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sabato 6 aprile 2013

Consiglio di Stato: Il patteggiamento non giustifica la destituzione






REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2572/2006
Reg.Dec.
N. 1467  Reg.Ric.
ANNO  2000
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 1467/2000, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, il Ministero dell’interno e la Prefettura di Rovigo, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma via dei Portoghesi n. 12;
contro
(omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato -
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania,sezione di Salerno, n. 511 del 26 maggio-16 novembre 1999, notificata il 24 novembre 1999.
     Visto il ricorso con relativi allegati.
     Visto l’atto di costituzione in giudizio di (omissis).
     Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle rispettive difese.
     Visti gli atti tutti di causa.
     Udita alla pubblica udienza del 29 novembre 2005 la relazione del consigliere Sabino Luce e sentiti altresì l’avv. dello Stato Bruni e l’avv. Ventura;
     Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

     Con sentenza n. 511/1999, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione di Salerno, accoglieva il ricorso (n. 2597/1994) proposto da (omissis) ed annullava il decreto del Ministro dell’interno con il quale era stata disposta la destituzione del ricorrente dal servizio di collaboratore amministrativo del Ministero, con i relativi atti presupposti. Con la stessa sentenza era anche dichiarato improcedibile l’ulteriore ricorso (n. 2400/1992), al primo riunito e proposto dallo Stesso (omissis) per l’annullamento del provvedimento con il quale il Ministero dell’interno aveva disposto la sua sospensione cautelare dal servizio. Contro l’indicata decisione le rubricate amministrazioni hanno proposto appello al Consiglio di Stato deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma con il rigetto dei ricorso di primo grado e la condanna del (omissis) al pagamento delle spese processuali. Il ricorso, nella resistenza del (omissis) che ne ha chiesto il rigetto, è stato chiamato per l’udienza odierna al cui esito è stato trattenuto in decisione dal collegio.

DIRITTO

     (omissis), collaboratore amministrativo contabile del Ministero dell’interno, è stato, prima sospeso e poi destituito dal servizio ai sensi della legge 18 gennaio 1992, n. 16. I provvedimenti disciplinari traevano giustificazione da una sentenza di irrogazione di pena patteggiata emessa nei confronti del dipendente per il reato di cui all’art. 314 del codice penale. I giudici di primo grado, cui ha fatto ricorso il (omissis), con l’impugnata sentenza hanno, come già rilevato nelle premesse di fatto, dichiarato improcedibile il ricorso per la parte relativa alla disposta sospensione cautelare e lo hanno accolto per la parte concernente la decadenza dall’impiego. Secondo il Tribunale amministrativo regionale, l’irrogata sanzione non era stata adeguatamente motivata, risultando fondata esclusivamente sulla condanna a pena patteggiata: stanti i gravissimi effetti della disposta sanzione, secondo i giudici di primo grado, non poteva ritenersi adeguata una motivazione di stile, che si era limitata a fare riferimento alle ipotesi di cui all’art. 54 del T.U. n. 3 del 1957 senza alcun richiamo a fatti concreti effettivamente addebitabili. Di avviso diverso è l’amministrazione appellante, secondo cui la sentenza di irrogazione di pena patteggiata, implicando una sostanziale ammissione di responsabilità per i fatti addebitati, produce gli stessi effetti di una pronuncia di condanna. Inoltre, secondo l’amministrazione appellante, i fatti posti a base della disposta destituzione erano stati ammessi dal dipendente ed autonomamente valutati dalla commissione di disciplina, unitamente al comportamento complessivo del dipendente anche successivo all’avvenuta irrogazione della sanzione penale.
     L’appello è tuttavia infondato e va respinto.
     Come correttamente rilevato dai giudici di primo grado, la sentenza di irrogazione della pena patteggiata non fa stato sull’accertamento dei fatti posti a fondamento dell’imputazione. Per la considerazione in sede disciplinare dei fatti medesimi occorre, pertanto, uno specifico accertamento da parte dell’amministrazione sulla loro effettiva esistenza e portata ed un autonomo apprezzamento della loro significanza in sede disciplinare. Tutto ciò non sembra sia avvenuto nel caso di specie, in cui- come hanno rilevato i giudici di primo grado- la disposta misura sanzionatoria è stata basata esclusivamente, stando il dato formale della adottata motivazione, sulla aprioristicamente ritenuta equiparazione della sentenza di irrogazione della pena patteggiata alla sentenza di condanna passata in giudicato. Il riscontrato difetto di motivazione dell’impugnato provvedimento pare sufficiente- ad avviso del collegio- a farne ritenere legittimo il disposto suo annullamento da parte del Tribunale amministrativo regionale, con assorbimento delle ulteriori articolate censure riproposte in appello dal (omissis) in merito alla ritualità e tempestività del procedimento disciplinare.
     L’appello va conclusivamente respinto con compensazione delle spese processuali ricorrendovi giusti motivi per la peculiarità della lite.
P.Q.M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, respinge l’appello e conferma l’impugnata decisione. Spese compensate.
     Ordina che la decisione venga eseguita in via amministrativa.
     Così deciso in Roma il 29 novembre 2005,  in camera di consiglio dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, con l’intervento dei sigg:
Claudio VARRONE    Presidente
Sabino LUCE     Consigliere Est.
Luigi MARUOTTI    Consigliere
Carmine VOLPE    Consigliere
Luciano BARRA CARACCIOLO  Consigliere
 
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere       Segretario
SABINO LUCE      GLAUCO SIMONINI


 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
il...10/05/2006
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA

 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
 
                                    Il Direttore della Segreteria


N.R.G. 1467/2000


FF


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