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Cassazione: lascia casa popolare per tre mesi? Perde il diritto all'alloggio |
Cass. civ. Sez. I, 03-04-2008, n. 8519
Svolgimento del processo
Con
ricorso depositato in data 20/3/78 P.M.L. proponeva opposizione innanzi
alla Pretura di Fermo, sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare,
avverso il decreto del Presidente dell'Iacp di Ascoli Piceno in data
4/2/78, con cui gli era stata revocata ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17
l'assegnazione dell'alloggio, sito in Porto Sant'Elpidio per aver
abbandonato senza preventiva autorizzazione l'immobile per un periodo
superiore a tre mesi.
A fondamento
dell'opposizione il ricorrente esponeva di non aver abbandonato detto
alloggio e che anzi lo stesso era occupato dalla propria figlia che ne
curava la manutenzione.
Costituitosi l'Iacp,
l'adito Pretore, con sentenza n. 10/2000, preliminarmente disattesa
l'eccezione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata
dall'Istituto, accoglieva la domanda e dichiarava l'illegittimità del
provvedimento di revoca dell'alloggio in questione.
A
seguito dell'appello dell'Istituto, la Corte d'Appello di Ancona, con
la decisione in esame, depositata in data 17/2/2003, in riforma
dell'impugnata sentenza, preliminarmente ribadita la giurisdizione del
giudice ordinario, rigettava l'opposizione del P. M..
Osservava
in particolare la Corte che "l'abbandono del godimento dell'alloggio,
che si protrae per un periodo superiore a tre mesi, che manchi della
preventiva autorizzazione dell'istituto assegnante, giustifica la revoca
dell'assegnazione pur quando esso sia motivato da ragioni di vita o
lavoro".
Ricorre per cassazione il P.M. con tre motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso l'Istituto.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c.
e difetto di motivazione in ordine all'omesso esame della domanda di
declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca
dell'assegnazione dell'alloggio popolare in data 4/2/76 in virtù del
pregresso diritto acquisito sin dal 1960 al riscatto di detto alloggio.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione e violazione dell'art. 117 c.p.c.
in relazione alla valutazione dell'interrogatorio libero del ricorrente
ed alle prove testimoniali, nel senso che si assume come
incomprensibile la rilevanza riconosciuta al primo anzichè alle seconde.
Con il terzo motivo infine si deduce violazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, artt. 2, 4 e 17;
si
afferma in proposito che "la decisione che si impugna, è ulteriormente
viziata laddove ha ritenuto sufficiente a integrare la fattispecie
prevista dal D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17 il solo
allontanamento dall'alloggio del P.M. per periodi superiori ai tre mesi
senza preventiva autorizzazione dell'Iacp ammessa dallo stesso in sede
di interrogatorio libero".
In via preliminare,
devono respingersi perchè infondate sia l'eccezione di inammissibilità
del ricorso per erronea indicazione dei relativi motivi, con particolare
riferimento alle norme violate, sia l'eccezione dell'ammissibilità del
controricorso perchè generico: a parte la considerazione che i motivi
del ricorso in esame risultano supportati dall'indicazione delle norme
che si ritengono violate, detti motivi risultano comunque tutti dotati
del c.d. requisito dell'autosufficienza;
parimenti sufficiente è quanto dedotto nel controricorso per contrastare le tesi della parte avversa.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.
La
Corte territoriale fonda la propria ragione del decidere, sulla base
dell'esame delle risultanze processuali, precluso a questo giudice di
legittimità in presenza, come nel caso di specie, di adeguata
motivazione, sulla mancanza di una preventiva autorizzazione
dell'Istituto in ordine agli allontanamenti del P.M. per un periodo
superiore ai tre mesi e sulla irrilevanza delle addotte giustificazioni.
Tale
ratio è pienamente condivisibile e si fonda su quanto già statuito da
questa Corte (tra le altre, Cass. n. 4567/92, Cass. n. 6785/88), secondo
cui in tema di edilizia residenziale pubblica l'abbandono
dell'alloggio, ancorchè abbia causa in ragioni di lavoro, giustifica la
revoca dell'assegnazione in locazione ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17
poichè lo scopo della norma è quello di rendere disponibili gli
alloggi, non più occupati stabilmente per le esigenze dei soggetti del
tutto privi di alloggio e senza che abbia rilevanza la ragione
dell'abbandono dell'alloggio stesso da parte dell'assegnatario.
Ne deriva che infondati sono i suddetti motivi di ricorso:
il
primo perchè risulta ovvio che i giudici di secondo grado hanno
ritenuto implicitamente sussistenti tutti i presupposti di legge per
detta revoca mentre il ricorrente non indica ulteriori motivi,
eventualmente anche di carattere formale, di illegittimità di tale atto
amministrativo;
il secondo, inammissibile, in
quanto rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la
valutazione delle prove e l'attribuzione ad esse di una maggiore o
minore "decisività";
il terzo perchè, per come
esposto, del tutto irrilevanti sono le motivazioni che il ricorrente
prospetta in ordine all'abbandono dell'alloggio in questione e perchè
ancora ogni altra considerazione, vertendosi in tema di circostanze di
fatto, non è possibile nella presente sede.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese della
presente fase che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per
esborsi oltre spese generali ed accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2008
Cass. civ. Sez. I, 03-04-2008, n. 8519
Svolgimento del processo
Con
ricorso depositato in data 20/3/78 P.M.L. proponeva opposizione innanzi
alla Pretura di Fermo, sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare,
avverso il decreto del Presidente dell'Iacp di Ascoli Piceno in data
4/2/78, con cui gli era stata revocata ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17
l'assegnazione dell'alloggio, sito in Porto Sant'Elpidio per aver
abbandonato senza preventiva autorizzazione l'immobile per un periodo
superiore a tre mesi.
A fondamento
dell'opposizione il ricorrente esponeva di non aver abbandonato detto
alloggio e che anzi lo stesso era occupato dalla propria figlia che ne
curava la manutenzione.
Costituitosi l'Iacp,
l'adito Pretore, con sentenza n. 10/2000, preliminarmente disattesa
l'eccezione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata
dall'Istituto, accoglieva la domanda e dichiarava l'illegittimità del
provvedimento di revoca dell'alloggio in questione.
A
seguito dell'appello dell'Istituto, la Corte d'Appello di Ancona, con
la decisione in esame, depositata in data 17/2/2003, in riforma
dell'impugnata sentenza, preliminarmente ribadita la giurisdizione del
giudice ordinario, rigettava l'opposizione del P. M..
Osservava
in particolare la Corte che "l'abbandono del godimento dell'alloggio,
che si protrae per un periodo superiore a tre mesi, che manchi della
preventiva autorizzazione dell'istituto assegnante, giustifica la revoca
dell'assegnazione pur quando esso sia motivato da ragioni di vita o
lavoro".
Ricorre per cassazione il P.M. con tre motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso l'Istituto.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c.
e difetto di motivazione in ordine all'omesso esame della domanda di
declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca
dell'assegnazione dell'alloggio popolare in data 4/2/76 in virtù del
pregresso diritto acquisito sin dal 1960 al riscatto di detto alloggio.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione e violazione dell'art. 117 c.p.c.
in relazione alla valutazione dell'interrogatorio libero del ricorrente
ed alle prove testimoniali, nel senso che si assume come
incomprensibile la rilevanza riconosciuta al primo anzichè alle seconde.
si
afferma in proposito che "la decisione che si impugna, è ulteriormente
viziata laddove ha ritenuto sufficiente a integrare la fattispecie
prevista dal D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, art. 17
il solo allontanamento dall'alloggio del P.M. per periodi superiori ai
tre mesi senza preventiva autorizzazione dell'Iacp ammessa dallo stesso
in sede di interrogatorio libero".
In via
preliminare, devono respingersi perchè infondate sia l'eccezione di
inammissibilità del ricorso per erronea indicazione dei relativi motivi,
con particolare riferimento alle norme violate, sia l'eccezione
dell'ammissibilità del controricorso perchè generico: a parte la
considerazione che i motivi del ricorso in esame risultano supportati
dall'indicazione delle norme che si ritengono violate, detti motivi
risultano comunque tutti dotati del c.d. requisito dell'autosufficienza;
parimenti sufficiente è quanto dedotto nel controricorso per contrastare le tesi della parte avversa.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.
La
Corte territoriale fonda la propria ragione del decidere, sulla base
dell'esame delle risultanze processuali, precluso a questo giudice di
legittimità in presenza, come nel caso di specie, di adeguata
motivazione, sulla mancanza di una preventiva autorizzazione
dell'Istituto in ordine agli allontanamenti del P.M. per un periodo
superiore ai tre mesi e sulla irrilevanza delle addotte giustificazioni.
Tale
ratio è pienamente condivisibile e si fonda su quanto già statuito da
questa Corte (tra le altre, Cass. n. 4567/92, Cass. n. 6785/88), secondo
cui in tema di edilizia residenziale pubblica l'abbandono
dell'alloggio, ancorchè abbia causa in ragioni di lavoro, giustifica la
revoca dell'assegnazione in locazione ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 17
poichè lo scopo della norma è quello di rendere disponibili gli
alloggi, non più occupati stabilmente per le esigenze dei soggetti del
tutto privi di alloggio e senza che abbia rilevanza la ragione
dell'abbandono dell'alloggio stesso da parte dell'assegnatario.
Ne deriva che infondati sono i suddetti motivi di ricorso:
il
primo perchè risulta ovvio che i giudici di secondo grado hanno
ritenuto implicitamente sussistenti tutti i presupposti di legge per
detta revoca mentre il ricorrente non indica ulteriori motivi,
eventualmente anche di carattere formale, di illegittimità di tale atto
amministrativo;
il secondo, inammissibile, in
quanto rientra nel potere discrezionale del giudice del merito la
valutazione delle prove e l'attribuzione ad esse di una maggiore o
minore "decisività";
il terzo perchè, per come
esposto, del tutto irrilevanti sono le motivazioni che il ricorrente
prospetta in ordine all'abbandono dell'alloggio in questione e perchè
ancora ogni altra considerazione, vertendosi in tema di circostanze di
fatto, non è possibile nella presente sede.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese della
presente fase che si liquidano in Euro 2.100,00, di cui Euro 100,00 per
esborsi oltre spese generali ed accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2008
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