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giovedì 18 aprile 2019
N. 80 SENTENZA 7 marzo - 9 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale ‒ Condizioni soggettive per il diniego del rilascio e la revoca della patente di guida, in relazione a condanne per reati in materia di stupefacenti successive all'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, anche se per fatti commessi anteriormente. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 120, commi 1 e 2, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). - (GU n.16 del 17-4-2019 )
N. 80 SENTENZA 7 marzo - 9 aprile 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Circolazione stradale ‒ Condizioni soggettive per il diniego del
rilascio e la revoca della patente di guida, in relazione a
condanne per reati in materia di stupefacenti successive
all'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, anche se per
fatti commessi anteriormente.
- Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), art. 120, commi 1 e 2, come sostituito dall'art. 3, comma
52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica).
-
(GU n.16 del 17-4-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 120 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica), promosso dal Tribunale ordinario di Torino, nel
procedimento vertente tra A. D.G. e il Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti e altro, con ordinanza del 6 febbraio 2018, iscritta
al n. 67 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno
2018.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 marzo 2019 il Giudice
relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un procedimento civile cautelare - promosso da
un soggetto condannato per due reati di cessione e
commercializzazione illecita di stupefacenti, che si era visto negare
il rilascio della patente di guida dal competente Ufficio della
Motorizzazione civile per la «non sussistenza dei requisiti morali di
cui all'art. 120 comma 1° C.d.S.» - l'adito Tribunale ordinario di
Torino, premessane la rilevanza, ha sollevato, sotto duplice profilo,
questioni di legittimita' costituzionale del predetto art. 120 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della
legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica):
«a) con riferimento agli articoli 11 e 117 Cost., in relazione
all'art. 7 Convenzione [...] per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nella parte in cui prevede
l'applicazione dei commi 1° e 2° a persone condannate per reati
commessi prima dell'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009 n.
94;
b) con riferimento agli articoli 3, 16, 25, 111 Cost., nella
parte in cui prevede la revoca e il diniego della patente quale
conseguenza automatica di una condanna per i reati di cui agli
articoli 73 e 74 testo unico n. 309/1990, a prescindere da ogni
valutazione sulla gravita' del reato e sulle pene in concreto
comminate».
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in
giudizio per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, ha
preliminarmente eccepito l'inammissibilita' per irrilevanza delle
questioni relative alla revoca della patente, di cui al comma 2 del
denunciato art. 120. Ha poi escluso la fondatezza delle questioni
relative al diniego del titolo abilitativo di cui al precedente comma
1, in ragione della ritenuta natura non sanzionatoria di tale
provvedimento, risolventesi nella mera constatazione
dell'insussistenza dei requisiti morali prescritti per il
conseguimento della patente di guida.
Tali conclusioni ha anche ribadito con memoria integrativa.
Considerato in diritto
1.- L'art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), come sostituito dall'art. 3, comma 52,
lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in
materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica «Requisiti morali
per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo
116», nei suoi commi 1 e 2, cosi' testualmente dispone:
«1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti
abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati
sottoposti a misure di sicurezza personali [...], le persone
condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli
articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di
provvedimenti riabilitativi [...]»;
«2. [...] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo
del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al
rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La
revoca non puo' essere disposta se sono trascorsi piu' di tre anni
dalla data [...] del passaggio in giudicato della sentenza di
condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1».
2.- Con sentenza di questa Corte n. 22 del 2018 e' gia' stata
dichiarata l'illegittimita' costituzionale del comma 2 del predetto
art. 120, «nella parte in cui - con riguardo all'ipotesi di condanna
per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che
intervenga in data successiva a quella del rilascio della patente di
guida - dispone che il prefetto "provvede" - invece che "puo'
provvedere" - alla revoca della patente».
La stessa sentenza ha ritenuto non fondata l'ulteriore questione
relativa all'applicabilita' della revoca del titolo abilitativo a
persone condannate per reati commessi prima dell'entrata in vigore
della legge n. 94 del 2009 (restando esclusa la revoca della patente
solo in presenza di reati per i quali, antecedentemente a tale data,
sia stata pronunciata sentenza ai sensi dell'art. 444 del codice di
procedura penale, stante la componente negoziale dell'istituto del
patteggiamento: sentenza n. 281 del 2013).
2.1.- Le censure di violazione degli artt. 3, 16, 25, 111 e degli
artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi in
relazione all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4
agosto 1955, n. 848 - rivolte dal rimettente Tribunale ordinario di
Torino al comma 2 del novellato art. 120 del cod. strada - prima
ancora dal risultare pressoche' integralmente superate dalla riferita
sentenza n. 22 del 2018 - sono, pero', come eccepito dall'Avvocatura
generale dello Stato, comunque prive di rilevanza nel giudizio a quo,
nel quale il provvedimento avverso cui e' proposto ricorso non
concerne la revoca, bensi' il diniego del rilascio di una patente di
guida.
Le correlative questioni vanno, per tal assorbente profilo,
dichiarate, pertanto, inammissibili.
3.- La legittimita' costituzionale del precedente comma 1 del
predetto art. 120 e' revocata in dubbio, sotto duplice profilo, dal
Tribunale a quo.
Per un verso, il rimettente denuncia, infatti, l'illegittimita'
costituzionale di tale disposizione nella parte in cui ne
conseguirebbe il diniego della patente di guida anche in via
retroattiva per reati commessi prima dell'entrata in vigore della
legge n. 94 del 2009. E ne prospetta, per questo aspetto, il
contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 7 CEDU, per lesione del principio di irretroattivita' delle
sanzioni sostanzialmente penali sancito dalla evocata norma
convenzionale, come interpretata dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo.
Sotto altro e piu' generale profilo, dubita poi lo stesso giudice
che l'"automatismo" del diniego del titolo di guida, che la normativa
censurata direttamente ricollega ad intervenuta condanna per i reati
in questione «a prescindere da ogni valutazione sulla gravita' del
reato e sulle pene in concreto comminate», violi gli artt. 3, 16, 25
e 111 Cost.
3.1. - Nel formulare la prima questione il Tribunale di Torino
muove dalla considerazione che, nell'ordinamento interno, il «diniego
di rilascio della patente non potrebbe essere qualificato come
sanzione penale» e ritiene che non chiami per cio' in gioco i
principi di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. Ma si pone poi il
quesito - cui da' risposta affermativa - se «la revoca e il diniego
di rilascio della patente di guida rientrino nella nozione di pena
dell'art. 7 Convenzione [...] per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali». Dal che, appunto,
l'evocazione della suddetta norma europea come parametro interposto,
ai fini della denunciata violazione degli artt. 117, primo comma, e
11 Cost., quest'ultimo impropriamente pero' richiamato, non essendo
individuabile, con riferimento alle specifiche norme convenzionali
CEDU, alcuna limitazione della sovranita' nazionale (sentenze n. 210
del 2013, n. 80 del 2011, n. 349 e n. 348 del 2007).
3.1.1.- La natura sostanzialmente sanzionatoria della non
conseguibilita' della patente, in ragione di subite condanne per
reati in materia di stupefacenti, e' erroneamente presupposta dal
rimettente.
In conformita' a quanto gia' ritenuto, con specifico riguardo
alla revoca della patente, nella citata sentenza n. 22 del 2018 (in
consonanza con la ivi richiamata giurisprudenza del giudice della
nomofilachia), anche il diniego di rilascio del titolo di guida non
ha natura sanzionatoria, ne' costituisce conseguenza accessoria della
violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, ma
rappresenta la constatazione dell'insussistenza originaria (o
sopravvenuta) dei «requisiti morali» prescritti per il conseguimento
di quel titolo di abilitazione.
Esclusa cosi' in radice la natura sanzionatoria, o comunque
afflittiva, della condizione ostativa sub comma 1 dell'art. 120 cod.
strada, risulta non pertinente l'evocazione della giurisprudenza
della Corte di Strasburgo sui criteri per l'attribuibilita' di natura
sostanzialmente penale a "sanzioni" non formalmente tali. Mentre -
nella logica (appunto non punitiva ma individuativa delle condizioni
soggettive ostative al conseguimento o al mantenimento del permesso
di guida) che ispira la novella del 2009 - il diniego della patente
anche per reati, in materia di stupefacenti, commessi anteriormente
alla entrata in vigore della disposizione censurata, attiene al piano
degli effetti riconducibili all'applicazione ratione temporis della
norma stessa.
3.1.2.- Da qui, dunque, la non fondatezza di tale prima
questione.
3.2.- La successiva questione relativa al cosiddetto
"automatismo" del diniego di rilascio della patente a «persone
condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309» e' del pari non fondata.
3.2.1.- Le ragioni che hanno comportato il superamento
dell'automatismo della revoca prefettizia ad opera della ricordata
sentenza n. 22 del 2018 - e, cioe', per un verso, la
contraddittorieta' dell'automatismo di tale revoca «rispetto alla
discrezionalita' della parallela misura del "ritiro" della patente
che, ai sensi dell'art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che
pronuncia la condanna per i reati in questione "puo' disporre"» e,
per altro verso, la «indifferenziata valutazione di sopravvenienza di
una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione
alla guida» a fronte della varieta' di fattispecie cui possono aver
riguardo i reati presupposti - non sono, infatti, neppure
analogamente riferibili al diniego del titolo abilitativo.
E cio' in quanto tale diniego riflette una condizione ostativa
che, diversamente dalla revoca del titolo, opera a monte del suo
conseguimento e non incide su alcuna aspettativa consolidata
dell'interessato. Inoltre non ricorre, in questo caso, la
contraddizione, che ha assunto decisivo rilievo in tema di revoca
della patente, tra obbligatorieta' del provvedimento amministrativo e
facoltativita' della parallela misura adottabile dal giudice penale
in relazione alla medesima fattispecie di reato. Infine, diversamente
da quanto presupposto dal giudice a quo, l'effetto ostativo al
conseguimento della patente, previsto dalla disposizione censurata,
non incide in modo "indifferenziato" sulla posizione dei soggetti
condannati per reati in materia di stupefacenti. La diversa gravita'
del reato commesso, unitamente alla condotta del reo successiva alla
condanna, assume, infatti, determinante rilievo ai fini del possibile
conseguimento (anche dopo un solo anno nel caso di condanna con pena
sospesa) di un provvedimento riabilitativo (ex artt. 178 e 179 del
codice penale), che restituisce al condannato il diritto a richiedere
la patente di guida.
3.2.2.- Il censurato comma 1 dell'art. 120 cod. strada non viola
pertanto, sotto alcun profilo, l'art. 3 Cost., ne' gli artt. 25 e 111
Cost. (questi ultimi solo genericamente, peraltro, evocati); mentre
non pertinente e', infine, il parametro dell'art. 16 Cost., poiche'
la liberta' di circolare non comporta, di per se', il diritto di
guidare veicoli a motore (sentenze n. 6 del 1962 e n. 274 del 2016).
Da cio' appunto la non fondatezza anche della questione da ultimo
esaminata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito
dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), in riferimento agli
artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione
all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848, e in riferimento agli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost., sollevate
dal Tribunale ordinario di Torino, con l'ordinanza indicata in
epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 120, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992,
come sostituito dall'art. 3, comma 52, lettera a), della legge n. 94
del 2009, sollevate, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma,
Cost., in relazione all'art. 7 della CEDU, e in riferimento agli
artt. 3, 16, 25 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di Torino, con
la medesima ordinanza.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
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