N. 03337/2011REG.PROV.COLL.
N. 03331/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3331 del 2006, proposto da:
A.C.I.-Automobile Club d’Italia, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Di Pasquale, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Adige n. 43;
A.C.I.-Automobile Club d’Italia, rappresentato e difeso dall’avv. Luciano Di Pasquale, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Adige n. 43;
contro
#################### ####################, non costituito nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZIONE III, n. 04179/2005, resa tra le parti, concernente ACCERTAMENTO CORRESPONSIONE TRATTAMENTO ECONOMICO PER MANSIONI SUPERIORI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2011 il Cons. Bernhard Lageder e udito per le parti l’avvocato Di Pasquale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. per il Veneto accoglieva (a spese compensate) il ricorso n. 240 del 2000 proposto da #################### #################### nei confronti dell’A.C.I.-Automobile Club d’Italia, teso all’accertamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico per le mansioni superiori esercitate in via continuativa dal 9 gennaio 1992 al 24 maggio 1998 alle dipendenze dell’A.C.I. quale responsabile dell’Ufficio provinciale esattore di Verona (mansioni, corrispondenti al VII livello d’inquadramento, a fronte della qualifica di assistente di amministrazione di VI livello formalmente rivestita dall’istante), e alla condanna dell’ente datoriale alla corresponsione delle relative differenze retributive, oltre agli accessori di legge. La pronuncia di accoglimento si basava sul rilievo che risultavano “dimostrate sia l’attribuzione formale delle mansioni superiori dal 8 gennaio 1992 tramite formale lettera d’incarico, sia la vacanza del relativo posto in organico” (v. così, testualmente, il passaggio centrale della gravata sentenza, enunciativo della ratio decidendi).
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’ente soccombente, censurando la contraddittorietà di motivazione, l’erronea applicazione dei principi di diritto informatori della materia (in ispecie, l’erronea omessa valorizzazione dell’assenza di una norma legislativa espressa nel settore impiegatizio in esame, che prevedesse la possibilità dell’assegnazione dei dipendenti A.C.I. a mansioni superiori con riconoscimento del trattamento economico correlato alle nuove mansioni), nonché l’erronea valutazione dei presupposti di fatto, carenti di prova, posti a base della statuizione di accoglimento. Eccepiva, ad ogni modo, la prescrizione del credito retributivo ex adverso azionato per il periodo anteriore al quinquennio calcolato a ritroso dalla data di notifica del ricorso introduttivo. Chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà della gravata sentenza e in riforma della stessa, il rigetto del ricorso in primo grado.
3. Sebbene ritualmente evocato in giudizio, l’appellato ometteva di costituirsi nel presente grado.
4. Accolta con ordinanza n. 3498/2006 del 14 luglio 2006 l’istanza di sospensiva, la causa all’udienza pubblica del 15 marzo 2011 veniva trattenuta in decisione.
5. L’appello è fondato e merita accoglimento.
5.1. In linea di diritto osserva il Collegio, in adesione a consolidato orientamento di questo Consiglio da cui non v’è motivo di discostarsi, che il diritto al trattamento economico relativo alla qualifica superiore, nel caso di svolgimento di mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti, va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387 (22 novembre 1998), per effetto della modifica apportata agli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993 dall’art. 15 d.lgs. n. 387/1998, mentre prima dell’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 387/1998, nel settore del pubblico impiego, lo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle proprie della qualifica di inquadramento, pur se protratte nel tempo e assegnate con atto formale, era del tutto irrilevante agli effetti del trattamento economico, salvo che tali effetti derivassero da un’espressa previsione normativa, e salvo il diritto alle differenze retributive per il periodo successivo all’entrata in vigore della richiamata disposizione modificativa dell’art. 56 d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (v. C.d.S., Ad. Plen. 23 marzo 2006, n. 3; C.d.S., Sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7584; C.d.S., Sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 468). Ciò, in quanto il citato art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 – che ha riconosciuto per la prima volta con carattere di generalità il diritto dei pubblici dipendenti di ottenere le differenze retributive nel caso di svolgimento di mansioni superiori a seguito di formale incarico –, non avendo carattere interpretativo, non può che disporre per il futuro. Il carattere di norma d’interpretazione autentica va, infatti, riconosciuto soltanto alle disposizioni a sostanziale valenza ermeneutica, dirette a chiarire il significato di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei significati tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle fonti interpretate; mentre, nel caso della disposizione di cui trattasi, la scelta assunta dalla disposizione in questione non rientra in nessuna delle varianti semantiche compatibili con il tenore letterale del combinato disposto dei pregressi artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993. In particolare, un’eventuale deroga al principio di corrispondenza fra qualifica rivestita e retribuibilità delle mansioni in concreto svolte può essere ravvisata solo a fronte di espresse disposizioni di carattere primario, e non anche come conseguenza indiretta di eventuali disposizioni organizzative poste da norme a carattere sub-primario, espressive della capacità di autoorganizzazione, quand’anche speciale, di enti pubblici autonomi, poiché la materia, attinendo a principi fondamentali del lavoro con pubbliche amministrazioni, è da considerare di competenza della sola fonte primaria in virtù della riserva di legge stabilita dall’art. 97, comma 1, Cost., secondo cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, alle quali è rimessa la disciplina normativa di competenze, attribuzioni e responsabilità dei funzionari (v. sul punto, in modo specifico, C.d.S., Sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 468). La soluzione qui propugnata s’impone, non da ultimo, per esigenze primarie di controllo e contenimento della spesa pubblica e di prevenzione di eventuali abusi e disparità di trattamento conseguenti a provvedimenti di assegnazione a mansioni superiori accompagnati da aumenti retributivi non sorretti da una specifica previsione normativa.
5.2. Applicando tali principi al caso di specie, ne discende che il diritto alle differenze retributive vantato dall’originario ricorrente e odierno appellato non può essere riconosciuto, versandosi per un verso in fattispecie interamente ricadente sotto la disciplina anteriore all’entrata in vigore dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 (22 novembre 1998), e difettando per altro verso per il settore impiegatizio in cui rientra il rapporto dedotto in giudizio una normativa specifica che riconoscesse il diritto alle differenze retributive in conseguenza dello svolgimento di mansioni superiori.
5.3. Esclusa pertanto la sussistenza di uno dei presupposti indefettibili per il riconoscimento del trattamento economico correlato allo svolgimento di mansioni superiori, in accoglimento dell’appello il ricorso in primo grado deve essere disatteso, con assorbimento di ogni altra questione, irrilevante ai fini decisori.
6. Si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (Ricorso n. 3331 del 2001), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso in primo grado (Ricorso n. 240 del 2000 T.A.R.-Veneto); dichiara le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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