GIOVEDÌ 18 LUGLIO 2019 16.55.40
BORSELLINO: SORELLA AGENTE SCORTA, 'MIO FRATELLO TRADITO DA STATO IN CUI CREDEVA' =
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BORSELLINO: SORELLA AGENTE SCORTA, 'MIO FRATELLO TRADITO DA STATO IN CUI CREDEVA' =
Parla Sabrina Li Muli, 'Vincenzo, il suo amore per la divisa e
le preghiere di notte'
Palermo, 18 lug. (AdnKronos) - (di Rossana Lo Castro) Ventidue anni.
Quando il tritolo di Cosa nostra smembrò il suo corpo insieme a quelli
del giudice Paolo Borsellino e dei colleghi della scorta Agostino
Catalano, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi,
Vincenzo Li Muli era poco più che un ragazzo. A Palermo era arrivato
dopo il concorso a Foggia e all'appuntamento con la morte in via
D'Amelio dopo qualche servizio da piantone e qualche vigilanza.
Pensava al matrimonio Vincenzo, un sogno di futuro da costruire con la
sua Vittoria a cui occorreva lavorare mettendo qualche risparmio da
parte. Quello con la Polizia era stato un amore a prima vista. "Si era
innamorato della divisa, aveva un grande senso di giustizia ed era
affascinato da questo mondo. Era felice e fiero del suo lavoro",
ricorda la sorella, Sabrina Li Muli, con l'Adnkronos.
Dopo la strage di Capaci, costata la vita al giudice Giovanni Falcone,
alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti di scorta, però, qualcosa
era cambiato. In quei 57 giorni che lo separavano dalla morte Vincenzo
era diventato pensieroso. "Non ci aveva mai detto che faceva la scorta
a Borsellino - dice Sabrina -. Ma nell'ultimo periodo non era sereno,
passava le notti insonni e a mia sorella, più piccola di lui di due
anni, aveva chiesto di pregare insieme la sera. Solo dopo, mettendo
insieme tutti questi tasselli, abbiamo compreso quello che stava
vivendo". Non si era confidato Vincenzo. Con la paura, forse, aveva
imparato con convivere nonostante la sua giovane età. In caserma il
servizio di scorta a Borsellino era segnato con una croce. "Tutti
sapevano che era il più pericoloso in quel momento", dice la sorella. (segue)
(Loc/AdnKronos)
ISSN 2465 - 1222
18-LUG-19 16:55
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