Malattia professionale da uso del cellulare Corte d'Appello di Brescia, Sezione Lavoro n. 361 del 10 dicembre 2009
Corte di appello di Brescia, Sez. Lav., 10 dicembre 2009, n. 361 - Uso cellulare
Malattia Professionale
Con ricorso al Tribunale di Brescia, giudice del lavoro, un lavoratore conveniva in giudizio l'INAIL
per sentirlo condannare a corrispondergli le prestazioni di legge in riferimento ad una grave patologia cerebrale di origine
professionale.
Il ricorrente esponeva di essere stato dirigente d'azienda e che, in tale mansione , aveva utilizzato il cellulare e il cordless
per una media di 5 - 6 ore al giorno per 12 anni; essendo destrimane, teneva l'apparecchio all'orecchio sinistro e
rispondeva al telefono fisso con la mano destra o con la stessa prendeva appunti o note.Detta attività gli aveva provocato
una grave patologia e per questo aveva chiesto all'INAIL le corrispondenti prestazioni di legge che gli vennero negate
per mancanza del nesso causale tra la patologia e la mansione lavorativa.Respinta in primo grado la domanda, veniva
conseguentemente proposto appello - Accolto.In riforma della sentenza n. 471/08 del Tribunale di Brescia, la Corte
d'Appello condanna l'INAIL a corrispondere all'appellante la rendita per malattia professionale prevista per l'invalidità
all'80% con arretrati ed interessi. Rileva la Corte innanzitutto che, nel caso di specie, "Ogni patologia è suffragata da
consulenze cliniche specialistiche e ripetute e da opportune indagini".Quanto al nesso causale, il CTU ha spiegato,
attraverso l'analisi di vari studi effettuati dal 2005 al 2009, ciò che lo porta a sostenere una probabilità quanto meno
concausale dell'uso dei telefoni nella causazione dell'infortunio.Partendo da tali dati, il consulente tecnico di parte ha poi
confrontato il dato di rischio individuale ottenuto dal consulente, con quello ricavato per il fattore di rischio universalmente
riconosciuto dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti: appare così evidentemente integrato il requisito di elevata
probabilità che integra il nesso causale richiesto dalla normativa.Infatti, "secondo il costante insegnamento della Suprema
Corte, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la
prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso
che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di
un rilevante grado di probabilità."
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