Riceviamo e vlenieri pubblichiamo
Ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica. La Camera dei deputati impegna il Governo a ridurre il versamento
per il contributo unificato in sede giurisdizionale ma ripristina la gratuità
in sede consultiva.
La disciplina per i procedimenti in materia di ricorso
straordinario al Presidente
della Repubblica (D.P.R.
24 novembre 1971, n. 1199) ha
conservato la natura di epoca monarchica ovvero senza l'assistenza di un
legale, completamente gratuita e con il beneficio dei termini di presentazione
particolarmente ampi, da proporre davanti ai Ministeri competenti o, in
mancanza di questi, alla Presidenza del Consiglio, fatto salvo l’istituto della
trasposizione dalla sede consultiva a quella giurisdizionale.
In tale ottica
si inquadra l’Ordine del giorno dell’on. Maurizio Turco -
su proposta del PDM – (link atto camera >>>), accolto
dalla Camera dei deputati, che ha ribadito la volontà del legislatore nel rimarcare
la gratuità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede consultiva (articolo
57 della legge 21 novembre 2000, n. 342) «a seguito di una grossolana interpretazione
del dispositivo che ha introdotto le variazioni agli importi del contributo
unificato per i processi amministrativi, penali, civili e tributari» (articolo
37, comma 6, lettera s) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) inoltre ha impegnato il
Governo nei casi di trasposizione dalla sede
consultiva a quella giurisdizionale
«a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la
possibilità di ridurre il versamento per il contributo unificato relativo al
ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica».
Finalmente una
buona novella!
Antonio De
Muro
Di seguito l’atto richiamato:
Atto Camera
Ordine del Giorno 9/05312/108
presentato da TURCO Maurizio
testo di
Mercoledì 25 luglio 2012, seduta n. 672
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante
«Disposizioni urgente per la stabilizzazione finanziaria» all'articolo 37, comma
6-bis, lettera e), prevede espressamente: «in tutti gli altri casi non previsti
dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di
euro 600»;
a seguito di una grossolana
interpretazione del dispositivo che ha introdotto le variazioni agli importi del
contributo unificato per i processi amministrativi, penali, civili e tributari,
alcuni Ministeri hanno inteso richiedere, al proprio personale dipendente, un
contributo unificato di 600,00 euro per la presentazione del ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, anche in materia dei rapporto del
pubblico impiego;
è necessario definire, al fine di
comprendere in quale errore valutativo sono incorsi detti Dicasteri nel voler
imporre un contributo unificato di euro 600,00 per il rimedio extra-ordinem
definito dal decreto dei Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n.1199,
qual è la natura extra-giudiziale del ricorso straordinario e quale quella
tributaria del contributo unificato previsto dal T.U. n.115 del 2002;
il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica è un rimedio extra-ordinem ed alternativo a quello
giurisdizionale, secondo cui, qualora si presenta ricorso all'uno, è esclusa la
possibilità di presentarlo nell'altra sede, in particolare:
a) il procedimento per ricorso
straordinario è scritto e a contraddittorio imperfetto, in quanto:
la parte non deposita il ricorso
direttamente al Consiglio di Stato (tranne il caso di inerzia
dell'amministrazione), ma deve attendere il deposito da parte
dell'amministrazione;
la vigente normativa non consente che
la parte ricorrente, o il difensore della parte stessa, siano sentiti
personalmente atteso che per le adunanze delle sezioni consultive del Consiglio
di Stato valgono le disposizioni dell'articolo 49, comma 1, del regio decreto
21 aprile 1942 n. 444, secondo cui «gli affari sui quali è chiesto parere non
possono essere discussi con l'intervento»;
non è formalmente previsto che le
controdeduzioni dell'amministrazione siano portate a conoscenza del ricorrente
e che questo possa presentare repliche e memorie;
non è previsto che la data
dell'adunanza sia comunicata alle parti, che non possono parteciparvi;
l'adunanza di decisione, sia della
domanda cautelare, che del merito, non è pubblica e non consente la
partecipazione nemmeno delle parti e loro difensori;
non è previsto che il parere
istruttorio dei Consiglio di Stato e gli adempimenti dell'amministrazione siano
portati a conoscenza del ricorrente;
non è previsto, in caso di rilievo di
ufficio di cause di inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità, sia
acquisita memoria del ricorrente;
b) a tale contraddittorio imperfetto ha
posto parziale rimedio la giurisprudenza consultiva:
in caso di deposito diretto presso il
Consiglio di Stato, di ricorsi, istanze, memorie, documenti, le sezioni
consultive dispongono la trasmissione di essi al Ministero competente, per le
controdeduzioni del caso, e nel frattempo sospendono la pronuncia dei parere
definitivo;
a fronte, pertanto, di istanze, atti,
memorie, relativi a ricorsi già pendenti, gli stessi vengono inseriti nel
relativo fascicolo, e istruiti con richiesta di deduzioni all'amministrazione;
a fronte di ricorsi nuovi, depositati
direttamente al Consiglio, si applica estensivamente l'articolo 11, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, e si assumono i ricorsi nel
ruolo degli affari consultivi della sezione;
quanto, poi, al più delicato problema
di assicurare al ricorrente la conoscenza delle controdeduzioni
dell'amministrazione, la giurisprudenza impone all'amministrazione di portare
il ricorrente a conoscenza delle proprie controdeduzioni e documenti solo se
c’è una istanza in tal senso proveniente dall'interessato;
dopo l'entrata in vigore della legge n.
241 del 1990, si è osservato che seppure non vi è un puntuale obbligo in tal
senso nel decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, tuttavia
dalla legge n. 241 del 1990 discende il principio dell'accessibilità dei
documenti amministrativi. Pertanto, se c’è richiesta dell'interessato, e non vi
sono casi di segreto previsti dall'ordinamento, l'amministrazione deve mettere
a disposizione dei ricorrente le proprie deduzioni e i documenti su cui si
fondano;
se l'amministrazione non ha già
provveduto sull'istanza del ricorrente, la sezione consultiva ordina
all'amministrazione di portare a conoscenza dei ricorrente le controdeduzioni e
documenti, fissando anche il termine entro cui il ricorrente pub presentare
repliche e documenti, ovvero articolare motivi aggiunti;
il Consiglio di Stato ha infatti
affermato che il ricorrente in sede straordinaria che lo richieda
espressamente, ha diritto di prendere visione della relazione inviata
dall'amministrazione riferente, degli atti dell'istruttoria e degli altri
documenti contenuti nel fascicolo inviato dall'amministrazione ai Consiglio di
Stato per il parere;
le pronunce più recenti scandiscono la
tempistica del contraddittorio, assegnando un termine all'amministrazione, un
ulteriore termine al ricorrente per la presentazione di memorie, documenti,
motivi aggiunti, nonché un ulteriore termine all'amministrazione per le sue
repliche (Cons. St., sez. III, 15 maggio 2007 n. 463;
Id., sez. III, 6 febbraio 2007 n. 4336/2006);
c) anche le soluzioni proposte dal
Consiglio di Stato appaiono imperfette, perché sarebbe necessario portare il
ricorrente a conoscenza di deduzioni e documenti dell'amministrazione in ogni
caso, e non solo su sua richiesta in quanto più che un vero e proprio
contraddittorio, proprio del processo, si realizza invece un accesso a
documenti, proprio del procedimento amministrativo. E, invero, l'accesso opera
solo su istanza di parte, il contraddittorio opera ex lege e di ufficio;
un altro ambito in cui il
contraddittorio non è perfetto attiene al caso in cui il Consiglio di Stato
emette un parere istruttorio. Infatti la richiesta istruttoria è rivolta
all'amministrazione, che ne trasmette l'esito al Consiglio di Stato, il tutto
senza che il ricorrente ne abbia notizia;
la più recente giurisprudenza
consultiva tende a imporre all'amministrazione di portare a conoscenza del
ricorrente sia il parere istruttorio del Consiglio di Stato (Cons. St., sez.
III, 10 luglio 2007 n. 2365), sia gli adempimenti espletati dall'amministrazione
in esecuzione di esso (Cons. St., sez. III, 12 giugno 2007 n. 941); rimangono
fermi taluni dei principi sopra enunciati, e, in particolare, che l'adunanza
non è pubblica, della sua data non è fatto avviso alle parti, le parti e i
difensori non possono parteciparvi, non può essere disposta l'audizione della
parte;
rimane fermo che non è consentito il
deposito diretto di atti ad opera del ricorrente presso il Consiglio di Stato,
salvo il caso dell'inerzia dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 11 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, e salva la recente
apertura per il caso della domanda cautelare;
i controinteressati possono chiedere la
trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale. In tal caso il
ricorrente originario ha l'onere di riassumere il contenzioso davanti al
giudice;
la trasposizione avviene mediante
deposito, da parte dell'originario ricorrente in sede straordinaria, di atto di
costituzione in giudizio. Si tratta, nella forma e nella sostanza, di una
riassunzione dell'originario ricorso, che non può contenere motivi diversi;
tale riassunzione deve avvenire nel
termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione. Tale
termine decorre da quando viene ricevuta l'istanza di trasposizione;
il deposito in giudizio dell'atto di
trasposizione va invece equiparato al «deposita del ricorso»;
il decreto del Presidente della
Repubblica di decisione del ricorso straordinario è un atto amministrativo;
ancora recentemente, in virtù del
principio di eletta una via, non datur recursus ad alteram si è espresso il
Consiglio di Stato secondo cui la proposizione di un ricorso al Tar, avverso
gli stessi provvedimenti, in seguito impugnati con ricorso straordinario, rende
quest'ultimo inammissibile per violazione del principio di alternatività;
oltre al principio di alternatività
rispetto al ricorso giurisdizionale, il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica, non ha rispetto a quello, le caratteristiche della
giurisdizione, quale la terziarietà, l'indipendenza, la collegialità e l'appellabilità,
ma soprattutto quelle di carattere onerose e processuali proprie del
contenzioso giurisdizionale che giustificano, invece, il versamento di un
contributo unificato. Infatti, esso è solo un rimedio all'interno di un
processo di «Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi
amministrativi»;
la natura extra-ordinem dei ricorso
straordinario è stata più volte ribadita anche e soprattutto dalla Corte
costituzionale, peraltro ancora con la sentenza n. 254 del 21, luglio 2004,
evidenziando un orientamento riduttivo della effettività del rimedio di tutela
e richiamando più volte le conclusioni cui erano giunte le Sezioni Unite della
Cassazione;
l'unico punto di contatto tra i due
istituti (quello extra-ordinem e quello giurisdizionale) avviene soltanto in
caso di trasposizione dei ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
ad opera di terzi davanti al TAR, ai sensi rispettivamente dell'articolo 10
(Opposizione dei contro interessati) del decreto del Presidente della
Repubblica 1199 del 1971 e dell'articolo 48 (Giudizio conseguente alla
trasposizione del ricorso straordinario) del CPA, a cui fa proprio riferimento
l'articolo 37, comma 6, lettera s), del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98 e
della cui errata interpretazione fanno vexata quaestio i predetti Dicasteri;
per inciso, nel caso di trasposizione
del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede
giurisdizionale l'attuale contributo unificato è quello previsto dall'articolo
37 comma 6, lettera s), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
per quanto attiene la natura speciale
del contributo unificato occorre riferirsi necessariamente a quanto previsto
dal Testo Unico in materia di spese di giustizia, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che determina, in maniera
incontrovertibile, l'ambito applicativo dello stesso e l'oggetto della propria
disciplina (articolo 1 Oggetto, 1. Le norme del presente testo unico
disciplinano le voci e le procedure di spesa dei processi;). Ancora, subito
dopo, lo stesso testo unico chiarisce a quali ordinamenti – e solo ordinamenti
–, si applica il T.U. e precisamente al processo penale, civile,
amministrativo, contabile e tributario, escludendo così tutti gli altri tipi e
atipici rimedi di natura extra-ordinem (articolo 2 Ambito di applicazione, 1.
Le norme dei presente testo unico si applicano al processo penale, civile,
amministrativo, contabile e tributario, con l'eccezione di quelle espressamente
riferite dal presente testo unico ad uno o più degli stessi processi; 2. Le
spese del processo amministrativo, contabile e tributario sono, inoltre,
regolate dalle norme speciali della parte VIII del presente testo unico);
l'articolo 3, comma 1, che il T.U.
chiarisce in modo palese che cosa s'intende, ai fini dell'applicazione del
contributo unificato, per processo (articolo 3 (Definizioni) 1. Ai fini del
presente testo unico, se non diversamente ed espressamente indicato: o)
«processo» è qualunque procedimento contenzioso o non contenziosa di natura
giurisdizionale);
in ordine a quanto evidenziato dal
combinato delle due normative in oggetto il ricorso straordinario ai Presidente
della Repubblica non riveste un'autonoma natura giurisdizionale ma soltanto
quella di rimedio semplificativo;
il ricorso straordinario non presenta
caratteri minimamente avvicinabili a quelli ordinamentali, che invece, per la
loro tipicità e complessità, giustificano quelle spese ripetibili e non
ripetibili previste all'articolo 5 del T.U., con la conseguenza logica che
queste non possono essere intese all'interno di un imposizione, peraltro non
prevista letteralmente dal dispositivo di cui all'articolo 13, comma 6-bis
dello stesso T.U., mentre lo sono espressamente previste per i ricorsi
giurisdizionali (espressamente citati) avanti alle rispettive sedi, Civile,
Penale, Amministrativa e Tributaria;
secondo l'interpretazione letterale
della norma, l'articolo 13, comma 6-bis dei T.U.: «Il contributo unificato per
i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio
di Stato è dovuto nei seguenti importi» e la discendente lettera (e) «in tutti
gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso
straordinario al Presidente della repubblica, nei casi ammessi dalla normativa
vigente, il contributo dovuto è di euro 600.» ed essendo assodato che il
ricorso straordinario al PdR (come anche il propedeutico ricorso gerarchico)
non viene presentato avanti al Tar o al Consiglio di Stato, perché proprio di
un procedimento extra-ordinem, è ovvio che il riferimento allo stesso è
funzionale solo al caso della trasposizione in sede giurisdizionale di fronte
al Tribunale amministrativo competente. Solo in questo momento è dovuto il
previsto contributo unificato dalla parte che agisce in giudizio. Conseguentemente
l'unico caso al momento chiaro e legislativamente giustificato è solo quello
previsto dal combinato disposto dell'articolo 10 del decreto del Presidente
della Repubblica 1199 del 1971 e 48 del decreto legislativo il n. 104 del 2
luglio 2010;
insistere sull'attribuzione di un onere
del genere, su uno strumento di carattere straordinario e non ordinamentale,
violerebbe, non solo dei principi di diritto – e soprattutto di norme di
carattere costituzionale –, ma si violerebbe e si interpreterebbe falsamente
una norma, costruita, invece, esattamente e giuridicamente dal legislatore e
finalizzata ad indicare come ricorso straordinario al Capo dello Stato,
all'interno delle spese di giustizia per i ricorsi presentati avanti ai TAR ed al
CdS, solo quello presupposto dall'istituto della trasposizione;
diversamente non potrebbe intendersi,
altrimenti, difformemente da quello che è lo spirito della legge e della
volontà del legislatore, in applicazione del dettato dei commi anzidetti, a
parità di ricorso, presentato per motivi di pubblico impiego (ricorso alla
documentazione caratteristica, sanzione disciplinare eccetera) al Tar e per cui
necessita giustamente del pagamento dei contributo unificato (nei limiti e nei
quantum stabilito dal T.U.), e lo stesso, presentato come ricorso straordinario
al Capo dello Stato, per cui non necessita il pagamento, ma si vuole
erroneamente rappresentare invece che ne occorrono 600,00 di Euro, palesandosi
una evidente contraddizione sperequativa. Cioè, paradossalmente, costerebbe, nel
caso del dipendente pubblico, meno impugnare davanti al TAR, opposizione che
legittimamente prevede una necessità di pagamento di spese in quanto piena
giurisdizione, rispetto al rimedio del ricorso straordinario, che non si
colloca, invece, in alcun alcuna giurisdizione;
la recentissima sentenza della Suprema
Corte Sez. del Lavoro del 26 gennaio 2012 n. 1111
ha riaffermato il principio secondo cui la norma giuridica deve essere
interpretata, prima di ogni cosa, al punto di vista letterale, non potendo
attribuirsi altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio
delle parole secondo la connessione di esse all'interno, dunque, dello stesso
articolo 13 comma 6-bis: «per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali
amministrativi regionali e al Consiglio di Stato» e alla sua lettera (e) «in
tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, nei casi ammessi dalla
normativa»;
ove ciò non fosse sufficiente, in ragione
di tale chiara univocità letterale della disposizione, si ricorda altresì che,
in applicazione dei brocardo «in claris non fit interpretatio» codificato
dall'articolo 12 delle Disposizioni preliminari al Codice civile, è stato
costantemente affermato che: «A norma dell'articolo 12 delle preleggi,
nell'interpretazione delle norme giuridiche si può procedere alla ricerca della
effettiva mens legis, sul presupposto che il legislatore abbia inteso sancire
una norma diversa da quella che è resa manifesta dalla sua dizione letterale,
solo nel caso in cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivoca.»
(Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 20.03.1990, n. 2309 e,
nello stesso senso, Corte di Cassazione Sezione lavoro civile, Sentenza 26.09.1988,
n. 5247);
in buona sostanza se il legislatore
avesse voluto intendere ex-novo l'imposizione tributaria su un rimedio come
quello straordinario al PdR avrebbe certamente non dovuto inserirlo all'interno
di modifiche apportate al Testo Unico in materia di spese di giustizia, perché
il ricorso straordinario al PdR ne risulta completamente estraneo sia
sostanzialmente che formalmente, ma invece, correttamente, avrebbe dovuto
abrogare l'articolo 57 della legge 342 del 21 novembre 2000 (Soppressione della
tassa sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. 1. Le tasse per
il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per il ricorso
principale e per la domanda incidentale di sospensione al Consiglio di Stato di
cui all'articolo 7, primo e terzo comma, della legge 21 dicembre 1950, n. 1018,
sono soppresse) abrogazione non avvenuta a mente del decreto-legge 98/2011,
rafforzando così la convinzione che si deve intendere operante una sempre
maggior distinzione tra trasposizione e ricorso straordinario ai Capo dello
Stato e tra rimedio e ordinamento;
in osservanza dei principi del sistema
tributario e degli articolo 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e dell'articolo
2, comma 1 della legge n. 212 del 27 luglio 2000, se il legislatore
avesse inteso introdurre, ma così non è stato, un contributo unificato per il
ricorso straordinario, ne avrebbe necessariamente fatto riferimento nel titolo
dell'oggetto, nelle partizioni della rubrica e nei singoli articoli, al fine di
favorire l'equità dell'accesso alla domanda di giustizia e quindi la crescita
civile del Paese;
impegna il
Governo
a valutare,
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la possibilità di ridurre
il versamento per il contributo unificato relativo al ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica.
9/5312/108. (Testo modificato nel corso della
seduta) Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci,
Zamparutti.
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