Cass. civ. Sez. lavoro, 02-03-2006, n. 4605
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore - Presidente
Dott. SPANO' Alberto - rel. Consigliere
Dott. CELENTANO Attilio - Consigliere
Dott. CELLERINO Giuseppe - Consigliere
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
-- ricorrente -
contro
-- intimato -
avverso la sentenza n. 188/2002, decisa il giorno
14 febbraio 2002 e pubblicata il giorno 8 marzo 2002, resa dalla Corte
d'Appello di Palermo nel procedimento n. 357/2001 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella
Pubblica udienza del 22 novembre 2005 dal relatore Cons. Dott. Alberto
Spanò;
udito il P.M. che, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. GAETA Pietro, ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 700 c.c., in data 18
ottobre 1999 T. P. chiedeva al Pretore di Agrigento in funzione di
Giudice del Lavoro l'adozione dei provvedimenti di urgenza idonei ad
assicurare gli effetti della decisione sul merito, in relazione a
sanzione disciplinare della sospensione per mesi sei a lui applicata con
decreto dell'Assessore alla Presidenza della Regione Sicilia, sua
datrice di lavoro.
Il Giudice adito ordinava la reimmissione in
servizio ma, in esito al giudizio di merito, rigettava la domanda con
sentenza in data 5 dicembre 2000.
Interponeva appello il T. e in esito il gravame
veniva rigettato con sentenza n. 188/2002, emessa in data 14 febbraio -
8 marzo 2002 dalla Corte d'Appello di Palermo.
La decisione veniva così motivata, per quanto
ancora rileva in questa sede.
Osservava la Corte Territoriale che il decorso di
90 giorni dall'ultimo atto del procedimento non si era verificato e
perchè la contestazione degli addebiti era avvenuta solamente in data 20
ottobre 1998, non potendosi tener conto di precedente lettera di
richiamo, e perchè l'interessato aveva interrotto il decorso del termine
presentando le proprie giustificazioni in data 16 novembre 1998.
Osservava ancora che nessun effetto poteva avere
l'indicazione di un titolo differente (comportamento in servizio o
doveri verso il superiore) poichè il fatto era sempre stato indicato in
modo preciso e tale da consentire la difesa.
Osservava infine che la sanzione appariva
proporzionata alla gravità del fatto.
Avverso la sentenza, che dalla copia autentica
versata in atti da parte ricorrente non risulta notificata, propone
ricorso per Cassazione T.P., con atto notificato in data 16 dicembre
2002, sulla base di tre motivi. L'Assessorato è rimasto intimato.
Motivi della decisione
Col primo motivo si denuncia, con riferimento
all'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del DPR 10 gennaio 1957,
n. 3, artt. 103 e 120, sotto due distinti e autonomi profili. Si segnala
anzitutto che dalla lettera 15 luglio 1997, con la quale venivano
trasmessi gli atti agli uffici competenti per l'applicazione di
provvedimento più gravi della censura, alla nota 20 ottobre 1997 di
contestazione degli addebiti sono trascorsi oltre 90 gg. Si osserva
ancora che la lettera di giustificazioni non vale a spostare il termine
di gg. 90 il cui inutile decorso provoca l'estinzione del procedimento
disciplinare.
Sotto il primo profilo la censura non appare
fondata. Invero il ricorrente non indica gli atti della fase di merito
dai quali risulti essere stata prospettato il decorso del termine de quo
rispetto alla lettera 15 luglio 1997, cui non è cenno di sorta nella
denunciata sentenza.
Per effetto del noto principio di
autosufficienza, nel ricorso per Cassazione deve essere offerto ogni
elemento idoneo alla decisione al Giudice di legittimità, che, per i
limiti della sua cognizione, non può accertare direttamente la verità
delle affermazioni delle parti o il contenuto degli atti (memorie o
documenti) ove l'argomento sarebbe stato introdotto o trattato. Si deve
dunque considerare il rilievo come nuovo e introdotto per la prima volta
nel giudizio di legittimità. Lo stesso non può quindi trovare ingresso
in questa sede poichè "nel giudizio di Cassazione, che ha per oggetto
solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del
processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili
nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli
dedotti nel giudizio di merito, tranne che non si tratti di questioni
rilevabili di ufficio o, nell'ambito delle questioni trattate, di nuovi
profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi
elementi di fatto dedotti" (Cass. civ., sez. 2^, 13 luglio 1996, n.
6356, conformi ex pluribus, Cass. civ., sez. 1^, 22 gennaio 1998, n.
570, Cass. civ., sez. 1^, 12 febbraio 1998, n. 1496, Cass. civ., sez.
2^, 15 maggio 1998, n. 4900, Cass. civ., sez. 2^, 13 luglio 1996, n.
6356, Cass. civ., sez. lav., 29 marzo 1996, n. 2905, Cass. civ., sez.
lav., 29 marzo 1996, n. 2905, Cass. civ., sez. 2^, 13 febbraio 1996, n.
1084, Cass. civ., sez. lav., 25 novembre 1996, n. 10446, Cass. civ.,
sez. lav., 19 novembre 1996, n. 10111, Cass. civ., sez. 2^, 30 marzo
1995, n. 3810, Cass. civ., sez. lav., 17 dicembre 1994, n. 10834, Cass.
civ., sez. 1^, 24 aprile 1993, n. 4841).
E' invece fondato il secondo profilo poichè
l'estinzione del procedimento disciplinare interviene se non sia stato
compiuto alcun I atto nel periodo di 90 gg. E poichè le giustificazioni
dell'impiegato, fra l'altro soltanto facoltative, non costituiscono un
atto del procedimento, all'inerzia dell'amministrazione, protrattasi per
91 giorni, segue l'estinzione ai sensi del D.P.R. 10 gennaio 1957,
n. 3., art. 120, comma 1.
In questo senso C. Stato, sez. 4^, 17 dicembre
2003 n. 8296 ove si osserva che "la presentazione di giustificazioni da
parte del dipendente non vale ad interrompere il decorso dei termini
perentori, poichè in materia disciplinare i termini procedimentali di
decadenza possono essere interrotti solo dai provvedimenti posti in
essere dal competente apparato disciplinare, secondo le espresse
previsioni normative, e quindi idonei a permettere al dipendente
incolpato di prenderne visione ed eventualmente estrarne copia".
L'impugnata sentenza va dunque cassata in
relazione alla censura accolta.
Questa Corte può decidere nel merito, non essendo
necessario alcun accertamento di fatto atteso che dalle date che si
rilevano nella denunciata sentenza risulta che fra la lettera di
contestazione 20 ottobre 1998 e la trasmissione degli atti alla
Commissione di disciplina, avvenuta il 19 gennaio 1999, sono trascorsi
91 giorni. Si deve pertanto dichiarare estinto il procedimento
disciplinare e illegittima la sanzione disciplinare applicata.
Rimangono assorbiti i motivi secondo e terzo,
attinenti ad un mutamento dell'addebito nel corso del procedimento
disciplinare ed alla proporzione della sanzione inflitta rispetto al
fatto contestato.
Si ravvisano giusti motivi per compensare le
spese della fase di merito.
Per il giudizio di legittimità le spese,
liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie per quanto di ragione il primo
motivo, assorbiti gli altri.
Cassa l'impugnata sentenza in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, dichiara estinto il procedimento
disciplinare de quo e illegittima la sanzione disciplinare.
Compensa le spese dei giudizi di merito.
Condanna l'Assessorato intimato alle spese del
giudizio di legittimità liquidate in Euro 19,00 oltre Euro 2.500,00
(duemilacinquecento,00) per onorario, oltre spese generali ed accessori.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2006
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