Nuova pagina 1
CASSAZIONE CIVILE
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 30-10-2009, n. 23133
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 30-10-2009, n. 23133
Svolgimento del processo
L'impugnativa
proposta da S.G. avverso il licenziamento disciplinare intimatogli
dalla società datrice di lavoro Calzificio Queen, per ripetute assenze
alla visita di controllo durante il periodo di malattia, era rigettata
dall'adito Tribunale di Cagliari, e la pronuncia era poi confermata
dalla Corte di appello della stessa sede con sentenza depositata il 6
luglio 2007.
Il giudice del merito rilevava
che gli accennati episodi si erano verificati dopo altre mancanze
sanzionate con sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione, per cui
riteneva sussistente l'ipotesi prevista dall'art. 74, lett. g) del ceni
all'epoca vigente, ove era contemplata come "giusta causa di
licenziamento disciplinare la recidività nelle mancanze che (avessero)
già dato luogo a una sospensione per la medesima mancanza, o ad una
sospensione per mancanza diversa nei quattro mesi precedenti".
La
cassazione della sentenza è domandata dal lavoratore con ricorso basato
su un motivo, cui ha resistito con controricorso la società intimata.
Essendosi
ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso con il
procedimento di cui all'art. 380 bis c.p.c., è stata redatta la
relazione prevista dalla medesima norma, poi ritualmente comunicata al
Procuratore Generale e notificata alle parti costituite.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
L'unico articolato motivo denuncia "omessa motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio", ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5, e critica la sentenza impugnata per non avere motivato
in ordine alla domanda di accertamento circa la sussistenza
dell'atteggiamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro nei confronti
del ricorrente S. e "concretatosi nelle reiterate, quanto inutili
richieste di visita di controllo domiciliari, durante il periodo di
malattia". Tali visite, assume il ricorrente, integravano piuttosto che
una verifica dello stato di salute del dipendente, "un sistematico e
stringente regime di controllo, mirato esclusivamente a stabilire se
egli si trovasse in casa orari disposti per legge, mortificando e
svilendo totalmente lo spirito della norma, attraverso continue e non
trascurabili molestie".
Il ricorso è
inammissibile. Come è stato già evidenziato nella indicata relazione, il
ricorrente non ha adempiuto alla prescrizione dettata dall'art. 366 bis
c.p.c., allorchè venga denunciato con il ricorso per cassazione un
vizio riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5: in tal caso l'illustrazione del motivo deve contenere
l'esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione.
Qui,
invece, il fatto controverso del quale si deduce l'omessa motivazione
non è chiaramente indicato, nè può ritenersi che l'indicazione imposta
dalla norma possa essere soddisfatta, così come sostiene il ricorrente
nella memoria presentata, dal richiamo "all'atteggiamento vessatorio
tenuto dal datore di lavoro nei suoi confronti, e concretatosi nelle
reiterate, quanto inutili richieste di visita di controllo domiciliari,
durante il periodo di malattia".
La deduzione
svolta dal ricorrente, invero, si riferisce più che ad un fatto, ad un
giudizio su circostanze non specificamente indicate, cioè i diversi
controlli domiciliari nel corso della malattia, contro la differente
valutazione del giudice del merito, il quale aveva escluso l'accennato
comportamento vessatorio del datore di lavoro, rimarcando che "non è
dato comprendere quali sarebbero state le visite che avrebbero
travalicato il corretto esercizio del diritto- dovere di controllo da
parte del datore di lavoro, tali da integrare la vessazione, in ordine
alla quale nulla è stato dedotto nel ricorso, senza contare che l'invio
delle visite fiscali non è deciso unilateralmente dal datore di lavoro,
bensì dall'Istituto Previdenziale".
Quest'ultima
statuizione non è censurata, e considerato che il lavoratore si è
limitato a lamentare la reiterazione dei controlli domiciliari durante
l'assenza per malattia, senza spiegare perchè la loro ripetizione, la
quale pure rientra nell'ambito dell'esercizio del diritto del datore di
lavoro di verificare la condizione di malattia del lavoratore preclusiva
della prestazione lavorativa, avrebbe costituito "continua e non
trascurabile molestia", si deve concludere per l'inammissibilità del
ricorso, oltre che per il profilo già rilevato nella relazione ex art.
380 bis c.p.c., anche per quello della genericità della censura.
In applicazione del criterio della soccombenza (art. 91 c.p.c.), le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del S..
P.Q.M.
La
Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00,
oltre a Euro 1.000,00, (mille/00) per onorari e a spese generali, i.v.a.
e c.p.a..
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2009
Nessun commento:
Posta un commento