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martedì 21 novembre 2023

Patriarcato, clericalismo, educazione e indifferenza (a cura di Enrico Corti)

 


Patriarcato, clericalismo, educazione e indifferenza

 

Per circa l’80%, la popolazione italiana è stata battezzata dal clero e formata sin dalla gioventù sotto l’ala cattolica; ciò sin quasi al matrimonio.

Per lunghi secoli e sino al recente 2004, sull’altare della chiesa il sacerdote faceva dire al promesso sposo rivolto alla promessa sposa; “io prendo te come mia sposa“; con la grazia di Cristo prometto di asserti fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia; di amarti e onorarti per tutti i giorni della mia vita“. Ora “il prendo“ è stato modificato “in accolgo”; ma in regime di patriarcato non cambia niente perché è sempre un rafforzativo contro la libertà della donna.

Nei giorni successivi al femminicidio di Giulia Cecchetti per mano del fidanzato, abbiamo assistito ad un profluvio di dibattiti pubblici con al centro delle accuse il patriarcato in quanto negatore dei diritti della donna; come è giusto che sia; ma che non può essere il solo.

La soluzione del problema dovrebbe stare in una imprecisata educazione scolastica sugli affetti; che ipocriticamente nulla dice sulla radice piantata in Italia oscuratrice dei necessari approfondimenti da fare sui rapporti possessività/affettività/sessualità; quest’ultima interpretata dal cattolicesimo non come diritto e naturale valore della vita produttore di piacere; ma solo come strumento per la procreazione e il mantenimento della specie.

Questa premessa, rende complicata una vera educazione scolastica della affettività, (senza dimenticare che l’amore individuale non può essere imparato sui libri; perché sentimento che nasce soprattutto dalla spontaneità animale, umana e bestiale).

A prescindere, dovrebbe risultare evidente che un piano di educazione affettività-sessualità è difficilmente realizzabile con la particolarità dell’attuale categoria degli insegnanti, abbisognosa quindi di un diverso approccio culturale.   

Le modalità con cui si è discusso “il caso Giulia“, portano alla conclusione del fallimento educativo dell’istituzione famiglia, purtroppo emblematicamente confermato dalla reale presa d’atto che, a parte le minoranze, la formazione sociale per la maggioranza dei giovani non avviene nelle famiglie o nelle scuole, ma nelle strade (punite per decreto). Sostanzialmente il femminicidio non può essere di responsabilità del solo patriarcato; ma del sistema sociale di mercato intero.

Coerentemente; al suo slogan ““Dio, Patria, Famiglia“, Giorgia Meloni dovrà cancellare la terza; si crede però inutile affidarsi alle sue capacità riflessive. Altra riflessione è sulla differenza di cordoglio del popolo italiano tra la giusta commozione per Giulia, e il disinteressamento verso le circa 4.500 donne bombardate o fucilate da Netanyahu a Gaza.

Enrico Corti

21 novembre 2023

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