proposte dai servizi sociali per i minorenni
o dai servizi socio-sanitari territoriali.

                               Art. 25

         Relazione al Parlamento sull'utilizzo delle risorse

  1. Il Ministro della giustizia trasmette alle Camere,  con  cadenza
annuale, per il triennio 2019-2021,  una  relazione  sullo  stato  di
attuazione del presente decreto legislativo a  valere  sulle  risorse
stanziate dal medesimo decreto o comunque disponibili a  legislazione
vigente, evidenziando eventuali criticita' e  le  iniziative  che  si
intendono  conseguentemente  realizzare,  ivi   incluse   quelle   di
carattere  finanziario,  da  adottare  d'intesa  con   il   Ministero
dell'economia e delle finanze,  anche  sulla  base  del  monitoraggio
delle previsioni di spesa di cui agli articoli 4  e  6  del  presente
decreto, cui provvede il predetto Ministero  ai  sensi  dell'articolo
17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

                               Art. 26

                      Disposizioni finanziarie

  1. Agli oneri derivanti dagli articoli 4 e 6, valutati in 2.800.000
euro annui a decorrere dall'anno 2018, nonche' dagli articoli 16 e 17
pari a 180.000 euro per l'anno 2018 e a 80.000 euro per l'anno  2019,
si provvede mediante riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma
475, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
  2. Il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e'  autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  3.  Dall'attuazione  del  presente  decreto,  ad  eccezione   delle
disposizioni di cui agli articoli 4, 6, 16 e 17, non devono  derivare
nuovi o maggiori oneri per la finanza  pubblica.  Le  amministrazioni
interessate  provvedono  agli  adempimenti  previsti   dal   presente
decreto, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie  e  strumentali
disponibili a  legislazione  vigente.  Le  disposizioni  relative  in
particolare all'intervento educativo ed ai percorsi di istruzione, di
formazione professionale, di istruzione e  formazione  professionale,
di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile hanno efficacia
nei  limiti  delle  dotazioni  organiche   del   personale   docente,
educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario  determinate  con  i
decreti previsti dall'articolo 1, comma 64,  della  legge  13  luglio
2015, n. 107 e dal regolamento 22 giugno 2009, n.  119  e  successive
modificazioni  e   non   danno   origine,   neppure   indirettamente,
all'adeguamento delle medesime alle situazioni di fatto.
  Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
    Dato a Roma, addi' 2 ottobre 2018

                             MATTARELLA

                                Conte, Presidente del  Consiglio  dei
                                ministri

                                Bonafede, Ministro della giustizia

                                Tria, Ministro dell'economia e  delle
                                finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede

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