(AGI) - Roma, 27 giu. - Non solo Matteo Salvini. Anche Donald Trump ha un problema con una capitana. Diverso da quello del ministro dell'Interno italiano e del caso Seawatch, ma ugualmente clamoroso. La capitana in questione e' Megan Rapinoe, star della nazionale di calcio a stelle e strisce favorita per l'oro ai Mondiali (dopo quelli del 2015), gay dichiarata, dal 2015 nel 'Gay and Lesbian Sports Hall of Fame', paladina dei diritti di tutte le minoranze, seguace del movimento Colin Kaepernick, il giocatore di football che per primo, tre anni fa, s'e' inginocchiato e non ha cantato l'inno americano che viene intonato al via di tutte le gare, per protestare contro le ingiustizie e le oppressioni subite dalla minoranza nera negli Stati Uniti. Alla vigilia dei Mondiali che vedono gli Usa favoriti, Megan ha lanciato il sasso nello stagno: "Non so se cantero' mai piu' l'inno nazionale, ne' mi mettero' la mano sul cuore". E durante i Mondiali ha tenuto fede alla promessa, rimanendo con gli occhi chiusi, mane eretta accanto alle compagne - senza inginocchiarsi, come ha imposto la Federcalcio Usa - ma senza cantare l'inno come il resto della squadra. Anche se magari lo fa nel profondo del suo io. Perche' i suoi dirigenti, adeguandosi alle altre federazioni, sotto le pressioni e le minacce economiche della Casa Bianca, stati duri, intransigenti, a dispetto della protesta di Megan. "Usando come difesa il lenzuolo del patriottismo contro la protesta e' una codardia da parte della NFL. E la decisione della Federcalcio Usa di imporre una regola - senza parlare con me - e' la stessa cosa. Come questo non accettare il dibattito e cercare di fermarmi senza, invece, quantomeno, parlarne, e cercare una soluzione che accontenti tutti". (AGI)Mim/Cau (Segue) 11:53 27-06-19
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