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giovedì 18 aprile 2019

N. 76 SENTENZA 20 febbraio - 9 aprile 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati ambientali ‒ Estinzione dei reati contravvenzionali ‒ Riduzione della somma da versare alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa a seguito di adempimento tardivo della prescrizione o di eliminazione delle conseguenze dannose della contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza ‒ Possibilita' di accedere all'oblazione. - Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), art. 318-septies, comma 3. - (GU n.16 del 17-4-2019 )



N. 76 SENTENZA 20 febbraio - 9 aprile 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati ambientali ‒ Estinzione dei reati contravvenzionali ‒ Riduzione
  della  somma  da  versare  alla  meta'  del  massimo   dell'ammenda
  stabilita per la contravvenzione commessa a seguito di  adempimento
  tardivo della prescrizione  o  di  eliminazione  delle  conseguenze
  dannose della  contravvenzione  con  modalita'  diverse  da  quelle
  indicate  dall'organo  di  vigilanza  ‒  Possibilita'  di  accedere
  all'oblazione.
- Decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
  ambientale), art. 318-septies, comma 3.


(GU n.16 del 17-4-2019 )

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,

     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel   giudizio   di   legittimita'    costituzionale    dell'art.
318-septies, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), promosso dal Giudice per  le  indagini
preliminari del Tribunale ordinario di Cuneo, nel procedimento penale
a carico di M. M., con ordinanza del 17 novembre 2017, iscritta al n.
65 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2018.
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del 6 febbraio  2019  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza  del  17  novembre  2017,  il  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale ordinario di  Cuneo  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 318-septies, comma
3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in  materia
ambientale), in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Riferisce il giudice a quo di dover decidere sulla  richiesta  di
oblazione avanzata, nell'ambito  di  un  giudizio  di  opposizione  a
decreto penale di condanna, da M. M. - imputato  del  reato  previsto
dal comma 4 dell'art. 256  cod.  ambiente  (rubricato  «Attivita'  di
gestione di rifiuti non autorizzata») - perche', nella  sua  qualita'
di amministratore delegato della societa', aveva superato il  termine
di 360 giorni, tempo previsto per la messa  in  riserva  del  rifiuto
speciale non pericoloso costituito da 55.000 metri  cubi  di  rifiuti
misti da costruzione e demolizione (CER 170904).
    L'imputato ha domandato di essere ammesso a pagare una somma pari
al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per  la  contravvenzione
commessa - in analogia a quanto previsto in materia antinfortunistica
dall'art. 24, comma 3, del decreto legislativo 19 dicembre  1994,  n.
758  (Modificazioni  alla  disciplina  sanzionatoria  in  materia  di
lavoro)  -  in  luogo  della  somma  pari  alla  meta'  del   massimo
dell'ammenda, secondo quanto previsto dalla norma censurata.
    Il rimettente ritiene che la norma censurata violi i principi  di
eguaglianza  e  ragionevolezza  «nella  parte  in  cui  prevede   che
l'adempimento tardivo, ma che comunque risulta avvenuto in  un  tempo
congruo a norma  dell'articolo  318-quater,  co.  1,  D.Lgs.  152/06,
ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose  o  pericolose  della
contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate  dall'organo
di  vigilanza,  valutati  ai  fini  dell'applicazione   dell'articolo
162-bis del codice penale, determinino una riduzione della  somma  da
versare nella misura della meta' del  massimo  dell'ammenda  edittale
prevista per il reato in  contestazione  anziche'  nella  misura  del
quarto del medesimo ammontare, come invece disposto dall'art. 24  co.
3 D.Lgs. 758/94 in materia di tutela della salute e  della  sicurezza
sul lavoro».
    Il GIP evidenzia che sia in materia ambientale, sia in materia di
sicurezza e di igiene del lavoro il legislatore ha previsto che, allo
scopo  di  eliminare  la  contravvenzione  accertata,   l'organo   di
vigilanza «impartisce al  contravventore  un'apposita  prescrizione»,
fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il  periodo
di tempo tecnicamente necessario, prorogabile, in  casi  particolari,
una sola volta e per un periodo non superiore a sei  mesi  (art.  20,
comma 1, del d.lgs. n. 758 del 1994 e art.  318-ter,  comma  1,  cod.
ambiente).
    In entrambi i casi, inoltre, e' previsto che «[l]'adempimento  in
un tempo superiore a  quello  indicato  dalla  prescrizione,  ma  che
comunque  risulta  congruo   [...],   ovvero   l'eliminazione   delle
conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con  modalita'
diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza sono valutati  ai
fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice  penale».  In
tali casi il legislatore ha previsto  che  la  somma  da  versare  e'
ridotta. Tuttavia, le discipline divergono, sostanzialmente,  per  un
unico aspetto, ossia la misura  di  questa  riduzione:  per  i  reati
ambientali essa corrisponde  «alla  meta'  del  massimo  dell'ammenda
stabilita per la contravvenzione commessa» (art.  318-septies,  comma
3, cod. ambiente), mentre in materia antinfortunistica  la  somma  da
versare «e' ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita  per
la contravvenzione commessa» (art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 758 del
1994).
    A  fronte  di  tale  parallelismo  vi  sarebbe  un'ingiustificata
disciplina differenziata quanto all'oblazione.
    In entrambi i casi i beni tutelati, sicurezza  dei  lavoratori  e
preservazione dell'ambiente, assumerebbero rilevanza costituzionale.
    L'analogia  tra  la  formulazione  letterale  delle   norme   che
disciplinano le  due  fattispecie  poste  a  confronto  porterebbe  a
escludere ogni plausibile giustificazione (peraltro  non  rinvenibile
nei lavori preparatori della norma censurata) rispetto alla scelta di
differenziare il trattamento in caso di oblazione.
    Inoltre, la norma censurata - nel prevedere  la  possibilita'  di
accedere all'oblazione versando la  meta'  del  massimo  dell'ammenda
stabilita per la  contravvenzione  commessa,  a  condizione  di  aver
provveduto  alla  regolarizzazione  -  risulterebbe   sostanzialmente
inutile in quanto  ripetitiva  della  disciplina  generale  contenuta
nell'art. 162-bis, comma 3, del codice penale, il quale  prevede  che
l'oblazione non e' ammessa quando permangono  conseguenze  dannose  o
pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
    2.- Con atto depositato il 16  maggio  2018,  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.
    In punto di ammissibilita', la difesa  dell'interveniente  rileva
che il giudice rimettente, avendo gia' ammesso il  contravventore  al
pagamento  dell'oblazione,  avrebbe  consumato  la  propria  potestas
iudicandi.
    Nel  merito,  la  questione  sarebbe  infondata  in   quanto   la
comparazione   viene   effettuata   in   relazione    alla    materia
antinfortunistica, ossia a  una  disciplina  volta  a  tutelare  beni
giuridici  diversi,  del  tutto  eterogenei  rispetto  a  quelli  che
costituiscono oggetto della norma censurata.
    3.- Con memoria depositata il 16 gennaio 2019, il Presidente  del
Consiglio dei ministri ha ribadito le proprie deduzioni,  osservando,
in  particolare,  che,  sebbene  secondo   quanto   affermato   dalla
giurisprudenza  costituzionale  la  diversita'  dei  beni   giuridici
protetti non impedisca la comparazione (sentenza n. 68 del 2012),  la
differenza delle  «cornici  edittali»  dettate  dal  legislatore  per
sanzionare il fatto incriminato (sentenza n. 233 del  2018)  porta  a
escludere, nel caso in esame, ogni profilo di incostituzionalita'.

                       Considerato in diritto

    1.- Con ordinanza  del  17  novembre  2017,  il  Giudice  per  le
indagini preliminari del Tribunale ordinario di  Cuneo  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 318-septies, comma
3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in  materia
ambientale), in riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  nella
parte in cui prevede che l'adempimento tardivo, ma comunque  avvenuto
in un tempo congruo a  norma  dell'art.  318-quater,  comma  1,  cod.
ambiente,  ovvero  l'eliminazione   delle   conseguenze   dannose   o
pericolose della contravvenzione  con  modalita'  diverse  da  quelle
indicate  dall'organo   di   vigilanza,   sono   valutati   ai   fini
dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale, e  determinano
una  riduzione  della  somma  da  versare  alla  meta'  del   massimo
dell'ammenda prevista per il reato in contestazione,  anziche'  a  un
quarto del  medesimo  ammontare  massimo,  come  invece  disposto  in
fattispecie  analoga,  in  caso  di  contravvenzione  alle  norme  di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, dall'art. 24,  comma  3,  del
decreto legislativo 19 dicembre  1994,  n.  758  (Modificazioni  alla
disciplina sanzionatoria in materia di lavoro).
    Il giudice rimettente sospetta la violazione  dell'art.  3  Cost.
atteso che la sostanziale  analogia  tra  la  formulazione  letterale
delle norme che disciplinano le due  fattispecie  poste  a  confronto
porta a  escludere  ogni  plausibile  giustificazione  rispetto  alla
scelta di differenziare il  trattamento  in  caso  di  oblazione.  Il
maggior rigore con cui il legislatore ha trattato le  contravvenzioni
in  materia  ambientale  rispetto  a  quelle  commesse   in   materia
antinfortunistica mal si coniugherebbe con la previsione di un ambito
applicativo circoscritto agli illeciti «che non hanno cagionato danno
o pericolo concreto e  attuale  di  danno  alle  risorse  ambientali,
urbanistiche o paesaggistiche protette» (art. 318-bis cod. ambiente).
    Inoltre, la norma censurata - nel prevedere  la  possibilita'  di
accedere all'oblazione versando la  meta'  del  massimo  dell'ammenda
stabilita per  la  contravvenzione  commessa  a  condizione  di  aver
provveduto alla regolarizzazione - sarebbe  sostanzialmente  inutile,
in quanto ripetitiva della disciplina  generale  contenuta  nell'art.
162-bis, comma 3, cod. pen., il quale prevede che l'oblazione non  e'
ammessa quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato,
eliminabili da parte del contravventore.
    2.- Va preliminarmente rigettata l'eccezione di  inammissibilita'
sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la  quale  il
rimettente,  avendo  gia'  ammesso  il  contravventore  al  pagamento
dell'oblazione, avrebbe consumato la propria potestas iudicandi.
    In  realta',  il   giudice   rimettente,   pur   avendo   ammesso
genericamente  il  pagamento  dell'oblazione,  si  e'  riservato   di
pronunciarsi in ordine alla richiesta dell'imputato di essere ammesso
all'oblazione  prevista  dalla  disposizione  censurata  mediante  il
pagamento di una somma pari a  un  quarto  del  massimo  dell'ammenda
prevista per la contravvenzione contestata e  non  gia'  alla  meta',
secondo  l'attuale  formulazione  della  disposizione  stessa.  Egli,
quindi, ritiene - plausibilmente - di dover fare applicazione di tale
disposizione, oggetto di censura di illegittimita' costituzionale,  e
tanto basta perche' sia  integrato  il  presupposto  della  rilevanza
della questione.
    3.- Nel merito la questione non e' fondata.
    4.- Va premesso che l'art. 1, comma  9,  della  legge  22  maggio
2015, n. 68 (Disposizioni in materia di delitti  contro  l'ambiente),
ha aggiunto al codice dell'ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006) l'intera
Parte Sesta-bis (dall'art. 318-bis all'art. 318-octies),  recante  la
disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi  e  penali  in
materia di tutela ambientale.
    In particolare, l'art. 318-ter ha previsto  che,  allo  scopo  di
eliminare  la  contravvenzione  accertata,  l'organo  di   vigilanza,
nell'esercizio delle  funzioni  di  polizia  giudiziaria,  ovvero  la
stessa polizia giudiziaria impartisce al  contravventore  un'apposita
prescrizione,   asseverata   tecnicamente   dall'ente   specializzato
competente nella materia trattata, fissando per  la  regolarizzazione
un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario.
    Il   successivo   art.    318-quater    prevede    la    verifica
dell'adempimento. Quando risulta  l'ottemperanza  del  contravventore
alla  prescrizione   impartitagli,   l'organo   accertatore   ammette
quest'ultimo a pagare in sede amministrativa, nel termine  di  trenta
giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita
per la contravvenzione. Entro centoventi giorni  dalla  scadenza  del
termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica  al
pubblico   ministero   l'adempimento   della   prescrizione   nonche'
l'eventuale pagamento della predetta somma.
    A tal fine, e' prevista (dall'art. 318-septies,) una  particolare
ipotesi di estinzione del reato: la contravvenzione si estingue se il
contravventore  adempie  la  prescrizione  impartita  dall'organo  di
vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento della somma
suddetta.  In  tale  evenienza   il   pubblico   ministero   richiede
l'archiviazione se la  contravvenzione  e'  estinta  per  effetto  di
questa oblazione extraprocessuale.
    5.- Ove sia mancato l'adempimento tempestivo, e' pero'  possibile
quello tardivo.
    Infatti  il  comma  3  dell'art.   318-septies   stabilisce   che
l'adempimento  in  un  tempo  superiore  a  quello   indicato   dalla
prescrizione,   ma   che   comunque   risulta    «congruo»,    ovvero
l'eliminazione  delle  conseguenze   dannose   o   pericolose   della
contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate  dall'organo
di vigilanza, sono comunque valutati ai fini dell'oblazione ai  sensi
dell'art. 162-bis cod. pen. In tal  caso,  la  somma  da  versare  e'
ridotta  alla  meta'  del  massimo  dell'ammenda  stabilita  per   la
contravvenzione.
    L'obiettivo e' stato quello di ottenere un effetto deflattivo dei
processi  per  reati  ambientali  e  di  incentivare,  al   contempo,
l'adeguamento degli impianti inquinanti anche mediante l'adempimento,
seppur tardivo, delle prescrizioni a tal fine  impartite  dall'organo
di vigilanza.
    6.-  Lo  stesso  obiettivo  ha  perseguito,  in  precedenza,   il
legislatore nel prevedere un'analoga  ipotesi  di  oblazione  per  la
violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
    Infatti l'art. 20 del d.lgs.  n.  758  del  1994  stabilisce  che
l'organo di  vigilanza,  nell'esercizio  delle  funzioni  di  polizia
giudiziaria, impartisce al contravventore  un'apposita  prescrizione,
allo scopo di eliminare la  irregolarita'  riscontrata,  fissando  un
termine a tal fine. Quando risulta l'adempimento della  prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il  contravventore  a  pagare  in  sede
amministrativa, nel termine di  trenta  giorni,  una  somma  pari  al
quarto del massimo  dell'ammenda  stabilita  per  la  contravvenzione
commessa (art. 21 del  d.lgs.  n.  758  del  1994),  con  conseguente
estinzione della contravvenzione.
    Anche in tal caso e' previsto l'adempimento tardivo, comunque  in
un termine «congruo», oppure l'eliminazione delle conseguenze dannose
o pericolose della contravvenzione con modalita'  diverse  da  quelle
indicate dall'organo di vigilanza.
    Tale  comportamento  operoso  del  contravventore  e'   parimenti
valutato  ai  fini  dell'oblazione  processuale  ai  sensi  dell'art.
162-bis cod. pen., ma la somma da versare e' ridotta  al  quarto  del
massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione.
    7.- Tanto  premesso,  puo'  considerarsi  che  nei  due  casi  di
oblazione posti a confronto,  di  cui  si  e'  detto  sopra,  i  beni
tutelati - salvaguardia dell'ambiente e sicurezza  dei  lavoratori  -
pur entrambi di rilevanza costituzionale, non richiedono pero' che la
tutela apprestata sia identica.
    L'analogia  tra  la  formulazione  letterale  delle   norme   che
disciplinano le due  fattispecie  (art.  318-septies  cod.  ambiente,
norma censurata, e art. 24  del  d.lgs.  n.  758  del  1994,  tertium
comparationis) non implica che  la  corrispondenza  debba  estendersi
anche alla quantificazione della somma da versare per l'oblazione  ai
sensi  dell'art.  162-bis  cod.  pen.  Pur  essendo  palese  che   il
legislatore ha utilizzato per i reati ambientali  una  soluzione  che
ricalca il sistema gia' sperimentato  in  materia  antinfortunistica,
non e' manifestamente irragionevole  la  previsione  di  una  diversa
entita' della  somma  che  l'imputato  deve  pagare  per  beneficiare
dell'oblazione ai sensi  dell'art.  162-bis  cod.  pen.  in  caso  di
adempimento  tardivo  delle  prescrizioni  imposte   dall'organo   di
vigilanza. La differenza e' riconducibile a scelte discrezionali  del
legislatore  in  relazione  a  beni  diversi  con   conseguente   non
omogeneita'  del  tertium  comparationis  evocato.  Solo  l'accertata
«piena omogeneita'  delle  situazioni  poste  a  raffronto»  potrebbe
comportare  l'estensione  della  disciplina  invocata  quale  tertium
comparationis (ex plurimis, sentenze n. 134 del 2017, n. 290 del 2010
e n. 431 del 1997; ordinanza n. 398 del 2001).
    La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare  che
«obiettivo  del  controllo  sulla  manifesta  irragionevolezza  delle
scelte sanzionatorie non e' alterare  le  opzioni  discrezionali  del
legislatore, ma ricondurre a coerenza  le  scelte  gia'  delineate  a
tutela di un determinato bene giuridico, procedendo puntualmente, ove
possibile, all'eliminazione  di  ingiustificabili  incongruenze»  (ex
multis, sentenza n. 236 del 2016).
    Nella specie, l'aver previsto in  materia  ambientale  una  somma
piu' elevata per l'oblazione delle contravvenzioni, rispetto a quella
prevista per le contravvenzioni in materia di sicurezza  del  lavoro,
non da' luogo a una «ingiustificabil[e] incongruenz[a]», trattandosi,
piuttosto,  di  una  soluzione  parametrata  al  maggior   grado   di
intensita' con cui  il  legislatore  ha  inteso  modulare  la  tutela
dell'ambiente.
    8.- Infine,  il  giudice  a  quo  ha  lamentato  che,  sul  piano
sistematico, la norma censurata - nel prevedere  la  possibilita'  di
accedere all'oblazione versando la  meta'  del  massimo  dell'ammenda
stabilita per  la  contravvenzione  commessa  a  condizione  di  aver
provveduto, seppur tardivamente, alla regolarizzazione - risulterebbe
sostanzialmente  inutile,  in  quanto  ripetitiva  della   disciplina
generale contenuta nell'art. 162-bis, comma 3, cod.  pen.,  il  quale
prevede che l'oblazione non e' ammessa quando permangono  conseguenze
dannose  o  pericolose   del   reato   eliminabili   da   parte   del
contravventore.
    Ma la circostanza che una norma di settore preveda una disciplina
analoga a quella generale non costituisce un indice idoneo a  fondare
di  per  se'  una  censura  di  illegittimita'   costituzionale   per
irragionevolezza. In ogni caso il contravventore, ammesso a pagare, a
titolo di oblazione, la somma comunque ridotta  rispetto  all'ammenda
stabilita  per  legge,  beneficia  dell'estinzione  del  reato   come
trattamento premiale della  condotta  ripristinatoria  o  riparatoria
tenuta dopo la commissione del fatto contestato.
    9.- Conclusivamente la questione va dichiarata non fondata.

     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 318-septies, comma 3,  del  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), sollevata, in riferimento
all'art.  3  della  Costituzione,  dal  Giudice   per   le   indagini
preliminari del Tribunale ordinario di Cuneo con l'ordinanza indicata
in epigrafe.

    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                     Giovanni AMOROSO, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA


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