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giovedì 24 ottobre 2013

Cassazione: IL “RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE” DEVE AVERE AMPI POTERI ORGANIZZATIVI E DI SPESA –


Nuova pagina 1



Cass.
pen. Sez. IV, (ud. 06-12-2007) 08-02-2008, n. 6277


REPUBBLICA
ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PUBBLICO MINISTERO PRESSO TRIBUNALE
di BOLZANO;

nei confronti di:

1) O.A. N. IL (OMISSIS);

2) L.K. N. IL
(OMISSIS) ;

avverso SENTENZA del 23/05/2006 TRIBUNALE di BOLZANO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA
la relazione fatta dal Consigliere Dott.

Udito il
Procuratore Generale in persona del Dott. che ha
concluso per l'annullamento con rinvio;

udito il difensore avv. Di
Mattia Salvatore, quale Sostituto Processuale dell'avv. che
conclude per il rigetto del ricorso del P.M..


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA

O.A. e L.K., imputati, il primo nella qualità di
legale rappresentante della ditta XYXYXY s.p.a. ed il secondo in
quella di direttore ed addetto alla sicurezza sul lavoro, del delitto
di lesioni colpose gravi avvenute in data 26/7/2002 in danno
dell'operaio-dipendente O.W., mentre costui, effettuando con l'aiuto di
un collega lo spostamento manuale di una porta di peso elevato e
perdendo la presa, veniva colpito alla gamba destra, sono stati, con
sentenza del 23/5/2006, assolti dal Tribunale di Bolzano, in
composizione monocratica, con la formula per non aver commesso il
fatto.

Il giudice di merito ha ritenuto in sentenza provata la
materialità del fatto, in quanto la movimentazione manuale di un carico
ingombrante e pesante, quale quello rappresentato, nel caso di specie,
dalla porta, costituiva omessa osservanza della contestata disposizione
antinfortunistica di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 48; tuttavia,
ha asserito che tale violazione sarebbe ascrivibile non agli imputati
nelle rispettive qualità, bensì a tale F. R., il quale, all'epoca del
fatto, era stato designato dal datore di lavoro responsabile del
servizio di prevenzione e protezione per lo stabilimento di (OMISSIS)
in cui è avvenuto l'infortunio.

Avverso tale sentenza ha, ai sensi
dell'art. 569 c.p.p., comma 1, proposto ricorso per cassazione per
saltum, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano
deducendo a sostegno violazione di legge, per avere il giudice di
merito, interpretando erroneamente le disposizioni di cui al D.Lgs. n.
626 del 1994, artt. 4 ed 8, ritenuto che fosse sufficiente a
giustificare l'esenzione da responsabilità degli imputati, il solo
fatto che il datore di lavoro avesse designato un responsabile del
servizio di prevenzione degli infortuni per lo stabilimento di
(OMISSIS), nella persona di F.R..

Il ricorso è meritevole di
accoglimento.

Fermo restando la prova, perchè ritenuta dal primo
giudice pacificamente acquisita, sulla materialità del fatto e sul
rapporto di causalità tra violazione della specifica disposizione
antinfortunistica ed evento, la doglianza del ricorrente sulla
questione della attribuzione della condotta colposa coglie, infatti,
nel segno.

Nella fattispecie, il primo giudice, ha, escluso tout court
la responsabilità penale del datore di lavoro e del dirigente addetto
alla sicurezza del lavoro, avendo incentrato prevalentemente la sua
attenzione sulla deduzione difensiva, con la quale era stata
prospettata la possibilità di configurare nel caso in esame l'esenzione
da responsabilità del datore di lavoro in forza della designazione di
un responsabile del servizio di prevenzione, fatta per lo stabilimento
di (OMISSIS) dal datore di lavoro, nella persona del F..

In tal modo
procedendo, il giudice di merito ha finito per accogliere quella
deduzione difensiva, mostrando di non aver tenuto in considerazione,
come avrebbe dovuto, il principio giuridico secondo cui, tra i
destinatari iure proprio delle norme dettate in materia di prevenzione
degli infortuni sul lavoro dal D.P.R. n. 547 del 1955, sono compresi,
tra gli altri, il datore di lavoro ed il dirigente e che quest'ultimo
non si sostituisce, di regola, alle mansioni dell'imprenditore, del
quale condivide, secondo le loro reali incombenze, oneri e
responsabilità1 in materia di sicurezza del lavoro: a meno che, da
parte del titolare dell'impresa, sia avvenuta, non soltanto la nomina
nel suddetto ruolo (di Dirigente) di persona qualificata e capace, ma
anche il trasferimento alla stessa di tutti i compiti di natura
tecnica, con le più ampie facoltà di iniziativa e di organizzazione
anche in materia di prevenzione degli infortuni, con il conseguente
esonero, in caso di incidente, da responsabilità penale del datore di
lavoro.

Quella deduzione difensiva ha accolto, non considerando,
altresì, che il documento prodotto dalla difesa non poteva svolgere la
funzione di delega utile ai fini dell'esenzione del datore di lavoro da
responsabilità, trattandosi, invece, di designazione - ai sensi del D.
Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 4, comma 4 lett. a), - del F.
quale responsabile del servizio prevenzione e protezione, per
l'osservanza dei compiti previsti dal successivo art. 9, figura
sprovvista, come è stato accertato, di quei ampi ed autonomi poteri di
spesa ed organizzativi in materia di prevenzione degli infortuni,
ritenuti indispensabili ai fini dell'esonero da responsabilità del
datore di lavoro.

Va considerato, scendendo al particolare, che, ai
sensi del disposto di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 4,
lett. a), il datore di lavoro designa il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e che i compiti di detto responsabile sono
dettagliatamente elencati nel successivo art. 9 e, tra essi, rientra
l'obbligo dell'individuazione dei fattori di rischio e delle misure di
prevenzione da adottare.

Nel fare ciò, il responsabile del servizio
opera per conto del datore di lavoro, il quale è persona che
giuridicamente si trova nella posizione di garanzia, poichè l'obbligo
di effettuare la valutazione e di elaborare il documento contenente le
misure di prevenzione e protezione, in collaborazione con il
responsabile del servizio, fa capo a lui in base al citato D.Lgs., art.
4, commi 1, 2 e 6 tanto è vero che il medesimo decreto non prevede
nessuna sanzione penale a carico del responsabile del servizio, mentre,
all'art. 89 punisce il datore di lavoro per non avere valutato
correttamente i rischi.

Il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di
lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come
pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione
dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha
scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze
del primo è chiamato comunque a rispondere.

Orbene, secondo lo schema
originario del decreto, il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione è figura che non si trova in posizione di garanzia e non
risponde delle proprie negligenze, in quanto la responsabilità fa capo
al datore di lavoro.

Senonchè tale schema originario ha subito nel
tempo una evoluzione, che ha indotto il legislatore ad introdurre con
il D.Lgs. n. 195 del 2003 una norma (con l'art. 8 bis) che prevede la
necessità in capo alla figura del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione di una qualifica specifica.

La modifica
normativa ha comportato in via interpretativa una revisione della
suddetta figura, nel senso che il soggetto designato responsabile del
servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione
di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorchè sia privo di poteri
decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi
di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente
riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto
l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere, nel sistema
elaborato dal legislatore, che alla segnalazione avrebbe fatto seguito
l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative
idonee a neutralizzare detta situazione.

Quanto sopra vale a
destituire di giuridico fondamento l'assunto del primo giudice che la
designazione da parte dell' O., legale rappresentante di
un'organizzazione aziendale complessa e difficilmente controllabile, di
un responsabile del servizio di prevenzione nello stabilimento di
(OMISSIS), possa, di per sè, rendere esente da responsabilità il datore
di lavoro; ma esenzione di tal fatta, in virtù della medesima
designazione, non può essere validamente sostenuta nemmeno in favore
dell'altro imputato, L. K., investito della carica di Dirigente
dell'azienda, addetto alla sicurezza del lavoro.

Il tema della
dirigenza merita alcune puntualizzazioni in diritto dopo l'entrata in
vigore del D.Lgs. n. 626 del 1994.

Il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4
non consentiva riserve sull'essere il dirigente destinatario delle
norme antinfortunistiche, disponendo la lett. a) che i datori di
lavoro, i dirigenti e i preposti che esercitano, dirigono o
sovrintendono alle attività indicate all'art. 1, devono nell'ambito
delle rispettive attribuzioni e competenze, attuare le misure di
sicurezza previste nel presente decreto.

Attuazione che, nel caso di
attribuzioni e di competenze con autonomia di spesa, non poteva non
comprendere anche l'obbligo di adeguare alle specifiche disposizioni
antinfortunistiche (D.Lgs. n. 626 cit., art. 48) lo spostamento manuale
dei carichi pesanti;

attuazione, invece, che, in mancanza di detta
autonomia o in presenza di una relativa autonomia, che non consentisse
se non determinati, limitati, interventi, imponeva al dirigente di
segnalare al datore di lavoro le inadempienze alle norme
antinfortunistiche, chiedendone il rispetto o chiedendo le risorse per
adempiervi personalmente, salvo, ovviamente, il caso della delega delle
funzioni, la quale, facendo del dirigente l'alter ego del datore di
lavoro a tutti gli effetti, non avrebbe potuto non prevedere anche
un'adeguata autonomia finanziaria.

Il D.P.R. n. 626 del 1994, art. 4
nella formulazione originaria, distingueva tra gli obblighi indirizzati
al solo datore di lavoro ed obblighi posti congiuntamente a carico di
quest'ultimo e dei dirigenti e preposti, disponendo, nel comma 5, -
analogamente a quanto previsto dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4 - che
"il datore di lavoro, il dirigente e il preposto esercitano, dirigono o
sovrintendono le attività indicate all'art. 1 nell'ambito delle
rispettive attribuzioni e competenze, adottando le misure necessarie
per la sicurezza e la salute dei lavoratori"; disposizione seguita da
un nutrito elenco di ipotesi di intervento.

Ma, il successivo D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242, ha abolito la distinzione tra obblighi
indirizzati al solo datore di lavoro ed obblighi posti congiuntamente a
carico di quest'ultimo e dei dirigenti e preposti, quasi a voler
individuare nel datore di lavoro l'unico destinatario di tutti i
precetti indirizzati al vertice gestionale dell'azienda o dell'ente.

Infatti, nell'enunciazione specifica del contenuto dei precetti da
osservare, è stato eliminato ogni riferimento al dirigente, riportando,
invece, sotto l'art. 1, comma 4 bis, la disposizione generale, secondo
cui il datore di lavoro che esercita le attività soggette alla
normativa prevenzionale e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e
competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le
stesse attività, sono tenuti al rispetto di tutte le regole dettate
dalla disciplina prevenzionale, quasi a voler evidenziare, con questa
diversa collocazione della norma, il suo precipuo carattere di criterio
di massima, destinato essenzialmente a riconoscere e ad autorizzare la
piena delegabilità della stragrande maggioranza degli obblighi
prevenzionali, eccezione fatta per quel ristretto nucleo di compiti
prioritari espressamente indicati nel medesimo art. 1, comma 4 ter.

La
dottrina - preso atto della eliminazione, dall'art. 4, della
distinzione contenuta nel comma 5 e del trasferimento di quest'ultima
disposizione, nella prima sua parte, nell'art. 1, comma 4 bis - si è
chiesta quale sia il significato di tale variazione in apparenza solo
topografica: si è chiesta, cioè, se tale variazione sia mera questione
di tecnica legislativa, senza conseguenze sostanziali, ovvero sia un
cambiamento di impostazione con notevoli riflessi sul piano sia teorico
che pratico.

Se, in sostanza, l'innovazione stia a significare
l'adesione del legislatore del 1996 alla teoria dell'ontologica
inscindibilità della posizione di garanzia dalla qualifica di datore di
lavoro, con la conseguenza di ritenere che, senza una valida delega di
funzioni, non possa sorgere nessuna responsabilità nè del dirigente, nè
del preposto, perchè su di loro non graverebbe iure proprio alcun
obbligo prevenzionale" o se l'innovazione stia, invece, a significare
che la modifica operata sul punto abbia semplicemente ripristinato la
vecchia e sperimentata formula contenuta nel D.P.R. n. 547 del 1955 -
art. 4 - e anche nel D.P.R. n. 303 del 1956, secondo cui i
collaboratori del datore di lavoro sono, al pari di quest'ultimo, da
considerare, per il fatto stesso di essere inquadrati come dirigenti o
preposti e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze,
destinatari iure proprio dell'osservanza dei precetti
antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega ad
hoc. La scelta tra le due tesi, ad avviso di questo Collegio, non può
che cadere sulla seconda di esse. Sembra, invero, potersi affermare,
innanzitutto, che è la stessa formulazione della norma - negli stessi,
pressochè identici, termini usati dal D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4 -
che consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i
dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche ture
proprio, prescindendo dalla eventuale delega.

E ciò anche alla luce
della storia dell'applicazione delle norme antinfortunistiche,
successiva all'entrata in vigore del D.P.R. n. 547 del 1955, storia che
insegna che la ragionevole articolazione del potere di intervento iure
proprio e, quindi, l'attribuzione di questo potere ai dirigenti e ai
preposti, quotidianamente presenti nel luogo di lavoro e, pertanto, a
costante contatto dei lavoratori, non può, di norma, che rendere più
immediata e, quindi, più incisiva ed efficace la tutela
antinfortunistica.

In secondo luogo, è la stessa intestazione della
rubrica dell'art. 4 ("Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e
del preposto") che può far ritenere che per questi due ultimi soggetti
sia stata prevista una investitura originaria e non derivata dei doveri
di sicurezza, anche se il contenuto dell'art. 4, dopo le modifiche
apportate dal D.Lgs. n. 242 del 1996, elenca obblighi riferibili
unicamente al datore di lavoro, non dovendo, peraltro, trascurarsi che,
se è vero che l'art. 4 parla sempre e soltanto del datore di lavoro, è
pur vero che l'art. 89, dedicato alle sanzioni per le contravvenzioni
commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti, prevede, nel comma 2,
che anche il dirigente, oltre che il datore di lavoro, possa essere
punito per la violazione dell'art. 4, comma 5, lett. b), d), e), h),
l), n), q) e ciò, nonostante che il dirigente non sia nominato
nell'art. 4. Ed è sufficiente, peraltro, scorrere il contenuto di
queste disposizioni per cogliere che il dirigente è investito di
dettagliate responsabilità in tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro. Consegue da tutto ciò che anche il L., dirigente della XYXYXY
A.G. con compiti attinenti anche alla sicurezza sul lavoro, doveva
ritenersi destinatario delle norme antinfortunistiche iure proprio,
sicchè egli aveva l'obbligo di vigilare e provvedere alla eliminazione
dei rischi connessi alla movimentazione manuale dei manufatti
ingombranti e pesanti o, quanto meno, anche a mezzo di informazione
diretta del problema al datore di lavoro, interessarsi perchè altri
provvedesse, specialmente nel momento in cui ne è venuto a conoscenza,
alla eliminazione di quei rischi per la salute dei lavoratori.

Il
giudice di rinvio, individuato ex art. 569 c.p.p., comma 4, nella Corte
di Appello di Trento, procederà a nuovo esame, tenendo conto dei
principi giuridici sopra affermati.

P.Q.M.
Annulla la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Trento.

Così deciso in
Roma, nella pubblica udienza, il 6 dicembre 2007.

Depositato in
Cancelleria il 8 febbraio 2008




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