SENTENZA N. 158
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8
marzo 2000, n. 53), promosso con ordinanza del 10 luglio 2006 dal
Tribunale di Cuneo sul ricorso proposto da I.C. contro il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, iscritta al n. 544 del
registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2006.
Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2007 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto in fatto
1.- Il
Tribunale di Cuneo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza
del 10 luglio 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e
32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art.
42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo
2000, n. 53), «nella parte in cui non prevede il diritto del coniuge di
soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi
indicato».
1.1.- Il giudice rimettente premette, in punto di fatto, che oggetto del giudizio a quo è
una controversia di lavoro promossa da un dipendente di un istituto di
istruzione superiore, con contratto a tempo determinato, nei confronti
del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per
ottenere il riconoscimento del diritto al congedo straordinario
retribuito previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001,
motivato dalla necessità di assistere la moglie in situazione di
disabilità grave ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 3, della legge 5
febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate).
Riferisce, in particolare, il rimettente che la domanda di congedo in
questione è stata respinta dall’amministrazione dell’istituto ove il
ricorrente presta servizio, sulla considerazione che il citato art. 42,
comma 5, non include il coniuge del disabile nel novero degli aventi
diritto a tale tipo di beneficio. E ciò, nonostante che, nel caso di
specie, il ricorrente risulti essere l’unico soggetto in grado di
assistere la moglie posto che del nucleo familiare fanno parte due
figlie minori e che la famiglia di origine della donna non risulta in
grado di prestarle alcun tipo di assistenza, essendo il padre deceduto,
la madre invalida al 74 per cento, e l’unica sorella non convivente
impegnata ad attendere alle incombenze della propria famiglia.
2.- In punto di diritto, il giudice a quo osserva che la ratio legis
del congedo straordinario retribuito e coperto da contribuzione
figurativa non risiederebbe nella sola tutela della maternità e della
paternità perseguita dal d.lgs. n. 151 del 2001 – ove è contemplata, oggi, la relativa disposizione (art. 42, comma 5) –,
ma si inscriverebbe nel più ampio disegno di tutela della salute
psico-fisica del disabile prefigurato dalla legge 8 marzo del 2000, n.
53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per
il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi
delle città), ove detta previsione era, in origine, collocata (art. 4,
comma 4-bis), accanto a quella relativa al congedo non retribuito (art. 4, comma 2), quest’ultimo spettante anche al coniuge del disabile.
Tale
previsione si collocherebbe, anzi, secondo il rimettente, nel contesto
della normativa a tutela dei disabili e, più specificatamente, della
legge n. 104 del 1992, la quale avrebbe «come finalità la garanzia del
pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia
della persona handicappata, la promozione della piena integrazione del
disabile nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società»,
predisponendo in suo favore servizi e prestazioni diretti alla
prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle minorazioni, nonché
alla sua tutela giuridica ed economica.
2.1.- A sostegno della correttezza dell’inquadramento giuridico dell’istituto suddetto, il giudice a quo richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 233 del 2005,
con la quale l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, è stato
definito norma diretta «a favorire l’assistenza al soggetto con handicap
grave mediante la previsione del diritto ad un congedo straordinario –
rimunerato in misura corrispondente all’ultima retribuzione e coperto da
contribuzione figurativa – che, all’evidente fine di assicurare
continuità nelle cure e nell’assistenza ed evitare vuoti pregiudizievoli
alla salute psico-fisica del soggetto diversamente abile, è
riconosciuto non solo in capo alla lavoratrice madre o in alternativa al
lavoratore padre ma anche, dopo la scomparsa, a favore di uno dei
fratelli o delle sorelle conviventi».
Sotto
altro profilo, sottolinea ancora il rimettente, la medesima pronuncia
avrebbe evidenziato che i fattori di recupero e di superamento
dell’emarginazione dei «soggetti deboli» sarebbero rappresentati non
solo dalle pratiche di cura e di riabilitazione, ma anche dal pieno ed
effettivo loro inserimento nella famiglia, considerato il fondamentale
ruolo da questa svolto nella cura e nell’assistenza dei disabili,
rispetto al quale l’istituto del congedo straordinario retribuito si
porrebbe quale specifico intervento economico integrativo di sostegno.
2.2.- Alla
luce di tali considerazioni, ad avviso del rimettente, risulterebbe
costituzionalmente illegittima l’esclusione del coniuge del disabile in
situazione di gravità dal novero dei soggetti beneficiari del congedo in
questione (genitori, o, in caso di loro scomparsa o totale inabilità,
fratelli o sorelle conviventi del disabile), per contrasto con gli artt.
2, 3, 29 e 32 della Costituzione.
2.3.-
In primo luogo, con specifico riferimento alla dedotta lesione
dell’art. 29 Cost., il giudice rimettente osserva che il mancato
riconoscimento del diritto al congedo straordinario retribuito al
coniuge del disabile in condizione di gravità determinerebbe
un’ingiustificata minore tutela del nucleo familiare proprio nei casi in
cui sarebbe più forte l’esigenza di garantire che il lavoratore
conservasse la medesima retribuzione nel periodo destinato
all’assistenza del consorte. É, infatti, verosimile che in tali casi –
come nella fattispecie oggetto del giudizio a quo – il coniuge
abile sia l’unico in grado di garantire il mantenimento economico, oltre
che del consorte che necessita di assistenza continuativa, anche degli
altri membri della famiglia.
2.4.-In
secondo luogo, l’attuale disciplina riserverebbe irragionevolmente un
trattamento deteriore al coniuge del disabile che versi in situazione di
gravità rispetto a quello assicurato al genitore, o, in caso di sua
impossibilità, ai fratelli e alle sorelle del disabile, in relazione
alla possibilità di adempiere ai doveri di assistenza e di cura del
proprio consorte (di cui all’art. 2 della Costituzione), in quanto detto
coniuge sarebbe posto di fronte all’alternativa fra prestare assistenza
a quest’ultimo, fruendo del congedo senza alcuna retribuzione – previsto dall’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000 –,
ovvero continuare a lavorare per assicurare allo stesso, nei limiti
delle proprie capacità, i mezzi economici di sostentamento e le cure
adeguate, mentre gli sarebbe negata ogni possibilità di intervento ai
fini dell’assistenza morale.
2.5.- In
terzo luogo, l’esclusione del coniuge del disabile dalla fruizione del
congedo straordinario retribuito determinerebbe anche una tutela del
disabile nell’esercizio del diritto alla cura e alla salute minore
rispetto a quella assicurata al disabile assistito dai genitori o, in
loro mancanza, dai fratelli conviventi.
3.-In punto di rilevanza, il rimettente afferma che nel giudizio a quo
il rifiuto dell’amministrazione dell’istituto scolastico di riconoscere
il congedo straordinario retribuito al ricorrente si fonda unicamente
sulla «attuale portata della norma» e sulla «limitata sfera applicativa
della stessa», cosicché l’eventuale accoglimento della questione
sollevata «consentirebbe al ricorrente di beneficiare del congedo da lui
richiesto».
Considerato in diritto
1.-Il
Tribunale di Cuneo, in funzione di giudice del lavoro, dubita della
legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella
parte in cui non prevede il diritto del coniuge di soggetto con
handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato»,
per contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione.
Ad
avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata,
riconoscendo il diritto al congedo straordinario retribuito
esclusivamente ai genitori della persona in situazione di disabilità
grave o, in alternativa, in caso di loro scomparsa o impossibilità –
dopo la sentenza n. 233 del 2005
di questa Corte – ai fratelli e alle sorelle con essa conviventi,
determinerebbe un ingiustificato trattamento deteriore di un soggetto,
il coniuge, tenuto ai medesimi obblighi di assistenza morale e materiale
nei confronti del consorte disabile. La disposizione denunciata, al
contempo, riserverebbe irragionevolmente una minor tutela sia al nucleo
familiare del disabile, rispetto a quella riservata alla sua famiglia di
origine, sia al diritto alla salute dello stesso, la cui realizzazione è
assicurata anche attraverso il sostegno economico della famiglia che lo
assiste.
2.- La questione è fondata.
2.1.- Ai fini del corretto inquadramento del dubbio di legittimità sollevato, occorre, preliminarmente, evidenziare la ratio legis
dell’istituto del congedo straordinario retribuito, alla luce dei suoi
presupposti e delle vicende normative che lo hanno caratterizzato.
2.2.- L’istituto in esame era stato originariamente contemplato dall’art. 4, comma 4-bis,
della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della
maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e
per il coordinamento dei tempi delle città), finalizzato alla
disciplina dei “congedi per eventi e cause particolari”. Lo stesso
istituto è stato successivamente regolato dall’art. 80, comma 2, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, contenente “Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2001)”, che ne ha ampliato i contenuti, accrescendo
significativamente il numero e la qualità delle forme di tutela
esistenti. In effetti, sulla base del combinato disposto delle due norme
sopra citate, si è attribuita la possibilità di fruire di un congedo di
durata analoga a quello previsto per gravi motivi familiari – assistito
dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima
retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa – ai lavoratori
dipendenti pubblici e privati, i cui figli si trovassero in situazione
di disabilità grave da almeno cinque anni; disabilità accertata con le
forme previste dagli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104
(Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate).
Detto
beneficio spettava, alle medesime condizioni ed in via alternativa,
anche ai fratelli o alle sorelle conviventi con il disabile in caso di
«scomparsa» dei genitori.
Sin
dal momento della sua introduzione, dunque, l’istituto in questione
mirava a garantire l’assistenza della persona con handicap grave già in
atto, pur limitando l’ambito di operatività del beneficio ai componenti
(genitori e, in caso di loro scomparsa, fratelli o sorelle) della sola
famiglia di origine del disabile.
A
seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto del
congedo straordinario fu collocato al comma 5 dell’art. 42 con la
rubrica «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con
modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”, riconosciuto a
prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della
situazione di disabilità grave.
2.3.-
Questa Corte ha già operato un primo vaglio dell’istituto del congedo
straordinario, come delineato a seguito delle richiamate vicende
normative, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 42,
comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva «il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap
in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato,
nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere
all’assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili» (sentenza n. 233 del 2005).
In tale occasione, si è sottolineato che il
congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici
integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico
dell’assistenza
della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta e
diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla
legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della
salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua
integrazione nella famiglia.
Risulta, pertanto, evidente che l’interesse primario cui è preposta la norma in questione – ancorché
sistematicamente collocata nell’ambito di un corpo normativo in materia
di tutela e sostegno della maternità e paternità –
è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e
nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare,
indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito.
2.4.- Sotto altro profilo, questa Corte ha più volte evidenziato la
centralità del ruolo della famiglia nella assistenza del disabile e, in
particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale
fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento
di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia
(si veda, fra le altre, la sentenza n. 350 del 2003).
2.5.-Alla
luce delle premesse sopra svolte, la norma censurata concernente il
trattamento riservato al lavoratore, coniugato con un disabile in
situazione di gravità e con questo convivente, omette di considerare, in
violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 della Costituzione, le situazioni
di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da
«rendere necessario un intervento assistenziale permanente,
continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione»
– secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 104 del 1992 –
che si siano realizzate in dipendenza di eventi successivi alla
nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, così
realizzando un inammissibile impedimento all’effettività della
assistenza e della integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo
familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in
questione è deputato a soddisfare.
La
norma censurata, infatti, esclude attualmente dal novero dei
beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo
questi, sulla base del vincolo matrimoniale ed in conformità
dell’ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto (art. 433 cod.
civ.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale
del proprio consorte; obblighi che l’ordinamento fa derivare dal
matrimonio.
Ciò
implica, come risultato, un trattamento deteriore del coniuge del
disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine.
2.6.-
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 42,
comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, nella parte in cui non
prevede al primo posto il coniuge del disabile «in situazione di
gravità», con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige
la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli
contemplati dalla norma.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella
parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri
congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con
«soggetto con handicap in situazione di gravità», il diritto a fruire
del congedo ivi indicato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2007.
vldmsm
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