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martedì 18 giugno 2013

Cassazione: Tifosi violenti, rispondono di istigazione a delinquere se incitano alla carica Linea dura nei confronti dei comportamenti illeciti allo stadio: nessuna attenuante per un giovane supporter della Triestina che aveva partecipato ad azioni di sfondamento dei cordoni realizzati dalle forze dell'ordine a protezione della squadra ospite





Cass. pen. Sez.
I, (ud. 11-04-2007) 18-05-2007, n. 19433


REPUBBLICA ITALIANA

IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA
PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo
- Presidente

Dott. CANZIO Giovanni - Consigliere

Dott. CULOT Dario -
Consigliere

Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere

Dott. CAVALLO Aldo -
Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso
proposto da:

1) ...omissisvld... N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 26/04/2006
CORTE APPELLO DI TRIESTE;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott.
VECCHIO MASSIMO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
PALOMBARINI Giovanni, Sostituto Procuratore Generale, che ha concluso
per la declaratoria della inammissibilità del ricorso.


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
1. - Con sentenza, deliberata il 26 aprile 2006 e depositata
il 18 maggio 2006, la Corte di appello di Trieste, sull'appello
proposto con atto del 27 ottobre 2003, ha confermato la sentenza 1
luglio 2003 con la quale il giudice della udienza preliminare del
Tribunale di Trieste aveva condannato, con la diminuente del rito
abbreviato, alla pena della reclusione in anni uno, ...omissisvld..., imputato del
delitto di istigazione a delinquere, commesso in (OMISSIS), per aver,
nel corso di disordini e tafferugli, seguiti alla competizione
calcistica tra le squadre della Triestina e de La Spezia, profferendo
le parole "andiamo avanti" e gesticolando, incitato i presenti a
scagliarsi contro le forze dell'ordine, a sfondare i cordoni formati a
protezione dei tifosi della squadra antagonista e ad aggredirli.

In
relazione ai motivi del gravame proposto dall'imputato:

(a) circa la
sussistenza del reato, sotto il profilo della inidoneità della condotta
del M. a costituire concreto ed effettivo incitamento a commettere atti
di violenza;

(b) in merito al diniego delle circostanze attenuanti
generiche, postulate sulla base della considerazione "della difficile
adolescenza" del reo, della eterogeneità dei precedenti penali e del
tempo trascorso dall'ultima condanna (1994);

(c) in ordine al mancato
riconoscimento della attenuante di aver agito nello stato di
suggestione della folla in tumulto, desunta dalla circostanza che dopo
l'invito delle forze dell'ordine il M. si era subito allontanato;

(d)
per il contenimento della pena nel minimo.

La Corte territoriale,
ricostruito il contesto dei gravi disordini e delle violenze in cui era
stato perpetrato il delitto, e ritenuta irrilevante (ai fini della
esclusione del delitto di istigazione) la circostanza che il M. non
fosse imputato pure del delitto di resistenza, ha apprezzato la
sussistenza del concreto pericolo per l'ordine pubblico, rilevando che
il M. aveva ripetuto più volte, gesticolando, l'incitamento davanti a
un gruppo di facinorosi, armati con pietre e con schegge di piastrelle,
sottratte da un vicino negozio di laterizi.

In merito alla attenuante
di cui all'articolo 62 c.p., numero 3, il giudice a quo ha rilevato che
non risultava assolutamente provato il nesso eziologico tra
l'ipotizzata suggestione della folla in tumulto e l'azione
dell'imputato, risultando, sotto tale aspetto, non influente la
deduzione difensiva della circostanza negativa che l'imputato non era
stato indicato come tifoso "facinoroso" nelle annotazioni in atti, ed
essendosi, peraltro, il M. trattenuto nelle adiacenze dello stadio, a
differenza degli altri spettatori che si erano allontanati.

I
precedenti penali "numerosi" e relativi a gravi reati, la
considerazione della condotta, nel contesto delle circostanze, del
pericolo per la pubblica incolumità, dell'allarme sociale, della
negativa valutazione della personalità del reo "incline a commettere
reati" ostavano - secondo la Corte - all'accoglimento del gravame in
punto di generiche.

E quanto alla misura della pena la Corte la
rilevato che la sanzione "è già stata determinata nel minimo edittale".
2. - Ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato,
avvocato Roberto Bussinello del foro di Verona, mediante atto recante
al data del 26 giungo 2006, con il qual sviluppa quattro motivi.

2.1 -
Con il primo il ricorrente denunzia l'inosservanza dell'articolo 442 c.
p.p., comma 2, sotto il profilo che la Corte territoriale ha disatteso
la richiesta subordinata di riduzione della pena, sulla base del
presupposto errato che la pena fosse già contenuta nel minimo, laddove,
essendo il minimo edittale pari ad anni uno, la sanzione doveva essere
ulteriormente ridotta, per la diminuente del rito, a mesi otto.

Alternativamente all'annullamento della sentenza impugnata, il
ricorrente postula la rettifica della pena à sensi dell'articolo 619 c.
p.p., comma 2. 2.2 - Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente
deduce promiscuamente, à sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1,
lettere b) ed e), erronea interpretazione della legge penale in
relazione all'articolo 414 c.p., mancanza e illogicità della
motivazione, in ordine all'accertamento dell'elemento materiale del
reato, sotto il profilo della idoneità della condotta a provocare
l'adesione pubblica alla perpetrazione dei delitti istigati.

Sostiene
il ricorrente che la Corte avrebbe omesso di accertare "la concreta
incidenza della frase proferita dal M. sulle azioni poste in essere dal
gruppo dei facinorosi presenti nelle adiacenze dello stadio" e, in
proposito, oppone la negativa del concreto pericolo per l'ordine
pubblico, riponendo le deduzione formulate nei motivi dell'appello
(mancato accertamento della esatta posizione dell'imputato al momento
del fatto rispetto alla folla; possibilità che per i frastuono
l'incitamento non venisse percepito;

allontanamento del M. dopo
l'invito della Polizia; genericità della frase pronunciata; estraneità
rispetto ai delitti di resistenza e di porto di armi improprie;
mancanza di "un ruolo di riferimento di leadership" nell'ambito della
tifoseria).

2.3 - Con il terzo motivo il ricorrente denunzia
promiscuamente, à sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettere b)
ed e), erronea applicazione della legge penale, o di altre norme
giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge
penale, in relazione all'articolo 62 c.p., comma 1, numero 3, e
manifesta illogicità della motivazione, in merito al mancato
riconoscimento della attenuante della suggestione della folla in
tumulto, argomentando che ne ricorrevano i presupposti; che la corte
aveva assolto altro imputato dalla contravvenzione di adunata
sediziosa;

che il M. era stato "coinvolto in una manifestazione
improvvisa, violenta e rumorosa"; che illogicamente la Corte aveva
ritenuto non influente la circostanza che l'imputato mai era stato come
tifoso facinoroso.

2.4 - Con il quarto motivo il ricorrente denunzia
promiscuamente, à sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettere b)
ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di
altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione
della legge penale, in relazione all'articolo 62 bis c.p., mancanza e
manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla mancata
concessione delle attenuanti generiche.

Il difensore lamenta che la
Corte territoriale non avrebbe valutato gli elementi positivi che ne
suffragavano l'elargizione: carenza di danno, modalità della azione,
intensità del dolo (ritenuta minima), (asserito) non coinvolgimento del
M. nei disordini; e non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni del
diniego.

3. - Il ricorso è inammissibile.

3.1 - Manifestamente
infondata è la denunzia della inosservanza dell'articolo 442 c.p.p.,
formulata con il primo motivo, in quanto la diminuente per il rito
abbreviato deve ritenersi implicitamente applicata (come si evince
dall'espresso riferimento normativo del rito abbreviato contenuto nel
dispositivo della sentenza di primo grado), ancorchè il giudice della
udienza preliminare non abbia specificamente indicato, nella parte
motiva della decisione, la misura della diminuzione (peraltro
agevolmente desumibile con semplice operazione aritmetica dalla pena
finale irrogata, atteso che l'abbattimento di pena per il rito, fissato
dalla legge nella misura invariabile di 1/3 della pena determinata
"tenendo conto di tutte le circostanze", è matematicamente pari alla
metà della pena finale in concreto inflitta).

Neppure la connessa
censura per il contenimento della pena nel minimo edittale può essere
presa in considerazione, in quanto il motivo di appello sul punto era
inammissibile, à sensi dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lettera c), in
relazione all'articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c).

L'appellante,
infatti, con l'atto di gravame del 27 ottobre 2003 ha postulato in via
gradata la condanna "al minimo edittale della pena" affatto
immotivatamente, senza indicare le regioni di diritto e gli elementi di
fatto che sorreggevano la richiesta, sicchè il mezzo di impugnazione
era carente del requisito della specificità. 3.2 - Le censure in
concreto sviluppate dal ricorrente, con i residui motivi, non
investono, all'evidenza, l'interpretazione della legge penale, quanto
alla norma incriminatrice e quanto alle disposizioni del Codice Penale
relative alle attenuanti invocate, atteso che non risultano controversi
nè il significato, nè l'ambito di applicazione della legge.


palesemente ricorre l'ipotesi della mancanza di motivazione.

Le
deduzioni contenute del ricorso afferiscono, piuttosto, (a) al merito
dell'apprezzamento circa la sussistenza del pericolo per l'ordine
pubblico, in relazione alla condotta verbale e gestuale dell'imputato;
(b) alla ulteriore quaestio facti della ricorrenza in concreto
dell'elemento psicologico della attenuante della suggestione della
folla in tumulto; (c) alla cd. meritevolezza delle attenuanti
generiche: il difensore ribadisce la propria valutazione e la
contrappone a quella della Corte territoriale, senza, peraltro,
addurre, in modo specifico la violazione di alcun principio logico o di
vizi che inficino sul piano della inferenza abduttiva la correttezza
delle argomentazioni del giudice a quo.

Invero, la Corte territoriale
ha risolto positivamente la prima questione (in punto di
responsabilità) e negativamente le altre due (in punto di attenuanti),
e, per come illustrato nel paragrafo che precede sub 1., ha dato
adeguatamente conto della propria decisione, sorretta da motivazione
congrua, certamente contenuta nei limini della plausibile opinabilità
di apprezzamento (Cass., Sez. 5^, 30 novembre 1999, n. 1004, massima n.
215745), comunque affatto immune da contraddizioni e illogicità e,
pertanto, non sindacabile nella sede del presente giudizio di
legittimità. 3.3 - Conseguono la declaratoria della inammissibilità del
ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonchè - valutato il contenuto dei motivi e in difetto
della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione - al pagamento in favore della cassa delle ammende della
somma, infra indicata, che la Corte determina, nella misura congrua ed
equa, di Euro cinquecento.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di Euro 500,00 (cinquecento) alla Cassa delle ammende.

Così
deciso in Roma, il 11 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 18
maggio 2007



 

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