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Cass. pen. Sez. V, (ud. 15-11-2007) 18-12-2007, n. 46923
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
NARDI Domenico - Presidente
Dott. SCALERA Vito - Consigliere
Dott. DI
TOMASSI Mariastefania - Consigliere
Dott. BRUNO Paolo Antonio -
Consigliere
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) B.G. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 02/02/2006 TRIB. SEZ. DIST. di FAENZA;
visti gli
atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la
relazione fatta dal Consigliere Dott. DIDONE ANTONIO;
Udito il
Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha
concluso per l'inammissibilità;
udito il difensore di P.C. Avv.
TERRANOVA Giorgio, in sostituzione avv. VELGIMIGLI.
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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
B.G. ricorre per cassazione contro la sentenza del Tribunale
di Ravenna - sezione distaccata di Faenza - del 2 febbraio 2006 che ne
ha confermato la dichiarazione di responsabilità nonchè la condanna al
risarcimento del danno in favore della parte civile per il reato di cui
all'art. 595 c.p., comma 2, per avere, comunicando con più persone con
l'esposto presentato presso il Commissariato di P.S. di Faenza, offeso
l'onore e il decoro di D. D., con le seguenti affermazioni: totale
incompetenza nello svolgimento delle mansioni di collaboratore
dell'amministratore del condominio; aver fatto "buttar via soldi" a
tutti i condomini, avere nascosto alcune anomalie dell'impianto
elettrico ponendo in pericolo l'incolumità della collettività, cercando
con "palesi distorsioni della verità" di "intimorirlo", dire "menzogne"
qualificando altresì il D. con epiteti del tipo "voltagabbana", ed
infine riferendosi alle mansioni svolte dal D., affermando "che c'è e
ci sarà del losco da scoprire".
Con il primo motivo il ricorrente
denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
deducendo, in sintesi, che: "nè le frasi usate nè le parole indicate
appaiono "socialmente interpretabili come offensive"; peraltro il
termine "voltagabbana" è entrato di diritto nel linguaggio corrente
usato frequentemente sia nei talk show televisivi sia in articoli
giornalistici per rappresentare e meglio configurare colui o coloro che
mutano improvvisamente opinione, mentre per gli altri vocaboli non
appare configurabile la capacità in re ipsa, di offendere il decoro e
l'onore della costituita parte civile: ne "incompetente", per essere lo
stesso Dotti autore dell'espressione, riferendola a se stesso e
definendosi tale, in assemblea condominiale; ne "buttar via soldi" in
quanto emerso dal dibattimento e dai fatti, che il condominio aveva
affrontato i costi per adeguare l'impianto elettrico senza ottenere la
prestazione a regola d'arte (significativa la circostanza incontrastata
che, l'elettricista esecutore dell'opera, provvedeva a reiterarla senza
alcun onere) eppertanto episodio vero, reale, incontestato; "c'è e ci
sarà del losco da scoprire" in quanto mere considerazioni".
Con il
secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione
alla ritenuta offensività delle frasi riportate nell'imputazione nonchè
in ordine alla dedotta insussistenza dell'elemento della comunicazione
con più persone perchè lo scritto era diretto al solo ispettore M..
Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile perchè proposto per
motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque
manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo - rubricato come
violazione di legge ma contenente, in realtà censure relative alla
motivazione della sentenza impugnata - va rilevato che in tema di
diffamazione, la valutazione del contenuto diffamatorio di uno scritto
rientra nel potere del giudice di merito ed è incensurabile in sede di
legittimità, se congruamente motivata (Sez. 5^, sent. n, 6924 del
2001).
In particolare, va ricordato che "il significato delle parole
dipende dall'uso che se ne fa e dal contesto comunicativo in cui si
inseriscono. Per questa ragione, quando il giudizio penale richiede
l'interpretazione di fatti comunicativi, le regole del linguaggio e
della comunicazione costituiscono il criterio di inferenza (premessa
maggiore) che, movendo dal testo della comunicazione (premessa minore),
consente di pervenire alla conclusione interpretativa.
Sicchè le
valutazioni del giudice del merito sono censurabili solo quando si
fondino su criteri interpretativi inaccettabili (difetto della
giustificazione esterna) ovvero applichino scorrettamente tali criteri
(difetto della giustificazione interna). La stessa individuazione del
contesto comunicativo che contribuisce a definire il significato di
un'affermazione, invero, comporta una selezione dei fatti e delle
situazioni rilevanti, che è propria del giudizio di merito. E, quando
l'interpretazione del significato di un testo è sorretta da un'adeguata
motivazione, essa è incensurabile nel giudizio di legittimità (Cass.,
sez. 5^, 11 febbraio 1997, La Rocca, m. 207862).
Ciò premesso in via
generale, va rilevato che nella concreta fattispecie non merita censura
alcuna la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto offensive
le parti dell'esposto riportate nell'imputazione dopo avere accertato -
con valutazione in fatto non censurabile in questa sede perchè operata
alla luce del testimoniale raccolto - la non corrispondenza a verità di
quanto asserito nello scritto.
In particolare, è appena il caso di
sottolineare che il significato del termine "voltagabbana", nei
dizionari correnti, è riferito a chi cambia opinione disinvoltamente e
con leggerezza per opportunismo e secondo le convenienze. Sì che non si
può convenire con il ricorrente sull'asserito rispetto del criterio
della continenza delle frasi riportate nell'imputazione.
Quanto al
secondo motivo, la manifesta infondatezza dello stesso discende
dall'adeguata motivazione sul punto della sentenza impugnata, nella
parte in cui sottolinea che l'imputato ha consegnato il suo esposto al
Commissariato di P.S., con la conseguente possibilità di propalazione a
più persone del contenuto dello stesso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonchè alla rifusione delle spese del presente grado del
giudizio sostenute dalla parte civile che si liquidano in Euro 2.500,00
comprensivi di onorari e diritti oltre accessori come per legge.
Così
deciso in Roma, il 15 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 18
dicembre 2007
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