Corte d’Appello 2023-"Al personale civile e militare della C.R.I. e quindi dell'Ente, assunto da altre amministrazioni si applica l'art. 5, comma 5, terzo periodo".
Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, Sent., 18/07/2023
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO
composta dai Magistrati:
Dott. Stefano Scarafoni - Presidente
Dott. Maria Gabriella Marrocco - Consigliere relatore
Dott. Vincenzo Turco - Consigliere
all'udienza del 21 giugno 2023 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nelle cause civili in grado di appello, riunite, iscritte ai nn. 1529/2022, 2220/2022, 2223/2022, 2224/2022, 2228/2022 del Ruolo Generale Civile - Lavoro e Previdenza
TRA
x
con l'Avv. x
APPELLANTI
E
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE
(adde) UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO
APPELLATI CONTUMACI
OGGETTO: Appelli avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma n. 1485/2022, pubblicata in data 16 febbraio 2022 e non notificata.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con gli originari distinti ricorsi ai sensi dell'art. 414 c.p.c., poi riuniti, x. esponevano:
- erano stati componenti del Corpo Militare della C.R. Ausiliario delle FFAA, sciolto in forza del D.Lgs. n. 178 del 2012 artt. 5 e 6;
- all'esito della procedura di mobilità del personale dipendente a tempo indeterminato dichiarato in soprannumero della C.R.I., erano stati assegnati al personale ATA del MIUR ed erano assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
- era stato loro attribuito un trattamento economico inferiore a quello spettante. In particolare, non era stata loro riconosciuta l'indennità di ente pari a Euro 154,14 sotto forma di assegno ad personam;
- avevano inutilmente messo in mora il MIUR, l'Ufficio Regionale Scolastico per il Lazio e la Ragioneria dello Stato per il pagamento del credito insoluto.
Argomentato ampiamente sull'esistenza del loro diritto di percepire l'indennità di ente anche dopo il passaggio alle dipendenze del MIUR, chiedevano:
"Voglia l'On. Tribunale adito, contrariis reiectis e con sentenza così statuire: 1) Accertare che il ricorrente è creditore dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio di Euro 7.552,86 ad oggi, relativamente a 49 mensilità, di mancato godimento dell'indennità in forza del D.P.R. n. 178 del 2012 artt. 5 n. 5 e successivo D.P.C.M. del 26 giugno 2015;
2) Condannare l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 7.552,86 per le causali di cui innanzi, oltre interessi e svalutazione;
3) Condannare il convenuto al pagamento di tutte le spese e compensi del presente giudizio da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore"
Nella contumacia del Ministero dell'Istruzione -già Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca- e dell'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, con la sentenza in oggetto il Tribunale respingeva le domande. A fondamento, poneva le seguenti ragioni:
- non sussistono i requisiti previsti dagli artt. 5 e 6 del D.Lgs. n. 178 del 2012 e dal D.P.C.M. 25 marzo 2016, di attuazione al citato art. 6, per la conservazione del trattamento economico goduto presso l'ente di provenienza in favore dei dipendenti trasferiti dalla C.R.I. ad altra pubblica amministrazione. Infatti i ricorrenti non hanno allegato di essere transitati dal Corpo Militare della C.R.I. al ruolo civile, circostanza che costituisce il presupposto per l'applicazione della normativa di riferimento. Al contrario, dai contratti individuali di lavoro stipulati con il MIUR (oggi Ministero dell'Istruzione), emerge che i ricorrenti sono transitati direttamente dal Corpo Militare della C.R.I. al ridetto Ministero e che il loro passaggio è avvenuto sulla base del D.M. 14 settembre 2015;
- è vero che anche il D.M. 14 settembre 2015 -recante criteri di attuazione delle procedure di mobilità riservate, tra l'altro, ai dipendenti a tempo indeterminato della C.R.I. in attuazione dell'art. 1, commi 423, 424, 425 della L. di bilancio n. 190 del 2014-all'art. 10, co. 1 rinvia al D.P.C.M. 26 giugno 2015, ma è anche vero che la norma nei successivi commi stabilisce disposizioni specifiche per determinate categorie di dipendenti, tra cui i dipendenti soprannumerari. Anche volendo riconoscere che i ricorrenti abbiano allegato la loro posizione di soprannumerari e che tale posizione sia in effetti documentata dai contratti individuali di lavoro prodotti in giudizio, tuttavia la normativa di cui al D.M. 14 settembre 2015, art. 10 n. 2 e al D.P.C.M. 26 giugno 2015, art. 3 comma 2.1 consente al personale trasferito di conservare il trattamento migliore goduto presso l'amministrazione di provenienza sotto forma di assegno ad personam esclusivamente nel caso in cui si tratti di voci percepite con carattere di generalità, aventi natura fissa e continuativa e non correlate allo specifico profilo d'impiego nell'ente di provenienza. Nondimeno, i ricorrenti non hanno dimostrato i predetti requisiti;
- non può essere chiesta la condanna dell'Ufficio Scolastico Regionale in proprio, trattandosi di ufficio che costituisce un'articolazione del Ministero dell'Istruzione, non dotato di propria soggettività giuridica.
Nelle date del 14 giugno 2022, 12 agosto 2022 e 11 agosto 2022 i soli M.G., G.G., R.M., O.G., M.U. depositavano distinti tempestivi ricorsi di appello ex art. 434 c.p.c. e chiedevano che, in riforma della sentenza, le domande fossero accolte. A sostegno, lamentavano:
1. la violazione del D.Lgs. n. 178 del 2012, del D.P.C.M. 25 marzo 2016 e del D.P.C.M. 26 giugno 2015, l'omesso rilievo della loro qualità di ex militari della C.R.I., l'omessa considerazione della loro posizione di soprannumerari e il conseguente erroneo convincimento d'insussistenza del diritto di percepire, anche dopo il transito nei ruoli del Ministero dell'Istruzione, la differenza tra il trattamento economico in godimento, limitatamente a quello fondamentale e accessorio avente natura fissa e continuativa, e il trattamento del corrispondente personale civile della C.R.I. come assegno ad personam riassorbibile;
2. omessa valutazione della documentazione in atti, attestante il trattamento economico mensile in godimento presso l'ente di provenienza, comprensivo dell'indennità di ente;
3. violazione dell'art. 8, co. 1 del D.P.R. n. 319 del 2003 ed erroneo convincimento del difetto di legittimazione passiva dell'Ufficio Scolastico Regionale nelle controversie del personale della scuola.
Il Ministero dell'Istruzione e l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, ritualmente citati nel grado, non si costituivano e restavano contumaci.
Riuniti i ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c., all'udienza del 21 giugno 2023 la causa è stata decisa come in dispositivo.
L'appello è fondato nei limiti che si esporranno.
In specie, e trattando in modo congiunto i motivi d'impugnazione n. 1 e n. 2 stante la loro interdipendenza, osserva la Corte che il D.Lgs. n. 178 del 2012, rubricato "Riorganizzazione dell'Associazione I.C.R. a norma dell'articolo 2 della L. 4 novembre 2010, n. 183", all'art. 6 dispone;
- al comma 2: "A decorrere dalla data di determinazione dell'organico dell'Associazione e fino al 31 dicembre 2017, il personale della C.R.I. può esercitare l'opzione tra la risoluzione del contratto con l'Ente e la contestuale assunzione, se in possesso dei requisiti qualitativi richiesti e nei limiti dell'organico, da parte dell'Associazione ovvero la permanenza in servizio presso l'Ente";
- al comma 3: "Al personale a tempo indeterminato rimasto in servizio presso l'Ente, non impiegato nelle convenzioni ed eccedente l'organico dell'Associazione, si applicano, salvo quanto previsto al presente articolo, le disposizioni vigenti sugli strumenti utilizzabili per la gestione di eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni. La mobilità può in ogni caso aver luogo…";
- al comma 6: "Al personale civile e militare della C.R.I. e quindi dell'Ente, assunto da altre amministrazioni si applica l'art. 5, comma 5, terzo periodo".
L'art. 5, comma 5, terzo periodo del D.Lgs. n. 178 del 2012 dispone "Al predetto personale continua ad essere corrisposta la differenza tra il trattamento economico in godimento, limitatamente a quello fondamentale ed accessorio avente natura fissa e continuativa, e il trattamento del corrispondente personale civile della C.R.I. come assegno ad personam riassorbibile in caso di adeguamenti retributivi e di riconoscimento degli istituti del trattamento economico determinati dalla contrattazione collettiva correlati ad obiettivi".
Ai sensi dell'art. 10, co. 2 del D.M. 14 settembre 2015, concernente i criteri di inquadramento, "I dipendenti in soprannumero trasferiti in esito alle procedure di mobilità disciplinate dal presentedecreto, mantengono la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa, non correlate allo specifico profilo d'impiego nell'ente di provenienza, previste dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro, in godimento all'atto del trasferimento, nonché l'anzianità di servizio maturata".
Le norme in lettura, considerate nel loro complesso, individuano in modo univoco:
- la categoria dei lavoratori destinatari della disciplina, che è quella del personale della C.R.I. in soprannumero rispetto alla pianta organica dell'ente riorganizzato, personale che transita per mobilità in altro comparto;
- il trattamento retributivo assicurato a detta categoria di lavoratori, che è quello del livello retributivo in godimento limitatamente al trattamento fondamentale e accessorio avente natura fissa e continuativa, conservato con l'attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile;
- gli emolumenti esclusi dal trattamento retributivo suscettibile di conservazione, che sono quelli involgenti aspetti della professionalità valorizzabili soltanto nel comparto di provenienza e dunque spuri rispetto al complessivo trattamento retributivo previsto dalla contrattazione collettiva dell'ente di destinazione, il tutto in evidente coerenza con il principio di parità del trattamento retributivo nel pubblico impiego privatizzato di cui agli artt. 2, co. 3 e 45 del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Ad avvalorare quest'interpretazione delle fonti in esame soccorrono peraltro i seguenti consolidati principi di diritto (v., ex multis, Cass. n. 18196/2017, n. 5959/2012, n. 24950/201):
- in tema di passaggio di personale da un'amministrazione all'altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell'ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti d'inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, trovando giustificazione la conservazione del trattamento più favorevole nel principio d'irriducibilità della retribuzione, principio questo che però, ove subentri un trattamento complessivamente migliore per tutti i dipendenti, non giustifica -in assenza di una diversa specifica indicazione normativa- l'ulteriore mantenimento del divario, la cui inalterata persistenza si pone in contrasto con il principio di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45;
- ai fini della quantificazione dell'assegno personale riassorbibile vanno ricompresi nel concetto di retribuzione lo stipendio tabellare e le voci di carattere fisso e continuativo, con esclusione dei soli emolumenti variabili e/o provvisori, sui quali per il loro essenziale carattere di precarietà e accidentalità, il dipendente non abbia ragione di riporre affidamento quali fonti di stabile e duraturo sostentamento per i bisogni usuali della vita.
Esaminando allora, i fatti di causa in questo quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, osserva la Corte che dal contratto di lavoro individuale stipulato dagli appellanti con il Ministero dell'Istruzione si evince linearmente che ciascuno di essi era stato assunto in ruolo dall'amministrazione odierna appellata a conclusione delle procedure di mobilità previste dal D.M. 14 settembre 2015 e relative ai dipendenti di vasta area e della C.R.I. dichiarati in soprannumero e delle relative procedure per il passaggio in attuazione dell'art. 1, commi 423, 424 e 425 della L. n. 190 del 2014, con inquadramento in conformità alle tabelle di equiparazione del personale non dirigenziale dei diversi comparti, con attribuzione della posizione stipendiale d'importo pari o immediatamente inferiore al trattamento tabellare annuo in godimento e con riconoscimento del diritto all'assegno ad personam riassorbibile in relazione alla eventuale differenza.
Le schede informative mobilità rilasciate dalla C.R.I. attestano poi che gli appellanti erano stati inquadrati dall'ente di provenienza nel livello B, area amministrativa o tecnica (quest'ultima per Orofino e Manciuria) e che percepivano mensilmente anche l'indennità di ente per dodici mensilità (v. fascicolo primo grado appellanti).
Se ne inferisce che la ridetta indennità:
- era erogata in modo fisso e continuativo;
- era corrispettiva della prestazione di lavoro in sé considerata;
- proprio perché prevista per il personale dell'area sia amministrativa sia tecnica del medesimo livello B, non era correlata a una specificità del profilo d'impiego degli appellanti nell'ente di provenienza. Non a caso, nell'ente di destinazione le prestazioni lavorative degli appellanti, sebbene in origine riferibili alle indicate diverse aree, sono state considerare omologhe ed equivalenti alla -unica- prestazione dell'ATA.
Di conseguenza, e viepiù in difetto di eccezioni o difese idonee a condurre in diversa direzione il convincimento della Corte -eccezioni e difese non sollevate dall'amministrazione appellata, che è rimasta contumace anche nel grado- va affermato il diritto degli appellanti a veder inclusa anche l'indennità di ente nel trattamento fondamentale e accessorio avente natura fissa e continuativa in godimento presso l'ente di provenienza, con conseguente loro diritto alla corresponsione della differenza rispetto al trattamento di spettanza presso l'ente di destinazione come assegno ad personam riassorbibile.
Gli appellanti hanno quantificato in Euro 7.552,86 ciascuno il credito maturato a tal titolo per il periodo dall'1 febbraio 2017 fino al deposito del ricorso di primo grado, con calcolo che si prospetta esente da errori e che la Corte, quindi, condivide.
Su tale credito spettano altresì agli appellanti gli accessori secondo il regime stabilito dall'art. 22, co. 36 della L. n. 724 del 1994 (maggior somma tra la rivalutazione monetaria e interessi legali. V. Corte Costituzionale n. 459/2000, Cassazione n. 13624/2020), dalla scadenza delle singole mensilità di riferimento al saldo.
Il terzo motivo di appello è invece infondato.
Invero, con sentenza n. 329385/2021 la Suprema Corte, nel ribadire che nelle controversi nel settore scolastico il soggetto datore di lavoro è il Ministero dell'Istruzione, ha affermato il seguente principio di diritto: "L'Ufficio Scolastico Regionale o il dirigente generale ad esso preposto, quale organo privo di soggettività appartenente al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, può essere evocato in giudizio rispetto al contenzioso con il personale della scuola pubblica non in proprio ma in rappresentanza processuale, ai sensi dell'art. 75 c.p.c., del predetto Ministero e ciò anche in forza dei regolamenti di organizzazione che, nel tempo, lo hanno individuato come munito di "legittimazione passiva".
Questa Corte intende dare continuità al riferito principio di diritto, non ravvisando ragioni per discostarsene e rinviando ad esso per ogni ulteriore aspetto, anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c..
Pertanto, nel caso di specie la condanna va pronunciata nei soli confronti del datore di lavoro Ministero dell'Istruzione, citato in giudizio personalmente.
Alla stregua delle svolte considerazioni, l'appello va quindi accolto in parte e, in riforma della sentenza impugnata:
- va dichiarato il diritto degli appellanti a veder incluso nel trattamento fondamentale e accessorio avente natura fissa e continuativa in godimento presso l'ente di provenienza anche l'indennità di ente, con conseguente loro diritto alla corresponsione della differenza rispetto al trattamento di spettanza presso l'ente di destinazione come assegno ad personam riassorbibile;
- per l'effetto, il Ministero dell'Istruzione va condannato a pagare a ciascun appellante l'importo complessivo di Euro 7.552,86 quali differenze retributive maturate a tal titolo dall' 1 febbraio 2017 fino al deposito del ricorso di primo grado, con la maggior somma tra la rivaluzione monetaria e gli interessi legali dalla scadenza delle singole mensilità di riferimento fino al saldo.
Le spese del doppio grado di giudizio (Cass. n. 9064/2018) tra gli appellanti e il Ministero dell'Interno seguono come di norma la soccombenza e sono distratte in favore del procuratore degli stessi per dichiarazione di antistatarietà (art. 93 c.p.c.). Dette spese sono liquidate come in dispositivo ex D.M. n. 147 del 2022:
- tenuto conto del valore della controversia (espressa, tanto per il giudizio di primo grado quanto per il giudizio di secondo grado, dal valore del credito di cui si chiede l'attribuzione);
- in relazione alle fasi effettivamente da compensare (va esclusa la fase di trattazione, che è propria del rito ordinario ex art. 183 c.p.c., e la fase istruttoria, che non è stata svolta nei due gradi. Al riguardo, v. anche Cass. n. 10206/21);
- secondo il valore prossimo al minimo dello scaglione di riferimento, considerato il numero esiguo delle questioni trattate, l'assenza di profili di novità nell'oggetto del contendere e l'evidente serialità della controversia, introdotta individualmente da ciascun lavoratore non soltanto in primo, ma anche in secondo grado;
- considerando, per entrambi i gradi: fino alla riunione, per ciascun giudizio i compensi per le fasi di studio e introduzione della causa; dopo la riunione, per una sola volta il compenso per la fase della decisione;
- senza alcuna maggiorazione dell'onorario per la fase di discussione legato al numero delle parti, trattandosi in quel momento processuale di unitaria res litigiosa in cui la posizione dei singoli contraddittori non viene in rilievo.
Nulla va disposto sulle spese del doppio grado di giudizio nei confronti dell'Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, stante la sua contumacia.
Infine la Corte dà atto che, per mero refuso scaturente dalla compilazione dell'atto in modo automatico attraverso "consolle", nel dispositivo di udienza non è stato indicato anche l'Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, pacificamente parte del giudizio. Si provvede pertanto a conforme integrazione nell'epigrafe della presente sentenza.
P.Q.M.
In riforma della sentenza impugnata:
- Dichiara il diritto degli appellanti a veder inclusa anche l'indennità di ente nel trattamento fondamentale e accessorio avente natura fissa e continuativa in godimento presso l'ente di provenienza, con conseguente loro diritto di vedersi corrisposta la differenza tra tale trattamento e quello di spettanza presso l'ente di destinazione come assegno ad personam riassorbibile.
- Per l'effetto, condanna il Ministero dell'Istruzione a pagare a ciascun appellante l'importo complessivo di Euro 7.552,86 quali differenze retributive maturate a tal titolo dall'1 febbraio 2017 fino al deposito del ricorso di primo grado, con la maggior somma tra la rivaluzione monetaria e gli interessi legali dalla scadenza delle singole mensilità di riferimento fino al saldo.
- Condanna il Ministero dell'Istruzione a rifondere agli appellanti le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in Euro 7.511,00 per giudizio di primo grado e in Euro 6.096,00, per il giudizio di secondo grado, oltre 15% spese generali, IVA e CPA, con distrazione in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2023.
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2023.
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