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martedì 28 maggio 2013

Cassazione: Permesso di parcheggio per invalidi in copia fotostatica - integra reato




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Permesso di parcheggio per invalidi in copia fotostatica - integra  reato

FALSITA' IN ATTI
Cass. pen. Sez. V, (ud. 07-02-2006) 24-03-
2006, n. 10391


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.
mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIZZUTI Giuseppe - Presidente

Dott.
MARINI Lionello - Consigliere

Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere

Dott. ROTELLA Mario - Consigliere

Dott. NAPPI Aniello - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

1) ...OMISSISVLD.... N. IL
(OMISSIS);

avverso SENTENZA del 29/11/2004 CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;

udita in PUBBLICA
UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARINI PIER FRANCESCO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Monetti Vito, che
ha concluso per rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv.to Palazzo
Gaetano, nel foro di Roma, per il ricorrente, aveva chiesto
l'accoglimento del ricorso (in subordine deducendo la prescrizione del
reato).

La Corte:


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA

Con sentenza 29.11.2002, e per la parte che qui
interessa, il Tribunale di Firenze condannava ...OMISSISVLD.... alla pena (sospesa)
di mesi 2 di reclusione in ordine al delitto di cui all'art. 489 cod.
pen. con riferimento all'uso di due false copie del permesso di
parcheggio per invalidi rilasciato dal Comune di Impruneta al coniuge V.
M.P. (fatto commesso in data 9.11.1998). Investita del gravame
dell'imputato, la Corte di Appello di Firenze, con sentenza 29.11.2004,
confermava integralmente la pronuncia di primo grado.

Propone ricorso
per Cassazione l'imputato, con atto personalmente sottoscritto,
deducendo: 1) violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1 lett. c) in
relazione all'art. 179 c.p.p., comma 1 e art. 598 c.p.p., sul rilievo
che la sentenza sarebbe stata emessa in esito ad udienza alla quale il
difensore, Avv.to Claudia Scapini, sarebbe stato di fatto impedito di
partecipare per il fatto che la causa non era stata chiamata
dall'ufficiale giudiziario e l'aula dell'udienza era rimasta chiusa
dopo la trattazione di altro procedimento in Camera di consiglio; 2)
erronea applicazione dell'art. 489 cod. pen. in relazione all'art. 606
c.p.p., comma 1, lett. b), sia perchè la riproduzione integrale del
documento originale (fotocopia) non configurerebbe falso documentale
sia perchè, comunque, avrebbe fatto difetto l'uso punibile, non essendo
uscito l'atto dalla sfera individuale del soggetto e non avendo
comunque prodotto l'utilizzo effetti giuridicamente rilevanti.

Il
ricorso non può trovare accoglimento, stante l'infondatezza di tutti i
motivi.

Quanto al primo motivo, invero, risulta dal verbale
dell'udienza 29.11.2004 che: a) venne nominato, in assenza del
difensore di fiducia o del sostituto processuale, un difensore di
ufficio in persona dell'Avv.to F. Del Pasqua; b) sentita la relazione e
acquisite le conclusioni delle parti nell'aula aperta al pubblico,
venne data lettura del dispositivo; c) letto il dispositivo, comparve
l'Avv.to Scapini ottenendo si verbalizzasse la sua dichiarazione nel
senso che la causa non era stata chiamata; d) il Giudice diede atto che
il commesso non ricordava di avere chiamato la causa in assenza
dell'ufficiale giudiziario incaricato, avendo prestato attività anche
per altra sezione penale.

Tali le risultanze, deve da un lato
escludersi che il procedimento sia stato trattato, come sostenuto dal
ricorrente, con il rito camerale, anzichè nelle forme della udienza
pubblica, "sulla scia" di una precedente trattazione in camera di
consiglio; la circostanza è negata sia dal fatto di nomina di un
difensore di ufficio che non si assume essere il medesimo già presente
in aula per la trattazione del primo procedimento, sia perchè, e
decisivamente, dal fatto che il verbale dell'udienza - cui la
sottoscrizione del pubblico ufficiale che l'ha redatto attribuisce
pubblica fede - reca l'indicazione della costante osservanza della
norma in materia di pubblicità dell'udienza dibattimentale ex art. 471
c.p.p., comma 1;

indicazione che la verbalizzazione a richiesta del
difensore non corregge minimamente, dandosi ivi atto unicamente della
difficoltà del commesso di ricordare se la causa fosse stata o meno
chiamata. E, quanto a tale ulteriore circostanza, deve pure essere
ricordato che nè il citato art. 471 nè il D.M. 30 settembre 1989, n.
334, art. 21 (Regolamento per l'esecuzione del codice di procedura
penale) prescrivono che tra le funzioni dell'ufficiale giudiziario
rientri quello di chiamare la causa; nella specie, del resto, la stessa
verbalizzazione rende conto dell'assenza di tale ausiliario, sostituito
con il commesso, di tal che è evidente come la mancata partecipazione
dell'Avv.to Scapini non è imputabile se non ad un difetto di attenzione
dello stesso legale (ed è legittima la nomina del difensore di ufficio
ex art. 97 c.p.p., comma 4).

Infondato è, parimenti, il secondo motivo
di impugnazione. Non ha pregio, anzitutto, l'assunto che, difettando il
documento dell'attestazione di corrispondenza all'originale, non si
configurerebbe falso documentale. La Corte Territoriale ha
incensurabilmente apprezzato il cartoncino del permesso di parcheggio
sequestrato all'imputato come "del tutto identico all'originale per
supporto, dimensioni, colore, forma, dati riportati e tipo di stampa e
tale, cioè, da non manifestarsi come fotocopia".

Risulta perfettamente
applicabile alla fattispecie, pertanto, l'insegnamento del Giudice di
legittimità secondo cui la riproduzione fotostatica di un documento
originale non integra il falso quando, nell'intenzione dell'agente e
nella valenza oggettiva, l'atto sia presentato come fotocopia, con la
conseguenza che se non ne è attestata la conformità all'originale, è
priva di rilevanza ed effetti anche penali; e che, per contro, la
fotocopia integra il reato di falsità materiale quando essa si presenta
non come tale ma con l'apparenza di un documento originale, atto a
trarre in inganno, in tal caso essendo evidente che "sarebbe un non
senso parlare di attestazione di conformità all'originale (Cass. Sez.
5^, 17.6.1996 n. 7717, Jacobacci; nonchè Cass. Sez. 5^, 15.4.1999 n.
7566, Domenici).

Donde l'inconducente rinvio del ricorrente a pronunce
della Suprema Corte, tutte in tema di atti, appunto, presentati come
fotocopie.

L'uso dell'atto falso, poi, risulta esattamente
individuato, in sentenza, nella esposizione del falso permesso su auto
parcheggiata nella ZTL, descrivendosi dunque una condotta certamente
idonea a fare uscire il documento dalla sfera individuale dell'agente
ed a proiettare all'esterno la sua capacità di determinare una
situazione giuridicamente rilevante per uno scopo conforme alla natura
dell'atto (il parcheggio nella ZTL, consentito solo ai titolari di
valido permesso); il rilievo che l'imputato disponesse di altra
autorizzazione al parcheggio non esclude certamente l'uso del documento
falsificato, nè può minimamente formare oggetto di valutazione nella
presente sede di legittimità l'assunto (neppure si dice formulato in
sede di merito) secondo cui il documento sarebbe stato "appoggiato, per
mera dimenticanza, sul cruscotto dell'auto".

Incensurabile, pertanto,
il giudizio di colpevolezza ex art. 489 cod. pen. (non avendo
l'imputato concorso nella contraffazione, imputabile, secondo il
Giudice di merito, al coniuge V.M. P. nei cui confronti la sentenza di
primo grado ha statuito ex art. 150 cod. pen.). Deve infine respingersi
la subordinata richiesta, formulata in udienza, intesa alla
declaratoria di prescrizione del reato ai sensi degli artt. 157 e 160
come modificati dalla L. n. 251 del 2005, stante la preclusione per i
processi già pendenti avanti la Corte di Cassazione fissata al comma 3
dell'art. 10 stessa Legge;

il reato (commesso in data 9.11.1998) si
prescriverà, per il decorso del termine massimo di anni sette e mesi
sei, soltanto alla data del 9.5.2006.

Conclusivamente, il ricorso deve
essere rigettato; con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così
deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 7 febbraio 2006.

Depositato
in Cancelleria il 24 marzo 2006


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c.p. art. 489

 

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