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martedì 28 maggio 2013

Cassazione: 626/94 Cassazione Cause di non puniblità




Nuova pagina 1
CAUSE DI NON PUNIBILITA'
Cass. pen. Sez. III, (ud. 20-06-2006) 06-09-
2006, n. 29759


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.
mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITALONE Claudio - Presidente

Dott.
GRASSI Aldo - Consigliere

Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. SARNO Giulio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

...OMISSISVLD...., n.
(OMISSIS) e C.I. n. (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24 giugno 2005
della Corte d'Appello di Roma;

Udita la relazione fatta in pubblica
udienza dal Consigliere Dr. Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in
persona del S. Procuratore Generale Dott. Geraci Vincenzo che ha
concluso per l'inammissibilità del ricorso;

Uditi gli avvocati De
Simone Corrado di Latina per gli imputati e Marino Gaetano di Latina
per la parte civile.

La Corte osserva:


--------------------------------------------------------------------------------
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. ...OMISSISVLD.... n. (OMISSIS) e C.
I.n. A.2., erano imputati del reato p. e p. dagli artt. 590 e 583 c.p.
perchè, nelle rispettive qualità di Dirigente - Responsabile della
Produzione centro "A" della Società GOODYEAR - Stabilimento di Cisterna
di Latina - e di preposto Capo Area Produzione centro "A" della
medesima società, per imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza
delle norme sulla prevenzione infortuni ed in particolare: - il primo:
per aver omesso di dotare gli organi lavoratori della macchina HTT
(frenocastello) e le relative zone di operazione dei lavoratori di
idonei accorgimenti che non consentissero l'avviamento della macchina o
di parti di essa quando il dispositivo di freno (asola blocco freno)
non fosse alloggiato nell'apposito perno fisso di fermo; il secondo:
per aver omesso di attuare adeguate misure tecniche e organizzative
quali l'installazione, l'utilizzo, l'idonea manutenzione, la revisione
programmata ed il controllo tecnico funzionale del dispositivo di freno
al fine di garantire nel tempo i requisiti di sicurezza dello stesso
dispositivo e di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso
dell'attrezzatura di lavoro; non impedivano che il lavoratore
dipendente F.L. si infortunasse, così cagionando al medesimo lesioni
personali guarite in oltre 40 giorni, con l'indebolimento permanente
della funzione prensile della mano destra (in (OMISSIS)).

Con sentenza
del 22/2/12001 il Tribunale di Latina assolveva gli imputati:

2. A
seguito di impugnazione di quest'ultima, la Corte di Appello di Roma,
con sentenza in data 5/4/2002, riteneva il C. ed il C. responsabile del
reato di cui agli artt. 590 e 583 c.p., condannandoli alla pena di mesi
sei di reclusione con i benefici di legge, nonchè al risarcimento dei
danno in solido con la s.p.a. Good Year, responsabile civile, in favore
della parte civile F. L..

Rilevava la Corte territoriale che
quest'ultimo, nel manovrare una macchina il cui dispositivo di freno
era logorato, riportava lesioni al pollice della mano destra che ne
rendevano necessaria l'amputazione, in quanto, non essendosi inserita
l'asola nel perno, il freno era scattato indietro con un moto
improvviso che determinava il trauma al pollice.

3. Avverso questa
pronuncia proponevano ricorso per Cassazione gli imputati. Lamentavano
i ricorrenti, con un primo motivo, l'illogicità manifesta della
motivazione nella parte in cui si affermava che l'incidente si era
verificato con la macchina ferma, non posta in moto nè in automatico nè
in manuale, affermazione contraria alle regole della fisica e della
meccanica razionale, senza che la Corte avesse spiegato in che modo la
macchina cui il lavoratore era addetto, in mancanza di un suo movimento
e di altra forza motrice e propulsiva, avesse prodotto le lesioni al
F.;

con un secondo motivo si lamentava l'erronea applicazione della
legge 626/94 in quanto all'interno della Good Year il C. rivestiva
l'incarico di responsabile di produzione ed il C. di capo area
produzione, senza che risultasse in atti alcuna delega conferita loro
di competenze e responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro, di
tal che l'eventuale responsabilità doveva ricadere sul datore di lavoro
e non su di essi dipendenti, privi di delega di funzioni.

4. Con
sentenza in data 30/6/2004 la Corte di Cassazione annullava la sentenza
impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, altra sezione, per
nuovo esame. Osservava la Corte di Cassazione che la doglianza relativa
alla legittimazione degli imputati era infondata, in quanto,
contrariamente a quanto assunto dai ricorrenti, la posizione di
garanzia può sorgere a prescindere da un atto formale e la posizione
verticistica degli imputati lasciava chiaramente intendere le
responsabilità connesse alle mansioni, specie ove si considerasse che
la doglianza consisteva nell'affermazione che mancava la prova della
delega di funzioni. Era invece fondata l'altra doglianza, in quanto non
appariva conforme a logica ritenere, sia pure sulla scorta delle
dichiarazioni della persona offesa, ma in contrasto con le regole della
fisica, che l'incidente era accaduto con la macchina ferma: non si
spiegava altrimenti, nè la Corte distrettuale aveva fornito elementi
motivazionali atti a vincere il principio di logica comune, come mai in
mancanza di una energia che lo muovesse, di un impulso, il perno
potesse scattare producendo le note lesioni. La carenza di motivazione
sul punto imponeva, dunque, l'annullamento della sentenza con rinvio ad
altra sezione della Corte di Appello di Roma.

5. Con sentenza del
24/6/2005 quest'ultima Corte, quale giudice di rinvio, ha riformato
l'impugnata sentenza del Tribunale di Latina dichiarando l'estinzione
del reato.

Osserva la Corte territoriale che il reato ascritto agli
imputati si è estinto per prescrizione e va adottata la consequenziale
formula di non doversi procedere nei loro confronti non sussistendo gli
elementi di evidenza per il proscioglimento nel merito.

6. Avverso
questa pronuncia gli imputati propongono ricorso per Cassazione con tre
motivi. La parte civile ha depositato memoria.

Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo si
deduce la nullità della sentenza perchè mentre inizialmente nel capo di
imputazione era stato contestato l'uso di una macchina industriale
difettosa, successivamente era emerso chela macchina era ferma.

Con il
secondo motivo i ricorrenti criticano la sentenza impugnata che non ha
tenuto sufficientemente conto della deposizione S. da cui emergeva
l'esclusiva colpa del F..

Con il terzo motivo i ricorrente si dolgono
del fatto che illegittimamente l'impugnata sentenza si sarebbe
allontana dai principi affermati dalla sentenza rescindente.

2. Il
ricorso - i cui tre motivi possono essere trattati congiuntamente - è
infondato. Questa Corte (Cass., sez. 6^, 8 giugno 2004, Dolce) ha già
affermato - e qui ribadisce - che in presenza di una causa estintiva
del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di
assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p. solo nei casi in cui le
circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la sua rilevanza
penale e la non commissione del medesimo da parte dell'imputato
emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; tanto che
la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di
"constatazione" che a quello di "apprezzamento"; ed invero il concetto
di "evidenza", richiesto dall'art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone la
manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva, che
renda superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa
di più di quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia, oltre la
correlazione ad un accertamento immediato; ne consegue che gli atti dai
quali può essere desunta la sussistenza della "causa più favorevole"
sono costituiti unicamente dalla stessa sentenza impugnata, in
conformità ai limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1,
lett. e).

Nella specie questa situazione di assoluta evidenza della
non commissione da parte degli imputati dei comportamenti negligenti
loro addebitati è stata correttamente esclusa dalla Corte d'appello
nell'impugnata sentenza.

Ha in particolare rilevato la Corte
territoriale che - come era risultato in modo pacifico - sussisteva il
malfunzionamento di una componente del macchinario ed in particolare
l'usura del pezzo del freno che faceva si che si ricorresse ad una
approssimativa sua collocazione che fu, poi, causa del repentino
movimento del pezzo che colpì il F.. Significativo era il fatto che
l'USL competente avesse prescritto, seppur solo dopo il sinistro, di
porre rimedio alla medesima anomalia che si registrava in più
macchinari.

La persona offesa aveva avvertito chi gli era
sovraordinato, cioè il C., del guasto ma non si provvide nè a riparare
la macchina nè a sospendere la lavorazione, per cui - conclude la Corte
territoriale - nessuna altra scelta residuava all'operaio rispetto al
compimento di una manovra essenziale al ciclo produttivo.

Si tratta di
una valutazione di merito sufficientemente e non contraddittoriamente
motivata e quindi non censurabile in sede di legittimità. 3. Pertanto
il ricorso va rigettato con conseguente condanna dei ricorrenti in
solido al pagamento delle spese processuali e al rimborso delle spese
in favore della costituita parte civile nella misura liquidata in
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i
ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali; condanna
inoltre i ricorrenti in solido al pagamento della somma di Euro
2.200,00 (duemiladuecento) in favore della costituita parte civile, di
cui Euro 2.000,00 (duemila) per onorario, oltre I.V.A. e C.P.A..

Così
deciso in Roma, il 20 giugno 2006.

Depositato in Cancelleria il 6
settembre 2006


 

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