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domenica 31 marzo 2019
sabato 30 marzo 2019
SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - sezione staccata di Pescara, nel procedimento vertente tra Laura Accardo e il Comune di Lanciano, con ordinanza del 21 aprile 2017, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2017.
SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 3 e 5 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), dell’art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico), e degli artt. 1, 4, comma 1, lettera c), 6, 8, 16, 20 e 24 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), promossi dal Tribunale ordinario di Udine, dal Tribunale ordinario di Padova e dalla Corte di appello di Napoli, con ordinanze del 10 aprile, del 30 maggio e del 15 marzo 2017, iscritte rispettivamente ai nn. 115, 146 e 154 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 43 e 45, prima serie speciale, dell’anno 2017.
MINISTERO DELL'INTERNO GRADUATORIA Graduatoria e dichiarazione dei vincitori dei concorsi pubblici, per titoli ed esame, per la copertura di seicentocinquantaquattro posti di allievi agenti della Polizia di Stato, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale. (GU n.25 del 29-3-2019)
venerdì 29 marzo 2019
DIRETTIVA 16 gennaio 2019 , n. 130 Direttiva (UE) 2019/130 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro - Pubblicata nel n. L 30 del 31 gennaio 2019 (19CE0637)
REGOLAMENTO 16 gennaio 2019 , n. 129 Regolamento (UE) 2019/129 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che modifica il regolamento (UE) n. 168/2013 per quanto riguarda l'applicazione della norma Euro 5 per l'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli - Pubblicato nel n. L 30 del 31 gennaio 2019 (19CE0636)
REGOLAMENTO 16 gennaio 2019 , n. 127 Regolamento (UE) 2019/127 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che istituisce la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) e che abroga il regolamento (CEE) n. 1365/75 del Consiglio - Pubblicato nel n. L 30 del 31 gennaio 2019 (19CE0634)
REGOLAMENTO 16 gennaio 2019 , n. 126 Regolamento (UE) 2019/126 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che istituisce l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) e che abroga il regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio - Pubblicato nel n. L 30 del 31 gennaio 2019 (19CE0633)
REGOLAMENTO 16 gennaio 2019 , n. 125 Regolamento (UE) 2019/125 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti - Pubblicato nel n. L 30 del 31 gennaio 2019 (19CE0632)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 febbraio 2019, n. 25 Regolamento concernente organizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, a norma dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97. (19G00033) (GU n.74 del 28-3-2019) Vigente al: 12-4-2019
giovedì 28 marzo 2019
mercoledì 27 marzo 2019
N. 64 ORDINANZA 21 febbraio - 21 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria - Esclusione dei reati di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. - Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67), art. 1, comma 4. - (GU n.13 del 27-3-2019 )
N. 62 SENTENZA 6 febbraio - 21 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Impiego pubblico - Interventi per favorire il ricambio generazionale - Misure per incentivare la cessazione dal servizio anticipata rispetto al termine per il conseguimento del diritto alla pensione. - Legge della Provincia autonoma di Trento 29 dicembre 2017, n. 18 (Legge di stabilita' provinciale 2018), art. 17. - (GU n.13 del 27-3-2019 )
N. 59 ORDINANZA 20 febbraio - 20 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Circolazione stradale - Reato di guida sotto l'influenza dell'alcool - Sostituzione della pena inflitta con i lavori di pubblica utilita' disposta contestualmente all'emissione del decreto penale di condanna. - Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), art. 186, comma 9-bis. - (GU n.13 del 27-3-2019 )
N. 55 SENTENZA 6 febbraio - 20 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei soggetti affetti da sindrome da talidomide (amelia, emimelia, focomelia e micromelia) anche ai nati negli anni 1958 e 1966 con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2016 (21 agosto 2016). - Decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio), art. 21-ter, comma 1, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2016, n. 160. - (GU n.13 del 27-3-2019 )
N. 36 SENTENZA 23 gennaio - 6 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Elezioni - Cariche elettive presso gli enti locali - Sospensione di diritto dalla carica per coloro che abbiano riportato una condanna non definitiva per taluni delitti. - Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilita' e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), art. 11, comma 1, lettera a) - (GU n.11 del 13-3-2019 )
N. 50 SENTENZA 4 dicembre 2018- 15 marzo 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero ‒ Assegno sociale per gli stranieri legalmente soggiornanti in Italia da almeno dieci anni e in possesso della carta o del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)», art. 80, comma 19. - (GU n.12 del 20-3-2019 )
DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2019, n. 24 Attuazione della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo. (19G00031) (GU n.72 del 26-3-2019)
giovedì 21 marzo 2019
Brexit: attivata unita' di crisi militare in bunker anti-nucleare =
GIOVEDÌ 21 MARZO 2019 21.48.55
Brexit: attivata unita' di crisi militare in bunker anti-nucleare =
(AGI) - Londra, 21 mar. - In caso di "no deal" sulla Brexit, il ministro britannico della Difesa ha aperto una centrale operativa in un bunker a prova di bomba nucleare. Lo ha confermato all'Afp un portavoce del ministero. Il bunker si trova nel centro di Londra, nei pressi dello stesso ministero. Da li', cosi' la fonte, verra' coordinato l'intervento delle forze armate nel caso il Regno Unito alla fine della prossima settimana dovesse effettivamente uscire dall'Unione europea senza un accordo. Nel bunker "c'e' uno staff pronto a sostenere ogni tipo di azione, se si rende necessario", ha aggiunto il portavoce, aggiungendo che il nuovo centro operativo e' dotato "di tutta la giusta infrastruttura". E ancora: "In caso di un teorico o possibile 'no-deal', questo sara' il luogo in cui la risposta sara' coordinata". Il ministero della Difesa aveva gia' reso noto lo scorso dicembre che 3500 militari sono stati allertati per aiutare i vari dipartimenti governativi per essere pronti a "qualsiasi evenienza" se alla fine non ci fosse l'accordo con l'Ue a regolare l'uscita della Gran Bretagna. Queste truppe ora sono "pronte", ha detto ancora il portavoce. Il centro operativo di crisi, denominato "Operation Redfold, e' stato attivato la scorsa settimana. Come riferiscono alcuni media britannici, tra le altre cose i militari potrebbero essere impiegati per aiutare nel trasporto di alimenti, carburante e di altri beni nel Paese in caso di ritardi gravi alle frontiere. (AGI) Rbr 212148 MAR 19 NNNN
Brexit: attivata unita' di crisi militare in bunker anti-nucleare =
(AGI) - Londra, 21 mar. - In caso di "no deal" sulla Brexit, il ministro britannico della Difesa ha aperto una centrale operativa in un bunker a prova di bomba nucleare. Lo ha confermato all'Afp un portavoce del ministero. Il bunker si trova nel centro di Londra, nei pressi dello stesso ministero. Da li', cosi' la fonte, verra' coordinato l'intervento delle forze armate nel caso il Regno Unito alla fine della prossima settimana dovesse effettivamente uscire dall'Unione europea senza un accordo. Nel bunker "c'e' uno staff pronto a sostenere ogni tipo di azione, se si rende necessario", ha aggiunto il portavoce, aggiungendo che il nuovo centro operativo e' dotato "di tutta la giusta infrastruttura". E ancora: "In caso di un teorico o possibile 'no-deal', questo sara' il luogo in cui la risposta sara' coordinata". Il ministero della Difesa aveva gia' reso noto lo scorso dicembre che 3500 militari sono stati allertati per aiutare i vari dipartimenti governativi per essere pronti a "qualsiasi evenienza" se alla fine non ci fosse l'accordo con l'Ue a regolare l'uscita della Gran Bretagna. Queste truppe ora sono "pronte", ha detto ancora il portavoce. Il centro operativo di crisi, denominato "Operation Redfold, e' stato attivato la scorsa settimana. Come riferiscono alcuni media britannici, tra le altre cose i militari potrebbero essere impiegati per aiutare nel trasporto di alimenti, carburante e di altri beni nel Paese in caso di ritardi gravi alle frontiere. (AGI) Rbr 212148 MAR 19 NNNN
mercoledì 20 marzo 2019
INPS: DI MICHELE, 'SERVONO 800-900 MEDICI, SCARSA ATTENZIONE DA POLITICA' =
MERCOLEDÌ 20 MARZO 2019 13.10.31
INPS: DI MICHELE, 'SERVONO 800-900 MEDICI, SCARSA ATTENZIONE DA POLITICA' =
Roma, 20 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Da parte del decisore politico, c'è scarsa attenzione verso il personale dell'Istituto che svolge la funzione medica, nonostante questo 'movimenti' 50 miliardi di euro nel settore del welfare. L'ultimo concorso risale al 1990... Sarebbe necessario l'inserimento in organico a tempo indeterminato di circa 800-900 medici per garantire efficacia ed efficienza all'Istituto, e fornire risposte adeguate su un tema troppo importante per i cittadini". Così Gabriella Di Michele, direttore generale dell'Inps, nel corso del suo intervento a Roma alla presentazione delle linee guida dell'Istituto sulla sindrome di Williams. Di Michele ha quindi chiarito che attualmente "l'organico medico dell'Inps conta 450mi8la addetti, più 1.100 medici convenzionati e un altro migliaio che svolge le visite fiscali". "Con 800-900 medici in organico in più si avrebbe più efficienza, con la stessa spesa per il sistema pubblico", sottolinea. (Pal/Adnkronos) ISSN 2465 - 1222 20-MAR-19 13:09 NNNN
INPS: DI MICHELE, 'SERVONO 800-900 MEDICI, SCARSA ATTENZIONE DA POLITICA' =
Roma, 20 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Da parte del decisore politico, c'è scarsa attenzione verso il personale dell'Istituto che svolge la funzione medica, nonostante questo 'movimenti' 50 miliardi di euro nel settore del welfare. L'ultimo concorso risale al 1990... Sarebbe necessario l'inserimento in organico a tempo indeterminato di circa 800-900 medici per garantire efficacia ed efficienza all'Istituto, e fornire risposte adeguate su un tema troppo importante per i cittadini". Così Gabriella Di Michele, direttore generale dell'Inps, nel corso del suo intervento a Roma alla presentazione delle linee guida dell'Istituto sulla sindrome di Williams. Di Michele ha quindi chiarito che attualmente "l'organico medico dell'Inps conta 450mi8la addetti, più 1.100 medici convenzionati e un altro migliaio che svolge le visite fiscali". "Con 800-900 medici in organico in più si avrebbe più efficienza, con la stessa spesa per il sistema pubblico", sottolinea. (Pal/Adnkronos) ISSN 2465 - 1222 20-MAR-19 13:09 NNNN
martedì 12 marzo 2019
MEDICINA: 'APP' SVELA FAKE NEWS E VERIFICA FONTI CON UN CLIC =
MARTEDÌ 12 MARZO 2019 16.52.07
SALUTE
MEDICINA: 'APP' SVELA FAKE NEWS E VERIFICA FONTI CON UN CLIC =
Nuova veste grafica per 'TakedaScan' che si arricchisce di un modulo dedicato al contrasto Roma, 12 mar. (AdnKronos Salute) - La lotta alle bufale in medicina passa anche dal mondo delle 'app' e dall'impegno delle aziende farmaceutiche. Arriva 'ScaNews' una nuova opportunità di 'TakedaScan', la app-hub gratuita di Takeda Italia, che nella sua nuova veste grafica si arricchisce di un modulo dedicato al contrasto delle 'fake news'. 'ScaNews' è una timeline in stile social con contenuti provenienti solo da fonti selezionate e verificate (riviste scientifiche, motore di ricerca PubMed, siti istituzionali, società medico-scientifiche). 'ScaNews' è stata presentata oggi a Roma da Rita Cataldo, amministratore delegato Takeda Italia, tra i relatori dell'evento 'True news, good news - Salute e informazione: quando la verità è più di un consiglio' promosso a Roma dall'Adnkronos. "L'obiettivo è una applicazione che faccia da collettore di tutte le informazioni che arrivano da fonti certificate e autorevoli e combattere così le 'fake news' - spiega Cataldo - Ci auguriamo che questa iniziativa sia da stimolo al cittadino che può usare l'app per controllare se la fonte da cui arriva la notizia è certificata. L'impegno di Takeda va oltre il suo lavoro nel campo della ricerca e dello sviluppo, mettiamo a disposizione il nostro sapere e la nostra esperienza nel campo dei farmaci e dell'healthcare fornendo servizi a 360 gradi per la collettività". (segue) (Red/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 12-MAR-19 16:51 NNNN
SALUTE
MEDICINA: 'APP' SVELA FAKE NEWS E VERIFICA FONTI CON UN CLIC =
Nuova veste grafica per 'TakedaScan' che si arricchisce di un modulo dedicato al contrasto Roma, 12 mar. (AdnKronos Salute) - La lotta alle bufale in medicina passa anche dal mondo delle 'app' e dall'impegno delle aziende farmaceutiche. Arriva 'ScaNews' una nuova opportunità di 'TakedaScan', la app-hub gratuita di Takeda Italia, che nella sua nuova veste grafica si arricchisce di un modulo dedicato al contrasto delle 'fake news'. 'ScaNews' è una timeline in stile social con contenuti provenienti solo da fonti selezionate e verificate (riviste scientifiche, motore di ricerca PubMed, siti istituzionali, società medico-scientifiche). 'ScaNews' è stata presentata oggi a Roma da Rita Cataldo, amministratore delegato Takeda Italia, tra i relatori dell'evento 'True news, good news - Salute e informazione: quando la verità è più di un consiglio' promosso a Roma dall'Adnkronos. "L'obiettivo è una applicazione che faccia da collettore di tutte le informazioni che arrivano da fonti certificate e autorevoli e combattere così le 'fake news' - spiega Cataldo - Ci auguriamo che questa iniziativa sia da stimolo al cittadino che può usare l'app per controllare se la fonte da cui arriva la notizia è certificata. L'impegno di Takeda va oltre il suo lavoro nel campo della ricerca e dello sviluppo, mettiamo a disposizione il nostro sapere e la nostra esperienza nel campo dei farmaci e dell'healthcare fornendo servizi a 360 gradi per la collettività". (segue) (Red/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 12-MAR-19 16:51 NNNN
MARTEDÌ 12 MARZO 2019 16.52.07
SALUTE
MEDICINA: 'APP' SVELA FAKE NEWS E VERIFICA FONTI CON UN CLIC (2) =
(AdnKronos Salute) - Sei aree terapeutiche (chirurgia, diabete, ematologia, gastroenterologia, oncologia, salute), quattro canali (Facebook, Twitter, YouTube e PubMed) e traduzione simultanea per i contenuti in lingua straniera, sono alcune delle caratteristiche di 'ScaNews' che si presenta come un vero e proprio social con la possibilità di cliccare per apprezzare il contenuto con un 'like' e condividerlo attraverso applicazioni di messaggistica e canali social. Prevista anche una 'black list' dei contenuti, per garantire la massima trasparenza nella selezione delle notizie. In fase di raccolta, infatti, il sistema verifica se al loro interno sono presenti nomi di prodotti o principi attivi di farmaci: se il controllo ha esito positivo il contenuto non verrà visualizzato all'interno della timeline. (Red/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 12-MAR-19 16:51 NNNN
SALUTE
MEDICINA: 'APP' SVELA FAKE NEWS E VERIFICA FONTI CON UN CLIC (2) =
(AdnKronos Salute) - Sei aree terapeutiche (chirurgia, diabete, ematologia, gastroenterologia, oncologia, salute), quattro canali (Facebook, Twitter, YouTube e PubMed) e traduzione simultanea per i contenuti in lingua straniera, sono alcune delle caratteristiche di 'ScaNews' che si presenta come un vero e proprio social con la possibilità di cliccare per apprezzare il contenuto con un 'like' e condividerlo attraverso applicazioni di messaggistica e canali social. Prevista anche una 'black list' dei contenuti, per garantire la massima trasparenza nella selezione delle notizie. In fase di raccolta, infatti, il sistema verifica se al loro interno sono presenti nomi di prodotti o principi attivi di farmaci: se il controllo ha esito positivo il contenuto non verrà visualizzato all'interno della timeline. (Red/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 12-MAR-19 16:51 NNNN
sabato 9 marzo 2019
NEWS REGIONI. Campania, ecco i 500 comuni nuovi paradisi fiscali per pensionati
SABATO 09 MARZO 2019 08.24.18
NEWS REGIONI. Campania, ecco i 500 comuni nuovi paradisi fiscali per pensionati
NEWS REGIONI. Campania, ecco i 500 comuni nuovi paradisi fiscali per pensionati (DIRE - Notiziario settimanale Regioni) Napoli, 9 mar. - Il piu' grande e' Trentola Ducenta, centro di 19800 residenti in provincia di Caserta. Il piu' piccolo e' Valle dell'Angelo, nel cuore del Cilento, con appena 231 abitanti. L'Istat ne conta quasi 500: sono i Comuni della Campania con meno di 20mila abitanti che da quest'anno si candidano a ripopolarsi grazie ai pensionati che, dall'estero, vogliano trasferirsi in Italia per accedere a un regime fiscale agevolato. La misura, voluta dal senatore della Lega eletto in Abruzzo Alberto Bagnai, e' stata approvata con la legge di bilancio 2019. L'articolo 273 della manovra ha infatti introdotto un nuovo articolo al testo unico delle imposte sui reddito interamente dedicato alle Regioni del Sud. In pratica, i pensionati residenti all'estero da almeno 5 anni possono scegliere di trasferirsi nei Comuni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia con meno di 20mila abitanti e ottenere una imposta sostituiva e forfettaria con aliquota al 7% per 5 anni. Tutte le maggiori entrate che finiranno nel bilancio dello Stato grazie a questo provvedimento andranno a costituire un "fondo per i poli universitari tecnico-scientifici nel Mezzogiorno", recita l'articolo 275 della legge di Bilancio, che prevede stanziamenti per i dipartimenti scientifici degli atenei di Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia destinati a "forme di sostegno diretto agli studenti, al finanziamento di assegni di ricerca" oltre che per studi e ricerche "inerenti allo sviluppo del Mezzogiorno". In Campania sono 483 i Comuni interessati dal provvedimento. Molti di questi sono piccolissimi centri con meno di mille residenti, soprattutto della provincia di Salerno, in posizione collinare e a picco sul mare, dell'Irpinia o del Matese con un territorio perlopiu' montuoso. In Campania, insomma, si puo' scegliere l'ambiente e il clima che si preferisce. Il governo, con una flat tax per i pensionati esteri al 7%, ha voluto portare in Italia il modello gia' sperimentato in Portogallo, dove il regime agevolato per le tasse vale per ben 10 anni. Il ministro Matteo Salvini aveva anticipato la misura gia' la scorsa estate, rivendicando la volonta' di riportare in patria i "pensionati italiani che vanno in Spagna e Portogallo per non pagare la tassa sulle pensioni" e attrarre altri anziani residenti all'estero che vogliano godere "dell'accoglienza e dell'ospitalita'" di molte zone del Sud Italia, oltre che della nuova zona di esenzione fiscale introdotta. Potenzialmente, questa misura potrebbe attrarre nel Mezzogiorno gli oltre 400mila pensionati che si sono trasferiti in altri Paesi del vecchio continente, un quinto dei quali proprio in Portogallo o magari alle Canarie, dove si puo' vivere da ricchi con una pensione a 800 euro al mese. (Red/ Dire) 08:23 09-03-19 NNNN
NEWS REGIONI. Campania, ecco i 500 comuni nuovi paradisi fiscali per pensionati
NEWS REGIONI. Campania, ecco i 500 comuni nuovi paradisi fiscali per pensionati (DIRE - Notiziario settimanale Regioni) Napoli, 9 mar. - Il piu' grande e' Trentola Ducenta, centro di 19800 residenti in provincia di Caserta. Il piu' piccolo e' Valle dell'Angelo, nel cuore del Cilento, con appena 231 abitanti. L'Istat ne conta quasi 500: sono i Comuni della Campania con meno di 20mila abitanti che da quest'anno si candidano a ripopolarsi grazie ai pensionati che, dall'estero, vogliano trasferirsi in Italia per accedere a un regime fiscale agevolato. La misura, voluta dal senatore della Lega eletto in Abruzzo Alberto Bagnai, e' stata approvata con la legge di bilancio 2019. L'articolo 273 della manovra ha infatti introdotto un nuovo articolo al testo unico delle imposte sui reddito interamente dedicato alle Regioni del Sud. In pratica, i pensionati residenti all'estero da almeno 5 anni possono scegliere di trasferirsi nei Comuni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia con meno di 20mila abitanti e ottenere una imposta sostituiva e forfettaria con aliquota al 7% per 5 anni. Tutte le maggiori entrate che finiranno nel bilancio dello Stato grazie a questo provvedimento andranno a costituire un "fondo per i poli universitari tecnico-scientifici nel Mezzogiorno", recita l'articolo 275 della legge di Bilancio, che prevede stanziamenti per i dipartimenti scientifici degli atenei di Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia destinati a "forme di sostegno diretto agli studenti, al finanziamento di assegni di ricerca" oltre che per studi e ricerche "inerenti allo sviluppo del Mezzogiorno". In Campania sono 483 i Comuni interessati dal provvedimento. Molti di questi sono piccolissimi centri con meno di mille residenti, soprattutto della provincia di Salerno, in posizione collinare e a picco sul mare, dell'Irpinia o del Matese con un territorio perlopiu' montuoso. In Campania, insomma, si puo' scegliere l'ambiente e il clima che si preferisce. Il governo, con una flat tax per i pensionati esteri al 7%, ha voluto portare in Italia il modello gia' sperimentato in Portogallo, dove il regime agevolato per le tasse vale per ben 10 anni. Il ministro Matteo Salvini aveva anticipato la misura gia' la scorsa estate, rivendicando la volonta' di riportare in patria i "pensionati italiani che vanno in Spagna e Portogallo per non pagare la tassa sulle pensioni" e attrarre altri anziani residenti all'estero che vogliano godere "dell'accoglienza e dell'ospitalita'" di molte zone del Sud Italia, oltre che della nuova zona di esenzione fiscale introdotta. Potenzialmente, questa misura potrebbe attrarre nel Mezzogiorno gli oltre 400mila pensionati che si sono trasferiti in altri Paesi del vecchio continente, un quinto dei quali proprio in Portogallo o magari alle Canarie, dove si puo' vivere da ricchi con una pensione a 800 euro al mese. (Red/ Dire) 08:23 09-03-19 NNNN
mercoledì 6 marzo 2019
PA. BONGIORNO: PER OGNI CESSAZIONE CON 'QUOTA 100' CI SARA' ASSUNZIONE
MERCOLEDÌ 06 MARZO 2019 10.23.13
PA. BONGIORNO: PER OGNI CESSAZIONE CON 'QUOTA 100' CI SARA' ASSUNZIONE
PA. BONGIORNO: PER OGNI CESSAZIONE CON 'QUOTA 100' CI SARA' ASSUNZIONE (DIRE) Roma, 6 mar. - I dipendenti pubblici stanno presentando le domande per la pensione anticipata con Quota 100. Quanti di quelli che escono saranno sostituiti? "Assolutamente tutti: per ogni cessazione ci sara' un'assunzione. Ma mi lasci precisare un punto, a proposito di Quota 100. Questo provvedimento, in generale ma in particolare per quel che riguarda la pubblica amministrazione, e' stato pensato con una duplice finalita': permettere alle persone che lo desiderano di andare in pensione, ma anche stimolare un ricambio generazionale". Cosi' il ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, in un'intervista a "Il Messaggero". "Quindi non mi preoccupano le uscite, anzi. Semmai c'era la preoccupazione opposta, il timore che questa opportunita' potesse interessare fino ad un certo punto. Invece l'obiettivo e' stato centrato, anche grazie alla norma che abbiamo inserito per permettere ai dipendenti in uscita di incassare subito l'anticipo di 45 mila euro sul Tfr o Tfs. Altri governi non avevano avuto questa attenzione". I numeri delle domande sono quelli che vi aspettavate? "Per ora direi che sono in linea con le attese, anche tenendo conto della scuola che ha un canale proprio, gia' chiuso al 28 febbraio e di cui avremo presto un aggiornamento dei dati". Pero' c'e' il problema di procedere concretamente al rimpiazzo di chi lascia il servizio. "Avevo ben presente questa esigenza e quindi e' stato previsto per i dipendenti pubblici in uscita un preavviso di sei mesi, a differenza dei privati. Serve proprio a garantire la continuita' del servizio pubblico, permette di programmare una staffetta, un passaggio di funzioni tra chi entra e chi esce". (Vid/ Dire) 10:22 06-03-19 NNNN
PA. BONGIORNO: PER OGNI CESSAZIONE CON 'QUOTA 100' CI SARA' ASSUNZIONE
PA. BONGIORNO: PER OGNI CESSAZIONE CON 'QUOTA 100' CI SARA' ASSUNZIONE (DIRE) Roma, 6 mar. - I dipendenti pubblici stanno presentando le domande per la pensione anticipata con Quota 100. Quanti di quelli che escono saranno sostituiti? "Assolutamente tutti: per ogni cessazione ci sara' un'assunzione. Ma mi lasci precisare un punto, a proposito di Quota 100. Questo provvedimento, in generale ma in particolare per quel che riguarda la pubblica amministrazione, e' stato pensato con una duplice finalita': permettere alle persone che lo desiderano di andare in pensione, ma anche stimolare un ricambio generazionale". Cosi' il ministro per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, in un'intervista a "Il Messaggero". "Quindi non mi preoccupano le uscite, anzi. Semmai c'era la preoccupazione opposta, il timore che questa opportunita' potesse interessare fino ad un certo punto. Invece l'obiettivo e' stato centrato, anche grazie alla norma che abbiamo inserito per permettere ai dipendenti in uscita di incassare subito l'anticipo di 45 mila euro sul Tfr o Tfs. Altri governi non avevano avuto questa attenzione". I numeri delle domande sono quelli che vi aspettavate? "Per ora direi che sono in linea con le attese, anche tenendo conto della scuola che ha un canale proprio, gia' chiuso al 28 febbraio e di cui avremo presto un aggiornamento dei dati". Pero' c'e' il problema di procedere concretamente al rimpiazzo di chi lascia il servizio. "Avevo ben presente questa esigenza e quindi e' stato previsto per i dipendenti pubblici in uscita un preavviso di sei mesi, a differenza dei privati. Serve proprio a garantire la continuita' del servizio pubblico, permette di programmare una staffetta, un passaggio di funzioni tra chi entra e chi esce". (Vid/ Dire) 10:22 06-03-19 NNNN
SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA =
MARTEDÌ 05 MARZO 2019 11.32.42
SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA =
Bologna, 5 mar. (AdnKronos) - Essere selezionati in Italia per fare un'esperienza di lavoro in un altro Paese europeo, trovare una occupazione all'estero in base alle proprie competenze ed esperienze. E un'opportunità messa a disposizione da Eures, la rete dei servizi per l'impiego coordinata dalla Commissione europea, che punta a migliorare l'occupazione in Europa attraverso lo scambio e la reciprocità nella ricerca del personale, agevolando la mobilità circolare dei lavoratori e mettendo in rete le competenze che i vari Paesi possono offrire. In quest'ambito, il prossimo 19 marzo a Bologna i consulenti Eures dell'Agenzia regionale per il lavoro valuteranno candidature per l'assunzione di 8 infermieriall'ospedale Evangelisches Amalie Sieveking Krankenhaus di Amburgo, in Germania. Ai colloqui, in italiano, potranno accedere solo le persone che hanno inviato in precedenza il curriculum con la propria candidatura e che sono state pre-selezionate. Per candidarsi o richiedere informazioni occorre quindi inviare il curriculum in italiano alla Rete Eures Emilia-Romagna all'indirizzo mail: eures@regione.emilia-romagna.it. Gli infermieri professionisti sono ricercati per i reparti di medicina interna, geriatria, chirurgia, chirurgia gastrointestinale, cardiologia, traumatologia e breast unit. (segue) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA =
Bologna, 5 mar. (AdnKronos) - Essere selezionati in Italia per fare un'esperienza di lavoro in un altro Paese europeo, trovare una occupazione all'estero in base alle proprie competenze ed esperienze. E un'opportunità messa a disposizione da Eures, la rete dei servizi per l'impiego coordinata dalla Commissione europea, che punta a migliorare l'occupazione in Europa attraverso lo scambio e la reciprocità nella ricerca del personale, agevolando la mobilità circolare dei lavoratori e mettendo in rete le competenze che i vari Paesi possono offrire. In quest'ambito, il prossimo 19 marzo a Bologna i consulenti Eures dell'Agenzia regionale per il lavoro valuteranno candidature per l'assunzione di 8 infermieriall'ospedale Evangelisches Amalie Sieveking Krankenhaus di Amburgo, in Germania. Ai colloqui, in italiano, potranno accedere solo le persone che hanno inviato in precedenza il curriculum con la propria candidatura e che sono state pre-selezionate. Per candidarsi o richiedere informazioni occorre quindi inviare il curriculum in italiano alla Rete Eures Emilia-Romagna all'indirizzo mail: eures@regione.emilia-romagna.it. Gli infermieri professionisti sono ricercati per i reparti di medicina interna, geriatria, chirurgia, chirurgia gastrointestinale, cardiologia, traumatologia e breast unit. (segue) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
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SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA (2) =
(AdnKronos) - I requisiti richiesti sono la laurea in Scienze infermieristiche ottenuta in un Paese dell'Unione europea e la conoscenza del tedesco di livello B2. Per coloro che non conoscono la lingua, tuttavia, l'azienda offre un programma di formazione linguistica mentre si è ancora in Italia, a spese del datore di lavoro. Sul posto viene garantita l'assistenza in italiano per le pratiche burocratiche e amministrative, come il riconoscimento della qualifica, la ricerca dell'alloggio e l'inserimento nel nuovo ambiente. Ai professionisti selezionati sarà offerto un contratto a tempo indeterminato, con uno stipendio a partire da circa 2.700 euro lordi (notti, festivi e fine settimana retribuiti a parte). Eures - European Employment Services - è la rete europea dei servizi per l'impiego coordinata dalla Commissione europea. Creata per facilitare la libera circolazione dei lavoratori all'interno dello spazio economico europeo, diritto fondamentale dei cittadini ed elemento chiave della strategia comunitaria per l'occupazione, coinvolge i Centri pubblici per l'impiego, i sindacati, le organizzazioni datoriali, altre istituzioni pubbliche locali e nazionali e fornisce servizi di informazione, consulenza, orientamento e reclutamento a chi cerca o offre lavoro in Europa e ai cittadini che intendono trasferirsi in un altro Paese per un'esperienza di lavoro o di formazione sul lavoro. (segue) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA (2) =
(AdnKronos) - I requisiti richiesti sono la laurea in Scienze infermieristiche ottenuta in un Paese dell'Unione europea e la conoscenza del tedesco di livello B2. Per coloro che non conoscono la lingua, tuttavia, l'azienda offre un programma di formazione linguistica mentre si è ancora in Italia, a spese del datore di lavoro. Sul posto viene garantita l'assistenza in italiano per le pratiche burocratiche e amministrative, come il riconoscimento della qualifica, la ricerca dell'alloggio e l'inserimento nel nuovo ambiente. Ai professionisti selezionati sarà offerto un contratto a tempo indeterminato, con uno stipendio a partire da circa 2.700 euro lordi (notti, festivi e fine settimana retribuiti a parte). Eures - European Employment Services - è la rete europea dei servizi per l'impiego coordinata dalla Commissione europea. Creata per facilitare la libera circolazione dei lavoratori all'interno dello spazio economico europeo, diritto fondamentale dei cittadini ed elemento chiave della strategia comunitaria per l'occupazione, coinvolge i Centri pubblici per l'impiego, i sindacati, le organizzazioni datoriali, altre istituzioni pubbliche locali e nazionali e fornisce servizi di informazione, consulenza, orientamento e reclutamento a chi cerca o offre lavoro in Europa e ai cittadini che intendono trasferirsi in un altro Paese per un'esperienza di lavoro o di formazione sul lavoro. (segue) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
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SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA (3) =
(AdnKronos) - In Emilia-Romagna fa capo all'Agenzia regionale per il lavoro e ai Centri per l'impiego che ne sono la declinazione territoriale, e ha il compito di mettere in rete la Commissione europea, i servizi pubblici per l'impiego, gli operatori impegnati nelle problematiche dell'occupazione, sindacati, organizzazioni dei datori di lavoro ed enti locali e regionali, contribuendo a creare un mercato comune europeo del lavoro. I Paesi che aderiscono alla rete sono 32: Austria; Belgio; Bulgaria; Cipro; Croazia; Repubblica Ceca; Danimarca; Estonia; Finlandia; Francia; Germania; Grecia; Ungheria; Irlanda; Islanda; Italia; Lettonia; Liechtenstein; Lituania; Lussemburgo; Malta; Paesi Bassi; Polonia; Portogallo; Romania; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Svezia; Regno Unito; Norvegia e Svizzera. I servizi sono gratuiti e accessibili tramite il portale Eures e con la guida di oltre mille consulenti presenti nei diversi Paesi. (adl) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
SANITA': EURES, OSPEDALE AMBURGO CERCA 8 INFERMIERI, 19 MARZO COLLOQUI A BOLOGNA (3) =
(AdnKronos) - In Emilia-Romagna fa capo all'Agenzia regionale per il lavoro e ai Centri per l'impiego che ne sono la declinazione territoriale, e ha il compito di mettere in rete la Commissione europea, i servizi pubblici per l'impiego, gli operatori impegnati nelle problematiche dell'occupazione, sindacati, organizzazioni dei datori di lavoro ed enti locali e regionali, contribuendo a creare un mercato comune europeo del lavoro. I Paesi che aderiscono alla rete sono 32: Austria; Belgio; Bulgaria; Cipro; Croazia; Repubblica Ceca; Danimarca; Estonia; Finlandia; Francia; Germania; Grecia; Ungheria; Irlanda; Islanda; Italia; Lettonia; Liechtenstein; Lituania; Lussemburgo; Malta; Paesi Bassi; Polonia; Portogallo; Romania; Slovacchia; Slovenia; Spagna; Svezia; Regno Unito; Norvegia e Svizzera. I servizi sono gratuiti e accessibili tramite il portale Eures e con la guida di oltre mille consulenti presenti nei diversi Paesi. (adl) Dall'Oca Annalisa ISSN 2465 - 1222 05-MAR-19 11:32 NNNN
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R. STAMPA / QUOTA 100, BONGIORNO: PER STATALI TURN OVER GARANTITO
MERCOLEDÌ 06 MARZO 2019 08.59.13
R. STAMPA / QUOTA 100, BONGIORNO: PER STATALI TURN OVER GARANTITO
R. STAMPA / QUOTA 100, BONGIORNO: PER STATALI TURN OVER GARANTITO (9Colonne) Roma, 6 mar - Tutti i dipendenti pubblici che andranno in pensione anticipata con Quota 100 saranno sostituiti. "Assolutamente tutti: per ogni cessazione ci sarà un'assunzione". Lo assicura il ministro della PA Giulia Bongiorno, in una intervista al Messaggero: "E' stato previsto per i dipendenti pubblici in uscita un preavviso di sei mesi, a differenza dei privati. Serve proprio a garantire la continuità del servizio pubblico, permette di programmare una staffetta, un passaggio di funzioni tra chi entra e chi esce". E precisa: "Non mi preoccupano le uscite, anzi. Semmai c'era la preoccupazione opposta, il timore che questa opportunità potesse interessare fino ad un certo punto. Invece l'obiettivo è stato centrato, anche grazie alla norma che abbiamo inserito per permettere ai dipendenti in uscita di incassare subito l'anticipo di 45 mila euro sul Tfr o Tfs. Altri governi non avevano avuto questa attenzione". Evidenzia poi che nella sanità, "uno dei settori più delicati", "abbiamo previsto la possibilità di procedere alle assunzioni con lo scorrimento della graduatoria. E questo fa risparmiare molti passaggi. Com'è noto per un'esigenza di qualità della pubblica amministrazione io avevo fatto la scelta impopolare di cancellare molte vecchie graduatorie, ma nella sanità sarà comunque possibile fare riferimento ad un bacino allargato di idonei. E affrontiamo anche il problema dell'anno di tempo che normalmente le amministrazioni devono attendere". Problema dovuto al fatto che il turn over del 2019, pur se al 100 per cento, si riferisce ai fabbisogni di personale del 2018 e quindi non comprende le uscite di Quota 100…. "Sì. Al Senato nell'iter di conversione del 'decretone' è già stata prevista per Regioni ed enti locali la possibilità di allargare i fabbisogni e stiamo pensando di dare questa possibilità anche alle aziende sanitarie locali". Per quanto riguarda lo Stato centrale, la legge di Bilancio per garantire risparmi ha rinviato tutte le assunzioni al 15 novembre. Non è un problema anche questo? "No, intanto ci sono le assunzioni autorizzate e da autorizzare relative agli anni precedenti, inoltre se lavoriamo bene, alla scadenza tutto sarà pronto per assumere. Comunque nel settore della giustizia su questo punto è stata prevista una deroga, con la possibilità di 1.300 nuovi ingressi già da a luglio. E non dobbiamo dimenticare il piano di assunzioni straordinario già previsto nella stessa legge di Bilancio". Resta il nodo dei concorsi. "Lo reputo un tema centrale. Sono stati bloccati per tanti anni e ora bisogna fare un salto di qualità. L'obiettivo è che siano regolari, ciclici. E le procedure devono essere più rapide". (PO / red) 060859 MAR 19
R. STAMPA / QUOTA 100, BONGIORNO: PER STATALI TURN OVER GARANTITO
R. STAMPA / QUOTA 100, BONGIORNO: PER STATALI TURN OVER GARANTITO (9Colonne) Roma, 6 mar - Tutti i dipendenti pubblici che andranno in pensione anticipata con Quota 100 saranno sostituiti. "Assolutamente tutti: per ogni cessazione ci sarà un'assunzione". Lo assicura il ministro della PA Giulia Bongiorno, in una intervista al Messaggero: "E' stato previsto per i dipendenti pubblici in uscita un preavviso di sei mesi, a differenza dei privati. Serve proprio a garantire la continuità del servizio pubblico, permette di programmare una staffetta, un passaggio di funzioni tra chi entra e chi esce". E precisa: "Non mi preoccupano le uscite, anzi. Semmai c'era la preoccupazione opposta, il timore che questa opportunità potesse interessare fino ad un certo punto. Invece l'obiettivo è stato centrato, anche grazie alla norma che abbiamo inserito per permettere ai dipendenti in uscita di incassare subito l'anticipo di 45 mila euro sul Tfr o Tfs. Altri governi non avevano avuto questa attenzione". Evidenzia poi che nella sanità, "uno dei settori più delicati", "abbiamo previsto la possibilità di procedere alle assunzioni con lo scorrimento della graduatoria. E questo fa risparmiare molti passaggi. Com'è noto per un'esigenza di qualità della pubblica amministrazione io avevo fatto la scelta impopolare di cancellare molte vecchie graduatorie, ma nella sanità sarà comunque possibile fare riferimento ad un bacino allargato di idonei. E affrontiamo anche il problema dell'anno di tempo che normalmente le amministrazioni devono attendere". Problema dovuto al fatto che il turn over del 2019, pur se al 100 per cento, si riferisce ai fabbisogni di personale del 2018 e quindi non comprende le uscite di Quota 100…. "Sì. Al Senato nell'iter di conversione del 'decretone' è già stata prevista per Regioni ed enti locali la possibilità di allargare i fabbisogni e stiamo pensando di dare questa possibilità anche alle aziende sanitarie locali". Per quanto riguarda lo Stato centrale, la legge di Bilancio per garantire risparmi ha rinviato tutte le assunzioni al 15 novembre. Non è un problema anche questo? "No, intanto ci sono le assunzioni autorizzate e da autorizzare relative agli anni precedenti, inoltre se lavoriamo bene, alla scadenza tutto sarà pronto per assumere. Comunque nel settore della giustizia su questo punto è stata prevista una deroga, con la possibilità di 1.300 nuovi ingressi già da a luglio. E non dobbiamo dimenticare il piano di assunzioni straordinario già previsto nella stessa legge di Bilancio". Resta il nodo dei concorsi. "Lo reputo un tema centrale. Sono stati bloccati per tanti anni e ora bisogna fare un salto di qualità. L'obiettivo è che siano regolari, ciclici. E le procedure devono essere più rapide". (PO / red) 060859 MAR 19
MINISTERO DELLA GIUSTIZIACONCORSO Concorsi pubblici per il reclutamento di settecentocinquantaquattro allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria.
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
CONCORSOConcorsi pubblici per il reclutamento di settecentocinquantaquattro allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria.(GU n.18 del 5-3-2019)
IL DIRETTORE GENERALE del personale e delle risorse Visto il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, contenente il Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686, contenente norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato; Visto l'art. 26 della legge 10 febbraio 1989, n. 53; Visti la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ed il decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, sull'ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, e successive modifiche ed integrazioni; Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche ed integrazioni; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modifiche ed integrazioni; Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali; Visto il decreto ministeriale 1° febbraio 2000, n. 50 recante norme per l'individuazione dei limiti di eta' per la partecipazione ai concorsi pubblici di accesso ai ruoli del personale del Corpo di polizia penitenziaria; Visto il decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146 e successive modifiche ed integrazioni recante «Adeguamento delle strutture degli organici dell'Amministrazione penitenziaria e dell'Ufficio centrale per la giustizia minorile, nonche' istituzioni dei ruoli direttivi ordinari e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 12 della legge 28 luglio 1999, n. 266»; Visto decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzionale etnica negli uffici statali siti nella Provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego»; Visto il decreto legislativo 21 gennaio 2011, n. 11 recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche all'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, in materia di riserva di posti per i candidati in possesso dell'attestato di bilinguismo, nonche' di esclusione dall'obbligo del servizio militare preventivo, nel reclutamento del personale da assumere nelle Forze dell'ordine »; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 in materia di semplificazione delle certificazioni amministrative e successive integrazioni e modificazioni; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 1995 e successive modifiche ed integrazioni, recante «Determinazione dei compensi da corrispondere ai componenti delle commissioni esaminatrici e al personale addetto alla sorveglianza di tutti i tipi di concorso indetti dalle amministrazioni pubbliche »; Visto il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 recante «Codice dell'ordinamento militare» ed in particolare l'art. 703 che prevede, al comma 1, per quanto riguarda l'accesso alla carriera iniziale del Corpo di polizia penitenziaria, che il 60% dei posti disponibili e' riservato ai volontari in ferma prefissata, ad esclusione di coloro che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo; Visto il decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro della difesa del 16 marzo 2006 registrato alla Corte dei conti - Ufficio di controllo sugli atti dei ministeri istituzionali - in data 12 luglio 2006 con il quale, in attuazione dell'art. 16, comma 3, della legge 23 agosto 2004, n. 226, sono state emanate le «Modalita' di reclutamento, nella qualifica iniziale del ruolo degli agenti ed assistenti del Corpo di polizia penitenziaria, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo»; Vista la legge 12 gennaio 2015, n. 2 recante «Modifica all'art. 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e altre disposizioni in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco»; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 2015, n. 207 recante «Regolamento in materia di parametri fisici per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento nelle Forze armate, nelle Forze di polizia a ordinamento militare e civile e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma della legge 12 gennaio 2015, n. 2»; Vista la direttiva tecnica dell'Ispettorato generale della sanita' 9 febbraio 2016 emanata ai sensi del citato decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 2015, n. 207; Visto il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 ed in particolare l'art. 44 comma 30 concernente la disciplina transitoria del titolo di studio richiesto ai volontari delle Forze armate quale requisito per l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84 recante «Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche» ed in particolare l'art. 6, comma 2, lett. a) che individua le funzioni della direzione generale del personale e delle risorse; Ritenuta la propria competenza alla firma degli atti relativi alle procedure concorsuali emanate dall'Amministrazione penitenziaria; Attesa la necessita' di bandire due distinti concorsi pubblici per il reclutamento, in totale, di n. 774 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria; Vista la legge 30 dicembre 2018, n. 145 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021»; Decreta: Art. 1 Posti disponibili a concorso 1. Per le esigenze di reclutamento di un numero complessivo di 754 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria, sono indetti i seguenti concorsi pubblici: a) concorso pubblico, per esame e titoli, a n. 452 posti (340 uomini; 112 donne) riservato: ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) che sono in servizio da almeno sei mesi alla data di scadenza della domanda di partecipazione al concorso ovvero VFP1 collocati in congedo al termine della ferma annuale, purche' siano in possesso dei requisiti prescritti per l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria; ai volontari inferma prefissata quadriennale (VFP4) in servizio o in congedo, purche' siano in possesso dei requisiti prescritti per l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria; b) concorso pubblico per esame a n. 302 posti (226 uomini; 76 donne) aperto ai cittadini italiani, purche' siano in possesso dei requisiti prescritti per l'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria. Numero 2 posti (uno maschile ed uno femminile) sono riservati, subordinatamente al possesso degli altri requisiti, a coloro che sono in possesso dell'attestato di bilinguismo (lingua italiana e tedesca) previsto dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752 e successive modifiche, per l'assegnazione agli istituti penitenziari della Provincia di Bolzano. I posti riservati, qualora non coperti, saranno devoluti agli altri concorrenti in ordine di graduatoria. 2. I posti del concorso di cui al comma 1, lettera a), eventualmente non coperti per insufficienza di candidati idonei, saranno assegnati agli idonei non vincitori del concorso di cui alla lettera b), secondo l'ordine della relativa graduatoria finale di merito, maschile e femminile. 3. Si precisa che all'atto della presentazione della domanda con le modalita' di cui all'art. 5 i candidati debbono optare per il concorso cui intendono prendere parte, essendo consentita la partecipazione ad uno solo dei concorsi di cui al comma 1, avendone i requisiti. 4. L'Amministrazione penitenziaria si riserva la facolta' di revocare o annullare il presente bando di concorso, sospendere o rinviare lo svolgimento del concorso stesso, nonche' le connesse attivita' di assunzione, modificare, fino alla data di incorporamento dei vincitori, il numero dei posti - in aumento o in decremento -, sospendere la nomina dei vincitori alla frequenza del corso, in ragione di esigenze attualmente non valutabili ne' prevedibili, nonche' in applicazione di disposizioni di contenimento della spesa pubblica che impedissero, in tutto o in parte, assunzioni di personale per gli anni 2019 - 2021. Di quanto sopra si provvedera' a dare comunicazione con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami».
Art. 2 Requisiti e condizioni per la partecipazione 1. I requisiti richiesti ai candidati per la partecipazione ai concorsi del presente bando sono i seguenti: a) cittadinanza italiana; b) godimento dei diritti civili e politici; c) aver superato gli anni diciotto e non aver compiuto e quindi superato gli anni ventotto; d) idoneita' fisica, psichica ed attitudinale al servizio di polizia penitenziaria, in conformita' alle disposizioni contenute negli articoli 122, 123, 124 e 125 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443, e successive disposizioni, ed in particolare: Requisiti fisici: 1) sana e robusta costituzione fisica; 2) composizione corporea: percentuale di massa grassa nell'organismo non inferiore al 7 per cento e non superiore al 22 per cento per i candidati di sesso maschile, e non inferiore al 12 per cento e non superiore al 30 per cento per le candidate di sesso femminile; forza muscolare: non inferiore a 40 kg per i candidati di sesso maschile, e non inferiore a 20 kg per le candidate di sesso femminile; massa metabolicamente attiva: percentuale di massa magra teorica non inferiore al 40 per cento per i candidati di sesso maschile, e non inferiore al 28 per cento per le candidate di sesso femminile; 3) senso cromatico e luminoso normale, campo visivo normale, visione notturna sufficiente, visione binoculare e stereoscopica sufficiente; 4) visus naturale non inferiore a 12/10 complessivi quale somma del visus dei due occhi con non meno di 5/10 nell'occhio che vede meno ed un visus corretto a 10/10 per ciascun occhio per una correzione massima complessiva di una diottria quale somma dei singoli vizi di rifrazione; 5) funzione uditiva con soglia audiometria media sulle frequenze 500 - 1000 - 2000 - 4000 Hz, all'esame audiometrico in cabina silente non inferiore a 30 decibel all'orecchio che sente di meno e a 15 decibel all'altro (perdita percentuale totale biauricolare entro il 20%); 6) l'apparato dentario deve essere tale da assicurare la funzione masticatoria e, comunque: devono essere presenti dodici denti frontali superiori ed inferiori; e' ammessa la presenza di non piu' di sei elementi sostituiti con protesi fissa; almeno due coppie contrapposte per ogni emiarcata tra i venti denti posteriori; gli elementi delle coppie possono essere sostituiti da protesi efficienti; il totale dei denti mancanti o sostituiti da protesi non puo' essere superiore a sedici elementi. Costituiscono causa di non idoneita' le imperfezioni ed infermita' previste dall'art. 123 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443. Requisiti attitudinali: 1) un livello evolutivo che consenta una valida integrazione della personalita' con riferimento alla maturazione, alla esperienza di vita, ai tratti salienti del carattere ed al senso di responsabilita'; 2) un controllo emotivo contraddistinto dalla capacita' di contenere i propri atti impulsivi e che implichi l'orientamento dell'umore, la coordinazione motoria e la sintonia delle reazioni; 3) una capacita' intellettiva che consenta di far fronte alle situazioni nuove con soluzioni appropriate, sintomatica di una intelligenza dinamico-pratica, di capacita' di percezione e di esecuzione e delle qualita' attentive; 4) una adattabilita' che scaturisce dal grado di socievolezza, dalla predisposizione al gruppo, ai compiti ed all'ambiente di lavoro; e) titolo studio: 1) per il concorso di cui all'art. 1, comma 1, lettera a): diploma di istruzione secondaria di primo grado; 2) per il concorso di cui all'art. 1, comma 1, lettera b): diploma d'istruzione secondaria superiore che consente l'iscrizione ai corsi per il conseguimento del diploma universitario; f) essere in possesso delle qualita' morali e di condotta previste dall'art. 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonche' dei requisiti di cui all'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443. 2. I suddetti requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine utile per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso.
Art. 3 Esclusione dal concorso 1. Sono esclusi dal concorso i candidati che non sono in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2, nonche' i candidati che non si presentino nel luogo, nel giorno e nell'ora stabilita per l'accertamento dell'idoneita' fisica e psichica e per la valutazione delle qualita' attitudinali. 2. Non possono essere ammessi al concorso coloro che siano stati destituiti dall'impiego presso una pubblica amministrazione, che abbiano riportato condanna a pena detentiva per delitto non colposo o siano o sono stati sottoposti a misura di prevenzione. 3. Non possono, altresi', concorrere coloro che siano stati dichiarati decaduti da altro impiego presso una pubblica amministrazione, per i motivi di cui alla lettera d) dell'art. 127 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. 4. L'Amministrazione provvede d'ufficio ad accertare le cause di esclusione di precedenti rapporti di pubblico impiego, la sussistenza dei requisiti di moralita' e di condotta stabiliti dalla legge per l'accesso al ruolo del personale del Corpo della polizia penitenziaria, nonche' l'idoneita' psico-fisica ed attitudinale al servizio di polizia penitenziaria dei candidati. 5. Nelle more della verifica del possesso dei requisiti, tutti gli aspiranti partecipano «con riserva» alle prove ed agli accertamenti concorsuali. 6. I concorrenti che risultano, ad una verifica anche successiva, in difetto dei prescritti requisiti sono esclusi di diritto dal concorso con decreto del Direttore generale del personale delle risorse. 7. Non possono partecipare al concorso di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) del presente bando, pena l'esclusione, coloro che abbiano svolto servizio nelle FF.AA. esclusivamente come volontari in ferma breve (VFB) o volontari in ferma annuale (VFA), nonche' i volontari in ferma prefissata quadriennale in rafferma biennale.
Art. 4 Trattamento dei dati personali 1. Ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, i dati personali forniti dai concorrenti saranno raccolti per le finalita' di gestione del concorso e saranno trattati presso una banca dati automatizzata anche successivamente all'eventuale instaurazione del rapporto di lavoro, per le finalita' inerenti la gestione del rapporto medesimo. 2. Il conferimento dei dati di cui al comma 1 e' obbligatorio per il candidato ai fini della valutazione dei requisiti di partecipazione. Il mancato adempimento determina l'esclusione dal concorso. 3. Le medesime informazioni potranno essere comunicate unicamente alle amministrazioni pubbliche direttamente interessate allo svolgimento del concorso o alla posizione giuridico-economica dei candidati. 4. I candidati godono dei diritti di cui al titolo II del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 che possono far valere nei confronti del Ministero della giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - Direzione generale del personale e delle risorse - Ufficio VI - Concorsi, polizia penitenziaria - largo Luigi Daga n. 2, 00164 Roma, titolare del trattamento. 5. Il responsabile del trattamento e' il dirigente della Direzione generale del personale e delle risorse preposto alla direzione dell'Ufficio VI - Concorsi.
Art. 5 Domanda di partecipazione 1. La domanda di partecipazione al concorso deve essere redatta ed inviata esclusivamente con modalita' telematiche, compilando l'apposito modulo (FORM) entro il termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal giorno successivo a quello della pubblicazione del presente bando nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - IVª Serie speciale, «Concorsi ed esami». Il modulo della domanda (FORM) e le modalita' operative di compilazione ed invio telematico sono disponibili dal giorno della suddetta pubblicazione sul sito ufficiale del Ministero della giustizia, www.giustizia.it Al termine della compilazione della domanda il sistema restituira', oltre al pdf della domanda, una ricevuta di invio, completa del numero identificativo della domanda, data ed ora di presentazione, che il candidato dovra' salvare, stampare, conservare ed esibire il giorno della prova scritta d'esame quale titolo per la partecipazione alla stessa, unitamente alla domanda stessa, che dovra' essere sottoscritta il giorno della prova d'esame, pena la non ammissione alla stessa. In caso di piu' invii della domanda di partecipazione, verra' presa in considerazione la domanda inviata per ultima, intendendosi le precedenti integralmente e definitivamente revocate e private d'effetto. Alla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle domande, il sistema informatico non consentira' piu' l'accesso al modulo telematico, ne' l'invio della domanda. 2. Salvo quanto previsto al comma 3, non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui domande siano state redatte, presentate o inviate con modalita' diverse da quelle sopra indicate. 3. Qualora negli ultimi tre giorni lavorativi di presentazione delle domande di partecipazione, sul citato sito venisse comunicata l'indisponibilita' del sistema informatico in questione, i candidati, nei termini di cui al primo comma, potranno inviare la domanda, come da fac-simile allegato al presente bando (allegato 1), a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, presso il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - Direzione generale del personale e delle risorse - Ufficio VI - Concorsi, polizia penitenziaria - largo Luigi Daga n. 2 - 00164 Roma.
Art. 6 Compilazione della domanda 1. Ciascun concorrente nella domanda di partecipazione dovra' dichiarare: a) il cognome ed il nome; b) la data ed il comune di nascita, nonche' il codice fiscale; c) il possesso della cittadinanza italiana; d) l'iscrizione alle liste elettorali, ovvero il motivo della mancata iscrizione o della cancellazione dalle liste medesime; e) di non aver riportato condanne penali o applicazioni di pena ai sensi dell'art. 444 del Codice di procedura penale e di non avere in corso procedimenti penali ne' procedimenti amministrativi per l'applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione, ne' che risultino a proprio carico precedenti penali iscrivibili nel casellario giudiziale ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313. In caso contrario, dovranno indicare le condanne e i procedimenti a carico ed ogni eventuale precedente penale, precisando la data del provvedimento e l'Autorita' giudiziaria che lo ha emanato ovvero quella presso la quale penda un eventuale procedimento penale; f) il titolo di studio, con l'indicazione dell'istituto che lo ha rilasciato e della data in cui e' stato conseguito; g) i servizi eventualmente prestati come dipendenti presso pubbliche amministrazioni e le cause delle eventuali risoluzioni di precedenti rapporti di pubblico impiego; h) se si e' stati espulsi dalle Forze armate, dai corpi militarmente organizzati o destituiti da pubblici uffici o dispensati dall'impiego per persistente insufficiente rendimento, ovvero decaduti dall'impiego statale, ai sensi dell'art. 127, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. i) di essere a conoscenza delle responsabilita' penali previste in caso di dichiarazioni mendaci, ai sensi dell'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 2. Nella domanda dovra' essere indicato l'eventuale possesso di titoli di preferenza di cui all'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e successive modifiche ed integrazioni. Qualora non espressamente dichiarati nella domanda stessa, i medesimi titoli non saranno presi in considerazione in sede di formazione della graduatoria concorsuale. 3. Le domande dovranno contenere la precisa indicazione del codice fiscale, della residenza o il domicilio nonche' dell'indirizzo di posta elettronica dove ciascun candidato intende ricevere le comunicazioni relative al concorso. Gli aspiranti sono, inoltre, tenuti a comunicare tempestivamente - a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento - al Ministero della giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria - Direzione generale del personale e delle risorse - Ufficio VI - Concorsi polizia penitenziaria - largo Luigi Daga n. 2 - 00164 Roma, ogni variazione di indirizzo o recapito intervenute successivamente all'inoltro della domanda di partecipazione presso il quale si intende ricevere le comunicazioni del concorso. 4. Gli aspiranti dovranno, altresi', dichiarare nella domanda di conoscere che la data e il luogo di svolgimento della prova scritta del concorso saranno resi noti, con valore di notifica a tutti gli effetti e per tutti i concorrenti, a partire dal 20 maggio 2019, mediante pubblicazione sul sito ufficiale del Ministero della giustizia, www.giustizia.it 5. Oltre ai dati ed alle informazioni sopra elencate di cui ai commi precedenti: a) i candidati al concorso di cui al comma 1, lettera b), del presente bando, in possesso dell'attestato di bilinguismo previsto dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 752/1976, dovranno obbligatoriamente precisare in quale lingua (italiano o tedesco) intendano sostenere la prova concorsuale; b) i candidati al concorso di cui al comma 1, lettera a) del presente bando dovranno dichiarare, nella suddetta domanda, i servizi prestati quale volontario in ferma prefissata annuale (VFP1) o quadriennale (VFP4), ovvero in rafferma annuale, con l'indicazione obbligatoria delle seguenti informazioni: Forza armata ove presta o ha prestato servizio (esercito, marina o aeronautica); se si trovi in servizio o in congedo; date di decorrenza giuridica di arruolamento e di congedo da VFP1 e dell'eventuale rafferma annuale e da VFP4, nonche' la denominazione e la sede dell'ultimo comando/reparto di servizio. 6. L'Amministrazione non si assumera' alcuna responsabilita' nel caso di dispersione delle proprie comunicazioni causata da inesatte od incomplete indicazioni del recapito da parte dei candidati, ovvero da mancata o tardiva comunicazione del cambiamento del recapito stesso, ne' di eventuali disguidi postali non imputabili a propria colpa.
Art. 7 Estratto della documentazione di servizio 1. I candidati non esclusi che partecipano ai concorsi di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) del presente bando dovranno produrre all'atto della presentazione alla prova scritta prevista dal successivo art. 10, pena la non valutabilita' dei titoli, l'estratto della documentazione di servizio, prevista dall'art. 1023, comma 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, redatto come da fac-simile in allegato 2, secondo le seguenti modalita': a) i candidati in posizione di congedo prima del termine di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione al concorso, dovranno presentare l'estratto della documentazione di servizio (allegato 2) rilasciato dall'ultimo ente/reparto di servizio all'atto del congedo, il quale dovra' contenere i dati relativi al servizio prestato quale volontario in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4), ovvero in rafferma annuale e dovra' essere firmato dal Comandate del corpo/reparto e sottoscritto dall'aspirante per presa visione ed accettazione dei dati in esso contenuti; b) i candidati in servizio al termine di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione al concorso, dovranno richiedere l'estratto della documentazione di servizio (allegato 2) al reparto/ente di appartenenza; tale documento deve essere chiuso tassativamente alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande, dovra' essere firmato dal Comandate del corpo/reparto e sottoscritto dall'aspirante per presa visione ed accettazione dei dati in esso contenuti.
Art. 8 Comunicazione agli aspiranti 1. Ad eccezione delle notifiche di cui all'art. 6, comma 4, e eventuali modifiche, pubblicate sul sito ufficiale del Ministero della giustizia, www.giustizia.it tutte le comunicazioni personali agli aspiranti avverranno in forma scritta. 2. L'Amministrazione penitenziaria non assume alcuna responsabilita' nel caso di dispersione di comunicazioni e/o ritardata ricezione da parte dei candidati di avvisi di convocazione, derivanti da inesatte od incomplete indicazioni di recapito da parte dell'aspirante o da mancata oppure tardiva comunicazione del cambiamento di recapito indicato nella domanda, ne' per eventuali disguidi postali o telegrafici o altre cause non imputabili a colpa dell'Amministrazione stessa, o ad eventi di forza maggiore.
Art. 9 Commissione esaminatrice 1. La Commissione esaminatrice per lo svolgimento della prova d'esame di cui al successivo art. 10 del presente decreto, nominata con decreto del Direttore generale del personale e delle risorse, e' composta da un presidente scelto tra i funzionari con qualifica non inferiore a dirigente penitenziario e/o Ufficiale del disciolto Corpo degli agenti di custodia e da altri quattro membri appartenenti alla carriera dirigenziale penitenziaria ovvero alla carriera dei funzionari del Corpo di polizia penitenziaria con qualifica non inferiore a commissario coordinatore ovvero scelti tra i funzionari dell'Amministrazione penitenziaria appartenenti all'area III. 2. Svolge le funzioni di segretario un funzionario del Corpo di polizia penitenziaria ovvero un funzionario dell'Amministrazione penitenziaria appartenente all'area III. 3. Per supplire ad eventuali, temporanee assenze od impedimenti del presidente, di uno dei componenti o del segretario della Commissione, puo' essere prevista la nomina di un presidente supplente, di quattro componenti supplenti e di un segretario supplente, da effettuarsi con lo stesso decreto di costituzione della commissione esaminatrice o con successivo provvedimento. 4. Qualora il numero dei candidati superi il numero di mille unita', la Commissione, con successivo decreto, puo' essere integrata di un numero di componenti e di segretari aggiunti tali da permettere, unico restando il presidente, la suddivisione in sottocommissioni.
Art. 10 Prova d'esame 1. I candidati, ai quali non sia stata comunicata l'esclusione dai concorsi ai sensi dell'art. 3, sono tenuti a presentarsi, muniti di un valido documento di identificazione (fotocopia dello stesso), di copia della domanda di partecipazione nonche' della documentazione richiesta all'art. 5, comma 1, (ricevuta di invio della domanda completa del numero identificativo) del presente bando, per sostenere la prova d'esame, il cui superamento costituisce requisito necessario per la successiva partecipazione al concorso, nei giorni e nell'ora stabiliti nel calendario pubblicato sul sito ufficiale del Ministero della giustizia www.giustizia.it il 20 maggio 2019, ovvero in altra data ivi fissata, indicata a partire dalla suddetta pubblicazione. Tale comunicazione ha valore di notifica a tutti gli effetti nei confronti dei candidati. 2. I candidati che non si presentino nel giorno e nell'ora previsti a sostenere la prova sono considerati esclusi dal concorso. 3. L'esame consiste in una prova scritta, vertente su una serie di domande a risposta sintetica o a scelta multipla, relative ad argomenti di cultura generale e a materie oggetto dei programmi della scuola dell'obbligo. 4. Ai fini della predisposizione delle domande a risposta a scelta multipla, l'Amministrazione e' autorizzata ad avvalersi della consulenza di enti pubblici o di privati specializzati nel settore. 5. La Commissione stabilisce preventivamente i criteri di valutazione degli elaborati e di attribuzione del relativo punteggio. 6. La durata della prova e' stabilita dalla Commissione all'atto della predisposizione delle serie di domande da somministrare. 7. La prova si intende superata dai candidati che abbiano riportato la votazione di almeno sei decimi. 8. Sono ammessi a sostenere gli accertamenti di cui al successivo art. 12: per i posti a concorso di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), i candidati di sesso maschile e femminile risultati idonei alla prova scritta e classificatisi rispettivamente tra i primi 680 e 224 in ordine di merito. Sono, inoltre, ammessi i candidati che abbiano riportato lo stesso punteggio del concorrente collocatosi all'ultimo posto; per i posti a concorso di cui all'art. 1, comma 1, lettera b), i candidati di sesso maschile e femminile risultati idonei alla prova scritta e classificatisi rispettivamente tra i primi 452 e 152 in ordine di merito. Sono, inoltre, ammessi i candidati che abbiano riportato lo stesso punteggio del concorrente collocatosi all'ultimo posto. 9. Qualora il numero degli idonei al termine degli accertamenti di cui ai successivi articoli 12 e 13 risulti inferiore al numero dei posti banditi nei rispettivi concorsi, ovvero per ulteriori ed eventuali esigenze sopravvenute, l'Amministrazione, si riserva la facolta' di convocare ulteriori aliquote di candidati idonei alla prova scritta, rispettando l'ordine delle relative graduatorie.
Art. 11 Modalita' di svolgimento della prova 1. Durante la prova d'esame e' fatto divieto ai candidati di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi in relazione con altri salvo che con gli incaricati della vigilanza o con i componenti della Commissione esaminatrice. 2. Nel corso della prova non e' consentito ai candidati usare telefoni cellulari, portare apparati radiotrasmittenti, calcolatrici e qualsiasi altro strumento elettronico, informatico o telematico che permettono di comunicare tra di loro e con l'esterno. E' altresi' vietato portare seco carta da scrivere, appunti, libri, e opuscoli di qualsiasi genere. Il candidato che contravviene a tali disposizioni e' escluso dal concorso. 3. L'esito della prova e' pubblicato sul sito del Ministero della giustizia.
Art. 12 Accertamenti psico-fisici 1. Dopo aver superato la prova d'esame, i candidati non esclusi dalla partecipazione ai rispettivi concorsi, nell'ambito delle aliquote di cui all'art. 10, comma 8, sono tenuti a sottoporsi, nel luogo, giorno ed ora che saranno loro preventivamente comunicati, alla visita medica per l'accertamento dell'idoneita' psico-fisica. 2. Gli accertamenti psico-fisici sono effettuati da una Commissione composta ai sensi del terzo comma dell'art. 106 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 anche da medici del Servizio sanitario nazionale operanti presso strutture del Ministero della giustizia, ovvero individuabili secondo le modalita' di cui al secondo comma dell'art. 120 del medesimo decreto legislativo n. 443/92. 3. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario del Corpo di polizia penitenziaria ovvero da un funzionario dell'Amministrazione penitenziaria appartenente all'area III. 4. Ai fini dell'accertamento dei requisiti psico-fisici i candidati sono sottoposti ad esame clinico generale ed a prove strumentali e di laboratorio. 5. L'Amministrazione si riserva di designare, per gli accertamenti psico-fisici di natura specialistica e le prove strumentali e di laboratorio, personale qualificato attraverso contratto di diritto privato. 6. Avverso il giudizio di non idoneita', il candidato puo' proporre ricorso nel termine di trenta giorni dalla data della notifica. 7. La Commissione medica di seconda istanza e' composta ai sensi del quarto comma dell'art. 107 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 ovvero da dirigenti medici superiori e dirigenti medici individuabili secondo le modalita' di cui al secondo comma dell'art. 120 del citato decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443. 8. Il giudizio di idoneita' o di non idoneita' espresso dalla Commissione medica di seconda istanza e' definitivo e comporta, in caso di inidoneita', l'esclusione dal concorso che viene disposta con decreto dal Direttore generale del personale e delle risorse.
Art. 13 Accertamenti attitudinali 1. I candidati che risultano idonei agli accertamenti psico-fisici saranno sottoposti alle prove attitudinali da parte di una Commissione presieduta da un dirigente penitenziario o Ufficiale del disciolto Corpo degli agenti di custodia, e composta da due appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria o del disciolto Corpo degli agenti di custodia con qualifica non inferiore all'ottava aventi il titolo di perito selettore e da due psicologi o medici specializzati in psicologia individuati ai sensi dell'art. 132 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. 2. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario del Corpo di polizia penitenziaria ovvero da un funzionario dell'Amministrazione penitenziaria appartenente all'area II. 3. Le prove attitudinali sono dirette ad accertare l'attitudine del candidato allo svolgimento dei compiti connessi con l'attivita' propria del ruolo e della qualifica da rivestire. 4. Le prove consistono in una serie di test sia collettivi sia individuali, ed in un colloquio con un componente della Commissione. 5. I test predisposti dalla Commissione sono approvati con decreto del Ministro della giustizia su proposta del Capo del Dipartimento. 5. Avverso al giudizio di non idoneita' il candidato puo' proporre ricorso nel termine di trenta giorni dalla data della notifica. 6. Il nuovo accertamento e' effettuato da una Commissione di seconda istanza presieduta da un dirigente medico superiore e composta da due dirigenti medici in qualita' di componenti, individuabili secondo le modalita' di cui al secondo comma dell'art. 120 del citato decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443. 7. Il giudizio di idoneita' o di non idoneita' riportato in sede di accertamento delle qualita' attitudinali dalla commissione di seconda istanza, e' definitivo e comporta, in caso di non idoneita', l'esclusione dal concorso che viene disposta con decreto motivato del Direttore generale del personale e delle risorse.
Art. 14 Documentazione amministrativa 1. I candidati risultati idonei agli accertamenti attitudinali dovranno far pervenire entro venti giorni dalla suddetta idoneita': a) dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modifiche, comprovante il possesso dei requisiti richiesti per l'eventuale assunzione; b) le certificazioni comprovanti il possesso dei titoli di precedenza e/o preferenza gia' indicati nella domanda di partecipazione, pena il loro mancato riconoscimento. Non e' ammesso il riferimento a documenti prodotti in altri concorsi, anche se indetti dal Ministero della giustizia.
Art. 15 Formazione e approvazione delle graduatorie dei concorsi 1. La Commissione di cui all'art. 9 redige per i soli aspiranti idonei alla prova scritta, che hanno superato gli accertamenti psico-fisici ed attitudinali, le graduatorie di merito, suddivise per contingente maschile e femminile, per ciascuno dei concorsi di cui al comma 1 dell'art. 1. 2. Per i concorsi di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) la rispettiva graduatoria e' formata secondo: a) il punteggio conseguito nella prova d'esame; b) i titoli di seguito indicati, tratti dall'estratto della documentazione di servizio di cui al fac-simile in allegato 2, rilasciata dalle competenti Autorita' militari: valutazione del periodo o periodi di servizio svolti in qualita' di Volontario in ferma prefissata; missioni in teatro operativo fuori area; valutazione relativa all'ultima documentazione caratteristica; riconoscimenti, ricompense e benemerenze; titolo di studio; conoscenza accertata secondo standard NATO, di una o piu' lingue straniere; esito dei concorsi di istruzione, specializzazioni/abilitazioni conseguite; numero e tipo delle specializzazioni/abilitazioni conseguite; eventuali altri attestati e brevetti. 3. I titoli sopra indicati sono tratti dall'estratto della documentazione di servizio, di cui al precedente art. 7, rilasciato dalle competenti Autorita' militari. 4. Saranno valutati esclusivamente i titoli acquisiti durante i periodi prestati dai candidati quali volontari in ferma prefissata annuale ovvero quadriennale ovvero in rafferma posseduti alla data di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione al concorso. 5. Nell'ambito delle suddette categorie, la Commissione esaminatrice determina i punteggi massimi da attribuire a ciascuna categoria, nonche' i titoli valutabili ed i criteri di massima per la valutazione degli stessi e per l'attribuzione dei relativi punteggi. 6. La valutazione dei titoli e' effettuata nei confronti dei soli candidati che, superata la prova scritta d'esame, sono ammessi alla successiva fase concorsuale nei limiti di cui al precedente art. 10, comma 8. 7. I titoli valutati ed i relativi punteggi sono riportati su apposite schede individuali, sottoscritte dal Presidente e da tutti i componenti della Commissione, che fanno parte integrante degli atti del concorso. 8. Per il concorso cui all'art. 1, comma 1, lettera b), ferma restando la riserva dei posti per i concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo di cui all'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 752/1976, la graduatoria di merito e' formata dal punteggio conseguito nella prova scritta dai candidati. 9. Il Direttore generale del personale e delle risorse, riconosciuta la regolarita' del procedimento, con proprio decreto approva le graduatorie di merito per ciascuno dei concorsi di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e b), suddivise in relazione ai posti messi a concorso del ruolo maschile e femminile e dichiara i vincitori e gli idonei dei concorsi medesimi, sotto condizione dell'accertamento dei requisiti per l'ammissione all'impiego. 10. A parita' di condizioni e di posizione nella graduatoria, sono applicate le preferenze e precedenze previste dall'art. 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487 e successive modifiche ed integrazioni. 11. Le graduatorie dei vincitori e degli idonei sono pubblicate nel sito istituzionale del Ministero della giustizia www.giustizia.it con modalita' che assicurino la riservatezza dei dati sensibili. Di tale pubblicazione e' data notizia mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami». Dalla data di pubblicazione di detto avviso decorre il termine per eventuali impugnative.
Art. 16 Nomina vincitori 1. I concorrenti dichiarati vincitori saranno nominati allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione, fermo restando il completamento della ferma per i volontari in ferma prefissata annuale. 2. I candidati cui al comma 1 che non si presenteranno, senza giustificato motivo, nella sede e nel termine loro assegnato per la frequenza del prescritto corso di formazione, saranno dichiarati decaduti dalla nomina e saranno sostituiti secondo l'ordine della graduatoria del rispettivo concorso. 3. La nomina dei vincitori e' disposta con decreto del Direttore generale del personale e delle risorse. 4. Le sedi di assegnazione del personale da immettere in servizio saranno individuate in relazione alle esigenze organizzative ed operative degli istituti penitenziari. 5. I candidati del concorso, ammessi al corso di formazione, superati gli esami di fine corso, devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. Roma, 11 febbraio 2019 Il direttore generale: Buffa
Allegato Parte di provvedimento in formato grafico
. 20 SENTENZA 23 gennaio - 21 febbraio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Dirigenti delle pubbliche amministrazioni - Obblighi di pubblicazione dei compensi di qualsiasi natura percepiti nonche' di dati relativi al reddito e al patrimonio personali e degli stretti congiunti. - Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), art. 14, commi 1-bis e 1-ter.
N. 20 SENTENZA 23 gennaio - 21 febbraio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Dirigenti delle pubbliche amministrazioni - Obblighi di pubblicazione dei compensi di qualsiasi natura percepiti nonche' di dati relativi al reddito e al patrimonio personali e degli stretti congiunti. - Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), art. 14, commi 1-bis e 1-ter. -(GU n.9 del 27-2-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Giorgio LATTANZI; Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima quater, con ordinanza del 19 settembre 2017, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visti l'atto di costituzione di R. A. e altri, nonche' l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 20 novembre 2018 il Giudice relatore Nicolo' Zanon; uditi gli avvocati Micaela Grandi e Stefano Orlandi per R. A. e altri e l'Avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 19 settembre 2017, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima quater, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 117, primo comma, della Costituzione - quest'ultimo in relazione agli artt. 7, 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, all'art. 5 della Convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981, ratificata e resa esecutiva con la legge 21 febbraio 1989, n. 98, nonche' agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), 7, lettere c) ed e), e 8, paragrafi 1 e 4, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati - questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). Le indicate disposizioni - inserite dall'art. 13, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita' e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) - vengono censurate «nella parte in cui prevedono che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all'art. 14, comma 1, lettere c) ed f) dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali». 1.1.- Il TAR Lazio espone che i ricorrenti nel giudizio a quo - dirigenti di ruolo inseriti nell'organico dell'ufficio del Garante per la protezione dei dati personali - agiscono per l'annullamento: della nota del Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali n. 34260/96505 del 14 novembre 2016; delle note del medesimo organo, n. 37894/96505, n. 37897/96505, n. 37899/96505, n. 37892/96505, n. 37893/96505, n. 37898/96505, del 15 dicembre 2016, «previa eventuale disapplicazione dell'art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33», oppure previa rimessione alla Corte di giustizia dell'Unione europea o alla Corte costituzionale «della questione in ordine alla compatibilita' delle disposizioni sopra citate con la normativa europea e costituzionale». Il medesimo TAR rileva che la nota n. 34260/96505 del 14 novembre 2016 del Segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali - in adempimento delle prescrizioni previste all'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino nel proprio sito web alcuni dati relativi ai titolari di incarichi dirigenziali - ha invitato i ricorrenti a inviare entro un dato termine la relativa documentazione, e precisamente: copia dell'ultima dichiarazione dei redditi presentata, oscurando i dati eccedenti; dichiarazione, aggiornata alla data di sottoscrizione, per la pubblicita' della situazione patrimoniale, da rendersi secondo uno schema allegato alla richiesta; dichiarazione di negato consenso per il coniuge non separato e i parenti entro il secondo grado, ovvero, in caso di avvenuta prestazione del consenso, copia delle dichiarazioni dei redditi dei suddetti soggetti e dichiarazioni aggiornate per la pubblicita' delle rispettive situazioni patrimoniali; dichiarazione dei dati relativi ad eventuali altre cariche presso enti pubblici o privati o altri incarichi con oneri a carico della finanza pubblica assunte dagli interessati. Ricorda poi che alla violazione dell'obbligo di comunicazione consegue, ai sensi dell'art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, una sanzione amministrativa, parimenti soggetta a pubblicazione, a carico del singolo dirigente responsabile della mancata comunicazione. 1.2.- Il TAR Lazio ricostruisce, nel suo sviluppo storico, il quadro normativo pertinente agli obblighi di trasparenza gravanti sui dirigenti pubblici, fino allo stato attuale, risultante dalle modifiche apportate dal d.lgs. n. 97 del 2016. Quest'ultimo ha equiparato gli obblighi di trasparenza gravanti sui dirigenti a quelli imposti ai titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo di livello statale, regionale e locale, attraverso l'introduzione del censurato comma 1-bis dell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, a norma del quale «[l]e pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui al comma 1 per i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati, salvo che siano attribuiti a titolo gratuito, e per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione». Il comma 1 dell'art. 14 appena citato indica come oggetto dell'obbligo di comunicazione i seguenti dati: a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica e gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti; f) le dichiarazioni e le attestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge 5 luglio 1982, n. 441 (Disposizioni per la pubblicita' della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti) - relative alla dichiarazione dei redditi e alla dichiarazione dello stato patrimoniale, quest'ultima concernente il possesso di beni immobili o mobili registrati, azioni, obbligazioni o quote societarie -, limitatamente al soggetto interessato, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano, con la previsione che venga data evidenza al mancato consenso. 1.3.- In questo contesto, il rimettente rileva che, secondo i ricorrenti, il livello di trasparenza richiesto dalla normativa appena illustrata determinerebbe il trattamento giuridico dei dati indicati a carico di un notevolissimo numero di soggetti, approssimativamente stimati in circa centoquarantamila unita', senza contare ne' i coniugi ne' i parenti fino al secondo grado, in base a elaborazioni attribuite all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN). Ricorda che essi sottolineano il carattere limitativo della riservatezza individuale di un trattamento che non troverebbe rispondenza in alcun altro ordinamento nazionale, ponendosi in contrasto con il «principio di proporzionalita' di derivazione europea». Il trattamento in questione si fonderebbe «sull'erronea assimilazione di condizioni non equiparabili fra loro (dirigenti delle amministrazioni pubbliche e degli altri soggetti cui il decreto si applica e titolari di incarichi politici)», prescindendo «dall'effettivo rischio corruttivo insito nella funzione svolta». 1.4.- Riferisce il TAR Lazio che, con ordinanza n. 1030 del 2 marzo 2017, la domanda di sospensione interinale dell'esecuzione degli atti gravati, incidentalmente formulata in ricorso, e' stata accolta. 1.5.- Il rimettente, in via preliminare, articola un'ampia motivazione per rigettare l'eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione, avanzata, nel giudizio a quo, dal Garante per la protezione dei dati personali, sulla scorta dell'espressa previsione della devoluzione delle controversie al giudice ordinario prevista dall'art. 152 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), nella formulazione vigente al momento della proposizione del ricorso. In particolare osserva che, nel giudizio in esame, si discute non dell'applicazione di norme del d.lgs. n. 196 del 2003 o di provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o di loro mancata adozione, bensi' di questioni e provvedimenti che afferiscono alle norme in materia di trasparenza, di cui al d.lgs. n. 33 del 2013, con conseguente applicabilita' dell'art. 50 del testo legislativo da ultimo citato, a norma del quale «[l]e controversie relative agli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente sono disciplinate dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104». Ne deriverebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, dal momento che l'art. 133, comma 1, lettera a), numero 6, dell'Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) indica, tra le materie di giurisdizione esclusiva attribuite al giudice amministrativo, il «diritto di accesso ai documenti amministrativi e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa». 1.6.- Rigettate altre eccezioni preliminari, il rimettente enumera le fonti sovranazionali rilevanti nel caso di specie, soffermandosi, in particolare, sugli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46/CE, ed evidenziando come i principi da essi espressi siano stati confermati nella nuova normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), entrato in vigore il 24 maggio 2016, pur con efficacia differita al 25 maggio 2018. Dalle illustrate disposizioni il rimettente ricava il principio secondo cui la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati, non osta a una normativa nazionale che imponga la raccolta e la divulgazione dei dati sui redditi dei dipendenti pubblici, a condizione, pero', che sia provato che la divulgazione, laddove puntuale, ovvero riferita anche ai nominativi dei dipendenti, risulti necessaria e appropriata per l'obiettivo di buona gestione delle risorse pubbliche. Secondo il TAR Lazio, infatti, i principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza costituiscono il canone complessivo che governa il rapporto tra esigenza, privata, di protezione dei dati personali, ed esigenza, pubblica, di trasparenza. 1.7.- In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente evidenzia la necessita' di adottare un sistema rigido di prevenzione della corruzione, la cui percezione e' da intendersi anche come carenza di trasparenza, ma afferma che cio' dovrebbe avvenire sempre nel rispetto dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza delle misure adottate. Afferma, in particolare, che «la denunzia di incompatibilita' con la normativa europea e costituzionale formulata dai ricorrenti in relazione ai contestati dati oggetto di divulgazione risulta non manifestamente infondata», sotto i profili di seguito elencati. 1.8.- Quanto alla equiparazione dei dirigenti pubblici con i titolari di incarichi politici (originari destinatari della previsione di cui all'art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013) e all'assenza di qualsiasi differenziazione tra le figure dirigenziali, il rimettente osserva che la previsione normativa violerebbe l'art. 3 Cost. perche' assimilerebbe condizioni che, «all'evidenza, non sono equiparabili fra loro», per «genesi, struttura, funzioni esercitate e poteri statali di riferimento». A tale proposito evidenzia che i rapporti e le responsabilita' che correlano le due figure ai cittadini si collocano su piani non comunicanti, cio' che renderebbe «del tutto implausibile la loro riconduzione, agli esclusivi fini della trasparenza, nell'ambito di un identico regime». 1.9.- La mancata differenziazione tra le categorie dirigenziali soggette alla misura, in base, ad esempio, all'amministrazione di appartenenza, alla qualifica, alle funzioni in concreto ricoperte, ai compensi percepiti, sarebbe parimenti «indice di una non adeguata calibrazione della disposizione in parola», tenuto conto della molteplicita' delle categorie dirigenziali rinvenibili nell'ordinamento vigente e della connessa varieta' ed estensione dei segmenti di potere amministrativo esercitato: la misura riguarderebbe, secondo le elaborazioni dell'ARAN, oltre centoquarantamila dirigenti, senza alcuna considerazione dell'effettivo rischio corruttivo insito nella funzione svolta. 1.10.- Altro sintomo di irragionevolezza della disciplina viene individuato nel fatto che la divulgazione on line di una quantita' enorme di dati comporterebbe dei rischi di alterazione, manipolazione e riproduzione per fini diversi, che potrebbero frustrare le esigenze di informazione veritiera e, quindi, di controllo, alla base della normativa. Le stesse modalita' di diffusione dei dati reddituali e patrimoniali (relativi ai dirigenti, ai coniugi e ai parenti entro il secondo grado, ove essi acconsentano, e salva la menzione dell'eventuale mancato consenso), desunti dalla dichiarazione dei redditi, non supererebbero il test di proporzionalita' condotto sulla misura in esame. Infatti, ai sensi degli artt. 7-bis e 9 del d.lgs. n. 33 del 2013, le amministrazioni cui compete la pubblicazione on line dei dati non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzarli o di renderli non consultabili. Tali modalita' di pubblicazione renderebbero quest'ultima «indubbiamente foriera di usi da parte del pubblico che possono trasmodare [...] dalla finalita' della trasparenza, sino a giungere alla messa a rischio della sicurezza degli interessati». Osserva a tale proposito il TAR Lazio che la «pubblicazione di massicce quantita' di dati» non si traduce automaticamente nell'agevolazione della ricerca di quelli piu' significativi a determinati fini, soprattutto da parte dei singoli cittadini, i quali anzi non avrebbero a disposizione efficaci strumenti di lettura e di elaborazione di dati sovrabbondanti o eccessivamente diffusi. Il regime di trasparenza in funzione di contrasto alla corruzione dovrebbe invece essere finalizzato, a parere del rimettente, a tutelare l'intera collettivita' e non solo i soggetti «complessi» a vario titolo operanti nell'ordinamento vigente. Allo stato, solo questi ultimi sarebbero in possesso di strumenti idonei «a decrittare importanti masse di informazioni», e sarebbero percio' i soli in grado di trarre, dai dati oggetto degli obblighi informativi imposti dalle disposizioni censurate, «conclusioni coerenti con quanto complessivamente reso disponibile e con gli obiettivi propri della legislazione di cui trattasi». Ne deriverebbe la frustrazione dell'esigenza di consentire quella forma diffusa di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, che pure costituisce la finalita' perseguita dal d.lgs. n. 33 del 2013. 1.11.- Le disposizioni censurate, sotto i profili in precedenza segnalati, si porrebbero, dunque, in contrasto con diversi parametri costituzionali. 1.11.1.- In primo luogo sarebbe leso l'art. 117, primo comma, Cost., che vincola la potesta' legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni al rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, tra cui si collocano i principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati personali. 1.11.2.- In secondo luogo sarebbe violato l'art. 3 Cost., per il contrasto con il «principio di uguaglianza formale e sostanziale», in conseguenza sia dell'irragionevole parita' di trattamento che la disposizione riserva ai titolari di incarichi politici e ai titolari di incarichi dirigenziali, categorie ritenute non assimilabili in quanto soggette a regimi giuridici incomparabili, sia per l'irragionevole parificazione di tutti gli incarichi dirigenziali, effettuata senza distinguere, conformemente alla natura dell'interesse pubblico perseguito dalla norma, la portata degli obblighi di pubblicita' on line in ragione delle caratteristiche delle loro tipologie, ovvero in riferimento al grado di esposizione dell'incarico pubblico al rischio di corruzione e all'entita' delle risorse pubbliche assegnate all'ufficio della cui gestione il soggetto interessato deve rispondere. 1.11.3.- Sarebbero altresi' violati gli artt. 2 e 13 Cost., che tutelano i diritti inviolabili dell'uomo e la liberta' personale, stante la «suscettibilita' della prescrizione imposta ai dirigenti di comunicare, ai fini della loro pubblicazione, i dati in contestazione, desunti dalla dichiarazione dei redditi, invece che una loro ragionata elaborazione, piu' funzionale alle finalita' perseguite dalla trasparenza amministrativa e atta a scongiurare incontrovertibilmente la diffusione di dati sensibili o di dati, per un verso, superflui ai fini perseguiti dalla norma, per altro verso, suscettibili di interpretazioni distorte». 1.12.- Il TAR Lazio si mostra consapevole del fatto che la Corte di giustizia delle Comunita' europee (sentenza 20 maggio 2003, nelle cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01, Österreichischer Rundfunk e altri), ha ritenuto che gli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46/CE - che hanno «trovato conferma» nelle disposizioni del regolamento n. 2016/679/UE - sono direttamente applicabili, nel senso che essi possono essere fatti valere da un singolo dinanzi ai giudici nazionali per evitare l'applicazione delle norme di diritto interno contrarie a tali disposizioni. Esclude tuttavia che la norma contestata sia suscettibile di essere disapplicata «per contrasto con normative comunitarie», posto che non sarebbe individuabile una «disciplina self-executing di tale matrice direttamente applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio». Ritiene, infatti, che i principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza di fonte europea invocati dai ricorrenti nel giudizio principale non sarebbero altro che «criteri in base ai quali effettuare una ponderazione della conformita'» ad essi della disciplina censurata. Ma tale operazione necessariamente sconterebbe «i differenti caratteri e la diversa portata dell'interesse pubblico generale che si intende tutelare attraverso il regime di trasparenza, e che puo' avere una configurazione diversa, a seconda del sistema nazionale considerato». Il TAR Lazio evidenzia, dunque, che le strade percorribili sarebbero due: un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea oppure la rimessione di una questione di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale. Tra i due rimedi opta per la rimessione alla Corte costituzionale «della questione di costituzionalita' relativa all'art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all'art. 14 comma 1, lett. c) ed f), dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali». 1.13.- In punto di rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale, il rimettente ribadisce che gli atti impugnati nel giudizio principale costituiscono diretta applicazione della norma sospettata di contrasto con la Costituzione, sicche' solo dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma censurata potrebbe derivare il richiesto accoglimento del ricorso per illegittimita' derivata degli atti impugnati. 1.14.- Il rimettente ritiene non manifestamente infondata anche la questione di legittimita' costituzionale del comma 1-ter del medesimo art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, secondo cui «[c]iascun dirigente comunica all'amministrazione presso la quale presta servizio gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. L'amministrazione pubblica sul proprio sito istituzionale l'ammontare complessivo dei suddetti emolumenti per ciascun dirigente». A suo parere, infatti, l'oggetto della pubblicazione prevista dall'ultimo periodo del predetto comma 1-ter costituirebbe un dato aggregato che contiene quello di cui al comma 1, lettera c), dello stesso articolo e potrebbe, anzi, corrispondere del tutto a quest'ultimo, laddove il dirigente non percepisca altro emolumento diverso dalla retribuzione per l'incarico assegnato. Di qui la decisione «di estendere, d'ufficio, ai sensi dell'art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale, la questione di legittimita' costituzionale anche al comma 1-ter dell'art. 14 del d.lgs. 33/2013, limitatamente alla prescrizione di cui all'ultimo periodo», a norma del quale «[l]'amministrazione pubblica sul proprio sito istituzionale l'ammontare complessivo dei suddetti emolumenti per ciascun dirigente». In ordine alla motivazione in punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza della ulteriore questione sollevata, il rimettente si limita a richiamare «integralmente le argomentazioni gia' esposte in ordine all'art. 14, comma 1-bis, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33». 2.- Si sono costituite le parti private R. A. e altri, le quali hanno ripercorso, nelle loro difese, la vicenda amministrativa e poi giudiziaria che ha condotto alla proposizione delle questioni di legittimita' costituzionale. 2.1.- Preliminarmente, esse hanno contestato la negazione, da parte del TAR Lazio adito, del carattere self-executing del diritto europeo richiamato nel ricorso introduttivo del giudizio, in considerazione del fatto che tale carattere sarebbe stato, invece, espressamente riconosciuto, quantomeno agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46/CE, dalla citata sentenza del 20 maggio 2003 della Corte di giustizia. A sostegno hanno richiamato altre decisioni della Corte di Lussemburgo in materia di protezione dei dati personali, dalle quali traggono la convinzione che spetti al giudice amministrativo adito pronunciarsi sulla compatibilita' con il diritto europeo self-executing della norma censurata. Hanno tuttavia riconosciuto, «[i]n alternativa», che, venendo in rilievo norme della CDFUE (artt. 7 e 8), «alla luce di quanto da ultimo deciso con sentenza n. 269/2017», spetti alla Corte costituzionale pronunciarsi anche sulla compatibilita' della norma censurata con tali parametri. 2.2.- In ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate nell'ordinanza di rimessione, le parti private hanno sviluppato gli argomenti gia' illustrati dal TAR Lazio, concludendo per l'accoglimento delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013. 2.3.- In subordine, le parti private hanno chiesto alla Corte costituzionale di sollevare, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della direttiva 95/46/CE. 2.4.- Tali parti hanno, infine, chiesto «l'anonimizzazione dei dati degli esponenti in sede di pubblicazione degli atti, ai sensi dell'art. 52 D. Lgs. 196/2003». 3.- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate. 3.1.- In relazione alla prospettata violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., secondo l'Avvocatura generale, «la stessa categoria del "trattamento dei dati personali" non pare ragionevolmente riferibile alla pubblicazione dei compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica, degli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici», che e' oggetto dell'obbligo imposto dall'art. 14, comma 1-bis, lettera c), del d.lgs. n. 33 del 2013. Si tratterebbe, al contrario, di informazioni pubbliche, «in quanto concernenti l'uso di risorse pubbliche», sicche' i «cittadini-contribuenti» avrebbero «diritto - ed interesse - a sapere come le risorse pubbliche sono gestite da parte delle pubbliche amministrazioni». 3.2.- In via generale l'Avvocatura osserva che il legislatore nazionale dispone di un margine di apprezzamento - attribuito agli Stati membri dallo stesso ordinamento europeo in materia di protezione dei dati personali - nel ponderare il proprio regime di trasparenza nel settore pubblico in rapporto alla tutela dei dati personali. Cio' premesso, l'Avvocatura generale ritiene che il legislatore nazionale, nell'adozione delle norme di cui al d.lgs. n. 33 del 2013 oggetto di censura, abbia operato correttamente il dovuto bilanciamento «alla luce dei test di proporzionalita', non eccedenza, pertinenza, finalita' e ragionevolezza». 3.3.- L'Avvocatura generale ricorda che la commissione incaricata dell'attuazione della delega contenuta nella legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalita' nella pubblica amministrazione) ha messo in evidenza che l'adozione delle norme in materia di trasparenza nasce dall'esigenza di applicare un sistema rigido di prevenzione della corruzione, «in virtu' dei numerosi moniti provenienti da rilevanti organizzazioni internazionali (Onu, Greco, OCSE) e dalla stessa Unione europea, che hanno raccomandato piu' volte all'Italia l'adozione di misure severe e drastiche, soprattutto ispirate a una logica di integrita' e trasparenza». L'Avvocatura generale richiama anche «le classifiche stilate dall'organizzazione "Transparency International" che hanno classificato l'Italia tra i Paesi in cui e' piu' elevata la percezione della corruzione (da intendersi anche come carenza di trasparenza)». In questo contesto, appunto, sarebbero stati calati i canoni di proporzionalita', pertinenza, non eccedenza e ragionevolezza, che il legislatore italiano avrebbe utilizzato nel bilanciamento tra l'interesse pubblico alla trasparenza e l'interesse individuale alla riservatezza, giungendo all'adozione di misure di trasparenza «ampie e rigorose». 3.4.- L'interveniente richiama gli studi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in tema di gestione del conflitto di interessi e di asset disclosure per i funzionari pubblici, evidenziando che il livello di divulgazione dei dati, in media, sarebbe strettamente correlato alla posizione dirigenziale. Di qui la conclusione che «i manager tendono ad avere piu' obblighi in materia di pubblicita' rispetto ai funzionari». 3.5.- Con riferimento alla prospettata violazione dell'art. 3 Cost., l'Avvocatura generale osserva che «e' proprio il fatto di essere permanentemente e stabilmente al servizio delle pubbliche amministrazioni, con funzioni gestionali apicali», a costituire la giustificazione del regime aperto, di massima trasparenza, per i gestori della cosa pubblica, «quanto se non piu' che per i titolari di incarichi politici». Quanto all'assenza di gradualita' degli obblighi di pubblicazione in relazione alla tipologia di incarico dirigenziale, l'Avvocatura generale suggerisce un'interpretazione costituzionalmente orientata - che porterebbe alla declaratoria d'infondatezza della questione posta sotto tale peculiare profilo - che sarebbe, del resto, gia' stata operata in sede esecutiva, attraverso apposite linee guida emanate dall'Autorita' nazionale anticorruzione (ANAC), laddove si prevede, ai sensi dell'art. 3, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013, che per i dirigenti di Comuni sotto i quindicimila abitanti si provveda alla pubblicazione dei dati di cui all'art. 14, comma 1, lettere da a) ad e), ma non di quelli previsti alla lettera f), vale a dire le attestazioni patrimoniali e la dichiarazione dei redditi, con estensione della medesima disciplina in favore dei dirigenti scolastici. 3.6.- Sarebbe parimenti infondata, a giudizio dell'interveniente, anche la questione di legittimita' costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 2 e 13 Cost. Il prospettato sacrificio della liberta' personale a causa della pubblicazione dei dati (anziche' di una loro «ragionata elaborazione») desumibili dalla dichiarazione dei redditi sarebbe scongiurato dal fatto che - in sede applicativa - sarebbe «comunque dovuto il necessario coordinamento delle disposizioni di cui all'art. 14 cit. con le vigenti norme di rango primario in materia di tutela dei dati personali». Infine, con riferimento al nucleo familiare, «e' la stessa legge a prevedere la pubblicazione dei dati solo su base volontaria», sicche' sarebbe esclusa la violazione dei parametri costituzionali evocati. 3.7.- Inammissibile per difetto di rilevanza sarebbe, infine, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013, sollevata d'ufficio, in quanto il giudizio principale verterebbe su atti che non danno applicazione a tale comma, sicche' la decisione del caso concreto prescinderebbe dalla norma in questione. In ogni caso, militerebbero per l'infondatezza anche di tale ulteriore questione le argomentazioni addotte con riferimento alle censure mosse all'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013. 4.- Le parti private, in prossimita' dell'udienza pubblica del 20 novembre 2018, hanno depositato memoria illustrativa, nella quale hanno ripreso il contenuto dell'atto di costituzione e controdedotto rispetto agli argomenti illustrati dall'Avvocatura generale dello Stato. In primo luogo esse hanno ribadito che il punto nodale della vicenda e' costituito dai «rapporti tra le fonti dei diritti fondamentali», essendo violate insieme norme sia della CDFUE (artt. 7 e 8), sia della Costituzione, sia della CEDU, nell'ambito di una questione di legittimita' costituzionale sollevata con l'evocazione, come parametri interposti, anche di altre norme di diritto dell'Unione - la direttiva 95/46/CE (le cui disposizioni sono poi state riprodotte nel regolamento n. 2016/679/UE) - che, al pari della CDFUE, pure avrebbero efficacia diretta. Secondo le parti private, di fronte ai prospettati dubbi di compatibilita' della disciplina italiana con tale complessiva cornice normativa dell'Unione europea, il TAR Lazio avrebbe dovuto, in base all'art. 267 del TFUE, disapplicare le norme nazionali oppure operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo. Cio' posto, le parti private hanno chiesto alla Corte costituzionale di valutare se dichiarare inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale per l'immediata applicabilita' del diritto europeo violato dalla normativa censurata, oppure adire con un rinvio pregiudiziale la Corte di giustizia, ovvero, ancora, ritenere «assorbente» la questione di legittimita' costituzionale. Con riferimento agli argomenti addotti dall'Avvocatura generale dello Stato, le parti private contrastano la tesi secondo cui i dati indicati dalla lettera c) dell'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013 non sarebbero dati personali, quanto piuttosto informazioni concernenti l'uso di risorse pubbliche e, come tali, naturalmente pubbliche. Le parti private, poi, contestano gli argomenti dell'interveniente fondati sul margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati nazionali nel dettare discipline in materia di trasparenza amministrativa. Esse affermano, infatti, che le norme della direttiva 95/46/CE, prima, e del regolamento n. 2016/679/UE, dopo, non lascerebbero agli Stati membri alcuna liberta' di disciplinare, con margini di autonomia, i principi in esse indicati. In ogni caso, anche il bilanciamento effettuato dal legislatore nazionale tra valori aventi tutti un rilievo costituzionale sarebbe viziato dalla prevalenza assoluta riconosciuta alla trasparenza amministrativa rispetto alla tutela della riservatezza delle persone. A sostegno di tale conclusione, le parti private riportano ampi stralci dell'atto di segnalazione n. 6 del 20 dicembre 2017 trasmesso dall'ANAC al Parlamento ed al Governo. Le parti private, infine, controdeducono rispetto alla possibilita' d'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina censurata suggerita dall'interveniente e fondata sulla possibilita' che l'ANAC intervenga, con proprie linee guida, ad introdurre una sorta di graduazione degli obblighi di pubblicazione, differenziando le categorie di dirigenti che sono ad essi soggette. Ritengono, infatti, che non spetti ad un'autorita' amministrativa «"correggere il tiro" (e non di poco) di una disposizione legislativa (che si ritiene emendabile)», in quanto l'unica via percorribile a tal fine, ricorrendone i presupposti, sarebbe la disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto europeo o la pronuncia d'illegittimita' costituzionale. Considerato in diritto 1.- Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima quater, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). Le disposizioni censurate sono state inserite nell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013 dall'art. 13, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita' e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche). In particolare, l'art. 14, comma 1-bis, estende a tutti i titolari di incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, a qualsiasi titolo conferiti, gli obblighi di pubblicazione di una serie di dati, obblighi gia' previsti dal citato art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013 a carico dei titolari di incarichi politici, anche se non di carattere elettivo, di livello statale, regionale e locale. Il rimettente censura la disposizione nella parte in cui stabilisce che le pubbliche amministrazioni pubblichino, per i dirigenti, i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica, gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici (art. 14, comma 1, lettera c); le dichiarazioni e attestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge 5 luglio 1982, n. 441 (Disposizioni per la pubblicita' della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti), ovvero la dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche e quella concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di societa', le quote di partecipazione a societa', anche in relazione al coniuge non separato ed ai parenti entro il secondo grado, ove essi vi acconsentano, dovendosi in ogni caso dare evidenza al mancato consenso (art. 14, comma 1, lettera f). L'art. 14, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013 e' censurato limitatamente all'ultimo periodo, nella parte in cui prevede che l'amministrazione pubblichi sul proprio sito istituzionale l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti da ciascun dirigente a carico della finanza pubblica. 1.1.- Ritiene il giudice a quo che le indicate disposizioni contrastino, innanzitutto, con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 7, 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, all'art. 5 della Convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981, ratificata e resa esecutiva con la legge 21 febbraio 1989, n. 98, nonche' agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), 7, lettere c) ed e), e 8, paragrafi 1 e 4, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati. Evidenzia il tribunale amministrativo rimettente come tali disposizioni stabiliscano principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati personali, confermati anche dalla nuova normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), definendo cosi' il quadro sovranazionale di riferimento per ogni disciplina del rapporto tra esigenza (privata) di protezione di tali dati ed esigenza (pubblica) di trasparenza. Sottolinea come la necessaria tutela delle persone fisiche rispetto al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali non osterebbe a una normativa nazionale che imponga la raccolta e la divulgazione di informazioni relative al patrimonio e al reddito dei dirigenti pubblici, alla condizione, pero', che la divulgazione di tali dati, in quanto riferiti puntualmente e specificamente ai nominativi dei dipendenti, risulti necessaria e appropriata al raggiungimento degli obiettivi della corretta informazione dei cittadini e della buona gestione delle risorse pubbliche. Sostiene che i principi desumibili dai parametri europei risulterebbero invece lesi dalla disciplina censurata, anche a causa della quantita' di dati da pubblicare e delle modalita' della loro divulgazione, dovendosi in particolare considerare che, ai sensi degli artt. 7-bis e 9 del d.lgs. n. 33 del 2013, le amministrazioni cui compete la pubblicazione on line dei dati non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte a impedire ai motori di ricerca web di indicizzarli, o di renderli non consultabili attraverso questi ultimi. 1.2.- Le disposizioni di cui all'art. 14, commi 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013, sarebbero altresi' in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto due distinti profili. In primo luogo, vi sarebbe violazione del principio di uguaglianza per la circostanza che gli obblighi di pubblicazione in esame graverebbero su tutti i dirigenti pubblici, senza alcuna distinzione. Il giudice a quo osserva che la previsione normativa assimilerebbe, in tal modo, cariche dirigenziali che, «all'evidenza, non sono equiparabili fra loro», per «genesi, struttura, funzioni esercitate e poteri statali di riferimento». La mancata differenziazione tra le categorie dirigenziali soggette alla misura, in base, ad esempio, all'amministrazione di appartenenza, alla qualifica, alle funzioni in concreto ricoperte, ai compensi percepiti, sarebbe «indice di una non adeguata calibrazione della disposizione in parola», tenuto conto della molteplicita' delle categorie dirigenziali rinvenibili nell'ordinamento vigente, e della connessa varieta' ed estensione dei segmenti di potere amministrativo esercitato: la misura riguarderebbe, secondo le elaborazioni dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), oltre centoquarantamila dirigenti, senza alcuna considerazione dell'effettivo rischio corruttivo insito nella funzione svolta, anche in relazione all'entita' delle risorse pubbliche assegnate all'ufficio della cui gestione il soggetto interessato deve rispondere. Violerebbe il principio di uguaglianza anche l'equiparazione, prevista dalle disposizioni censurate, dei dirigenti pubblici con i titolari di incarichi politici. Sottolinea il rimettente che la comune soggezione dei titolari di incarichi politici e dei dirigenti a identici obblighi di pubblicita', stante la diversa durata temporale che, di norma, caratterizza lo svolgimento delle relative funzioni, si risolverebbe in una misura particolarmente pervasiva per i secondi, assoggettati alla disciplina in esame per un periodo corrispondente all'intera durata del rapporto di lavoro, ponendosi nei loro confronti, diversamente che per i titolari di incarichi politici, alla stregua di una «condizione della vita». La lesione dell'art. 3 Cost. emergerebbe anche sotto il profilo dell'intrinseca irragionevolezza della disciplina censurata. La divulgazione on line di una quantita' enorme di dati comporterebbe rischi di alterazione, manipolazione e riproduzione di questi ultimi per finalita' diverse da quelle per le quali la loro raccolta e trattamento sono previsti, con frustrazione delle esigenze di informazione veritiera e, quindi, di controllo, alla base della normativa. Le stesse modalita' di diffusione dei dati non supererebbero il test di ragionevolezza e proporzionalita', riguardando dati reddituali e patrimoniali - relativi non solo ai dirigenti, ma anche ai loro coniugi e parenti entro il secondo grado, ove acconsentano, e salva la menzione dell'eventuale mancato consenso - desunti dalla dichiarazione dei redditi e dunque particolarmente dettagliati, senza che, come gia' ricordato, le amministrazioni cui compete la pubblicazione on line dei dati possano disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte a impedire ai motori di ricerca web di indicizzarli, o di renderli non consultabili attraverso questi. Osserva a tale proposito il rimettente che la «pubblicazione di massicce quantita' di dati» non si tradurrebbe automaticamente nell'agevolazione della ricerca di quelli piu' significativi a determinati fini, soprattutto da parte dei singoli cittadini, rispetto ai quali e' anzi lecito supporre la mancanza di disponibilita' di efficaci strumenti di lettura e di elaborazione di dati sovrabbondanti ed eccessivamente diffusi. 1.3.- Le disposizioni in esame si porrebbero altresi' in contrasto con gli artt. 2 e 13 Cost., poiche' i diritti inviolabili dell'uomo e la liberta' personale risulterebbero lesi da obblighi di pubblicazione funzionali bensi' a esigenze di trasparenza amministrativa, ma non idonei a scongiurare «la diffusione di dati sensibili», per un verso superflui ai fini perseguiti dalla disciplina, per altro verso «suscettibili di interpretazioni distorte». 1.4.- Infine, il TAR Lazio ritiene di «estendere, d'ufficio, ai sensi dell'art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87» le descritte questioni di legittimita' costituzionale anche all'art. 14, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013, limitatamente all'ultimo periodo e, dunque, alla parte in cui prevede che l'amministrazione pubblichi sul proprio sito istituzionale l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti da ciascun dirigente a carico della finanza pubblica. Sostiene, infatti, il rimettente che oggetto della pubblicazione prevista da tale ultimo periodo della disposizione sarebbe un dato aggregato, che contiene quello di cui al comma 1, lettera c), dello stesso art. 14, e potrebbe anzi corrispondere del tutto a quest'ultimo, se il dirigente non percepisca altro emolumento diverso dalla retribuzione per l'incarico conferitogli. 2.- Va preliminarmente considerato che il giudice rimettente e' consapevole della circostanza per cui, trattando le norme censurate della pubblicazione in rete di dati reddituali e patrimoniali relativi a dirigenti delle pubbliche amministrazioni (e ai loro coniugi e parenti entro il secondo grado), viene in rilievo un trattamento di dati personali soggetto anche alla disciplina del diritto (comunitario, prima, e ora) dell'Unione europea. Del resto, la stessa ordinanza di rimessione, lamentando che le disposizioni censurate violino l'art. 117, primo comma, Cost., indica, quali parametri interposti, norme del diritto europeo sia primario che derivato: argomenta, infatti, l'asserita lesione del diritto alla vita privata, di quello alla protezione dei dati personali, dei principi di proporzionalita' e pertinenza, sanciti dagli articoli 7, 8 e 52 della CDFUE e dagli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46/CE. Al tempo stesso ritiene che la disciplina legislativa sia in contrasto anche con parametri costituzionali interni, sostenendo che essa lede l'art. 3 Cost., sotto diversi profili, e gli artt. 2 e 13 Cost. Il giudice rimettente e' altresi' consapevole della circostanza che, in fattispecie analoga a quella al suo esame, la Corte di giustizia delle Comunita' europee (sentenza 20 maggio 2003, nelle cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/0120, Österreichischer Rundfunk e altri) - pur avendo ritenuto, a seguito di rinvio pregiudiziale, che gli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della ricordata direttiva 95/46/CE contengono norme direttamente applicabili - ha stabilito che la valutazione sul corretto bilanciamento tra il diritto alla tutela dei dati personali e quello all'accesso ai dati in possesso delle pubbliche amministrazioni doveva essere rimessa al giudice del rinvio, escludendo percio' che fosse stata definitivamente compiuta dalla normativa europea. Su questi presupposti, ritiene (punto 17 dell'ordinanza) che le disposizioni interne censurate non possano essere disapplicate «per contrasto con normative comunitarie», posto che non sarebbe realmente individuabile una disciplina self-executing di matrice europea applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio. Afferma, in particolare, che i principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza in tema di trattamento dei dati personali - presidiati dalle norme europee, primarie e derivate, indicate quali parametri interposti - si presenterebbero non gia' quali disposizioni idonee a regolare la fattispecie al suo esame, bensi' quali «criteri» di riferimento per effettuare una «ponderazione della conformita'» della disciplina censurata, mostrando di intendere che tale operazione sia di segno diverso dalla semplice applicazione o non applicazione di una norma al fatto. Escludendo dunque che la normativa europea offra una soluzione del caso concreto, scartando inoltre la via di un rinvio pregiudiziale, proprio perche' in occasione analoga la Corte di giustizia aveva devoluto al giudice nazionale la valutazione sul corretto bilanciamento tra i due diritti potenzialmente confliggenti - quello alla tutela dei dati personali e quello ad accedere ai dati in possesso delle pubbliche amministrazioni - decide di sollevare questioni di legittimita' costituzionale sulle disposizioni al suo esame, ritenendo che la valutazione sul bilanciamento in parola non possa che spettare a questa Corte. 2.1.- Alla luce della descritta prospettazione, le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, sotto lo specifico profilo appena esaminato, sono ammissibili. Questa Corte (sentenza n. 269 del 2017) ha gia' rilevato che i principi e i diritti enunciati nella CDFUE intersecano in larga misura i principi e i diritti garantiti dalla Costituzione italiana (e dalle altre Costituzioni nazionali degli Stati membri), e che la prima costituisce pertanto «parte del diritto dell'Unione dotata di caratteri peculiari in ragione del suo contenuto di impronta tipicamente costituzionale». Ha aggiunto che, fermi restando i principi del primato e dell'effetto diretto del diritto dell'Unione europea, occorre considerare la peculiarita' delle situazioni nelle quali, in un ambito di rilevanza comunitaria, una legge che incide su diritti fondamentali della persona sia oggetto di dubbi, sia sotto il profilo della sua conformita' alla Costituzione, sia sotto il profilo della sua compatibilita' con la CDFUE. Ha concluso che in tali casi - fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 - va preservata l'opportunita' di un intervento con effetti erga omnes di questa Corte, in virtu' del principio che situa il sindacato accentrato di legittimita' costituzionale a fondamento dell'architettura costituzionale (art. 134 Cost.), precisando che, in tali fattispecie, la Corte costituzionale giudichera' alla luce dei parametri costituzionali interni, ed eventualmente anche di quelli europei (ex artt. 11 e 117, primo comma, Cost.), comunque secondo l'ordine che di volta in volta risulti maggiormente appropriato. Questo orientamento va confermato anche nel caso di specie, nel quale principi e diritti fondamentali enunciati dalla CDFUE intersecano, come meglio si chiarira', principi e diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. Peraltro, tra i parametri interposti rispetto alla denunciata violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., il giudice rimettente evoca, oltre a disposizioni della CDFUE, anche i principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati personali, previsti in particolare dagli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), e 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46/CE. Cio' non induce a modificare l'orientamento ricordato. I principi previsti dalla direttiva si presentano, infatti, in singolare connessione con le pertinenti disposizioni della CDFUE: non solo nel senso che essi ne forniscono specificazione o attuazione, ma anche nel senso, addirittura inverso, che essi hanno costituito "modello" per quelle norme, e percio' partecipano all'evidenza della loro stessa natura, come espresso nelle Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, in cui si legge, in particolare nella «Spiegazione relativa all'art.8 - Protezione dei dati di carattere personale», che «[q]uesto articolo e' stato fondato sull'articolo 286 del trattato che istituisce la Comunita' europea, sulla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonche' alla libera circolazione di tali dati [...], nonche' sull'articolo 8 della CEDU e sulla convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale del 28 gennaio 1981, ratificata da tutti gli Stati membri. [...]. La direttiva e il regolamento [(CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio] succitati definiscono le condizioni e i limiti applicabili all'esercizio del diritto alla protezione dei dati personali». 2.2.- L'ammissibilita', sempre sotto lo specifico profilo ora in esame, delle questioni sollevate, emerge anche alla luce della circostanza che la disciplina legislativa censurata, che estende a tutti i dirigenti delle pubbliche amministrazioni obblighi di pubblicazione di dati gia' in vigore per altri soggetti, opera, come si diceva, su un terreno nel quale risultano in connessione - e talvolta anche in visibile tensione - diritti e principi fondamentali, contemporaneamente tutelati sia dalla Costituzione che dal diritto europeo, primario e derivato. Da una parte, il diritto alla riservatezza dei dati personali, quale manifestazione del diritto fondamentale all'intangibilita' della sfera privata (sentenza n. 366 del 1991), che attiene alla tutela della vita degli individui nei suoi molteplici aspetti. Un diritto che trova riferimenti nella Costituzione italiana (artt. 2, 14, 15 Cost.), gia' riconosciuto, in relazione a molteplici ambiti di disciplina, nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 173 del 2009, n. 372 del 2006, n. 135 del 2002, n. 81 del 1993 e n. 366 del 1991), e che incontra specifica protezione nelle varie norme europee e convenzionali evocate dal giudice rimettente. Nell'epoca attuale, esso si caratterizza particolarmente quale diritto a controllare la circolazione delle informazioni riferite alla propria persona, e si giova, a sua protezione, dei canoni elaborati in sede europea per valutare la legittimita' della raccolta, del trattamento e della diffusione dei dati personali. Si tratta dei gia' ricordati principi di proporzionalita', pertinenza e non eccedenza, in virtu' dei quali deroghe e limitazioni alla tutela della riservatezza di quei dati devono operare nei limiti dello stretto necessario, essendo indispensabile identificare le misure che incidano nella minor misura possibile sul diritto fondamentale, pur contribuendo al raggiungimento dei legittimi obiettivi sottesi alla raccolta e al trattamento dei dati. Dall'altra parte, con eguale rilievo, i principi di pubblicita' e trasparenza, riferiti non solo, quale corollario del principio democratico (art. 1 Cost.), a tutti gli aspetti rilevanti della vita pubblica e istituzionale, ma anche, ai sensi dell'art. 97 Cost., al buon funzionamento dell'amministrazione (sentenze n. 177 e n. 69 del 2018, n. 212 del 2017) e, per la parte che qui specificamente interessa, ai dati che essa possiede e controlla. Principi che, nella legislazione interna, tendono ormai a manifestarsi, nella loro declinazione soggettiva, nella forma di un diritto dei cittadini ad accedere ai dati in possesso della pubblica amministrazione, come del resto stabilisce l'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013. Nel diritto europeo, la medesima ispirazione ha condotto il Trattato di Lisbona a inserire il diritto di accedere ai documenti in possesso delle autorita' europee tra le «Disposizioni di applicazione generale» del Trattato sul funzionamento dell'Unione, imponendo di considerare il diritto di accesso ad essi quale principio generale del diritto europeo (art. 15, paragrafo 3, primo comma, TFUE e art. 42 CDFUE). I diritti alla riservatezza e alla trasparenza si fronteggiano soprattutto nel nuovo scenario digitale: un ambito nel quale, da un lato, i diritti personali possono essere posti in pericolo dalla indiscriminata circolazione delle informazioni, e, dall'altro, proprio la piu' ampia circolazione dei dati puo' meglio consentire a ciascuno di informarsi e comunicare. Non erra, pertanto, il giudice a quo quando segnala la peculiarita' dell'esame cui deve essere soggetta la disciplina legislativa che egli si trova ad applicare, e quando sottolinea che tale esame va condotto dalla Corte costituzionale. 2.3.- La "prima parola" che questa Corte, per volonta' esplicita del giudice a quo, si accinge a pronunciare sulla disciplina legislativa censurata e' pertanto piu' che giustificata dal rango costituzionale della questione e dei diritti in gioco. Resta fermo che i giudici comuni possono sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, sulla medesima disciplina, qualsiasi questione pregiudiziale a loro avviso necessaria. In generale, la sopravvenienza delle garanzie approntate dalla CDFUE rispetto a quelle della Costituzione italiana genera, del resto, un concorso di rimedi giurisdizionali, arricchisce gli strumenti di tutela dei diritti fondamentali e, per definizione, esclude ogni preclusione. Questa Corte deve pertanto esprimere la propria valutazione, alla luce innanzitutto dei parametri costituzionali interni, su disposizioni che, come quelle ora in esame, pur soggette alla disciplina del diritto europeo, incidono su principi e diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione italiana e riconosciuti dalla stessa giurisprudenza costituzionale. Cio' anche allo scopo di contribuire, per la propria parte, a rendere effettiva la possibilita', di cui ragiona l'art. 6 del Trattato sull'Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, che i corrispondenti diritti fondamentali garantiti dal diritto europeo, e in particolare dalla CDFUE, siano interpretati in armonia con le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, richiamate anche dall'art. 52, paragrafo 4, della stessa CDFUE come fonti rilevanti. 3.- Passando, dunque, al merito delle questioni sollevate con riferimento all'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013, il giudice rimettente prospetta il contrasto della disposizione anche con piu' parametri costituzionali interni. Questa Corte, avendo la facolta' di decidere l'ordine delle censure da affrontare (sentenze n. 148 e n. 66 del 2018), ritiene di esaminare prioritariamente le questioni di legittimita' costituzionale sollevate in relazione all'art. 3 Cost., evocato sia sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza, sia sotto il profilo della lesione del principio di uguaglianza. Come si e' ricordato, si e' in presenza di una questione concernente il bilanciamento tra due diritti: quello alla riservatezza dei dati personali, inteso come diritto a controllare la circolazione delle informazioni riferite alla propria persona, e quello dei cittadini al libero accesso ai dati ed alle informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni. In valutazioni di tale natura, il giudizio di ragionevolezza sulle scelte legislative si avvale del cosiddetto test di proporzionalita', che «richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (sentenza n. 1 del 2014, richiamata, da ultimo, dalle sentenze n. 137 del 2018, n. 10 del 2016, n. 272 e n. 23 del 2015 e n. 162 del 2014). Nella specifica materia in oggetto, del resto, anche la giurisprudenza europea segue le medesime coordinate interpretative. 3.1.- La Corte di giustizia dell'Unione europea ha ripetutamente affermato che le esigenze di controllo democratico non possono travolgere il diritto fondamentale alla riservatezza delle persone fisiche, dovendo sempre essere rispettato il principio di proporzionalita', definito cardine della tutela dei dati personali: deroghe e limitazioni alla protezione dei dati personali devono percio' operare nei limiti dello stretto necessario, e prima di ricorrervi occorre ipotizzare misure che determinino la minor lesione, per le persone fisiche, del suddetto diritto fondamentale e che, nel contempo, contribuiscano in maniera efficace al raggiungimento dei confliggenti obiettivi di trasparenza, in quanto legittimamente perseguiti (sentenze 20 maggio 2003, nelle cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01, Österreichischer Rundfunk e altri, e 9 novembre 2010, nelle cause riunite C-92/09 e 93/09, Volker und Markus Schecke e Eifert). Nella pronuncia da ultimo richiamata, in particolare, si afferma che non puo' riconoscersi alcuna automatica prevalenza dell'obiettivo di trasparenza sul diritto alla protezione dei dati personali (punto 85). La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha influenzato lo stesso legislatore europeo, che ha avviato un ampio processo di revisione del quadro di regole in materia di protezione dei dati personali, concluso con l'emanazione di un unico corpus normativo di carattere generale, costituito dal regolamento n. 2016/679/UE, divenuto efficace successivamente ai fatti dai quali originano le questioni di legittimita' costituzionale in esame, ma tenuto in debita considerazione dal giudice a quo. Esso detta le regole fondamentali per il trattamento dei dati personali, nozione che include anche la trasmissione, la diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione dei dati (art. 4, comma 1, numero 2). I principi che devono governare il trattamento sono sanciti nell'art. 5, comma 1, del citato regolamento (che contiene una disciplina sostanzialmente sovrapponibile a quella delineata dall'art. 6 della ricordata direttiva 95/46/CE) e, tra di essi, assumono particolare rilievo quelli che consistono: nella limitazione della finalita' del trattamento (lettera b) e nella «minimizzazione dei dati», che si traduce nella necessita' di acquisizione di dati adeguati, pertinenti e limitati a quanto strettamente necessario alla finalita' del trattamento (lettera c). Ancora, un riferimento al necessario bilanciamento tra diritti si trova nelle premesse al regolamento n. 2016/679/UE (considerando n. 4), ove si legge che «[i]l diritto alla protezione dei dati di carattere personale non e' una prerogativa assoluta ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalita'». In definitiva, la disciplina europea, pur riconoscendo un ampio margine di regolazione autonoma e di dettaglio agli Stati membri con riguardo a certe tipologie di trattamento (tra i quali quello connesso, appunto, all'esercizio del diritto di accesso: art. 86 del regolamento), impone loro il principio di proporzionalita' del trattamento che, come accennato, rappresenta il fulcro della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia. In virtu' di tutto quanto precede, lo scrutinio intorno al punto di equilibrio individuato dal legislatore sulla questione della pubblicita' dei dati reddituali e patrimoniali dei dirigenti amministrativi va condotto alla stregua del parametro costituzionale interno evocato dal giudice a quo (art. 3 Cost.), come integrato dai principi di derivazione europea. Essi sanciscono l'obbligo, per la legislazione nazionale, di rispettare i criteri di necessita', proporzionalita', finalita', pertinenza e non eccedenza nel trattamento dei dati personali, pur al cospetto dell'esigenza di garantire, fino al punto tollerabile, la pubblicita' dei dati in possesso della pubblica amministrazione. 4.- Ai fini di uno scrutinio cosi' precisato, giova ricordare l'evoluzione normativa che ha condotto alla disposizione censurata. 4.1.- Allo stato, il d.lgs. n. 97 del 2016 costituisce, infatti, il punto d'arrivo del processo evolutivo che ha condotto all'affermazione del principio di trasparenza amministrativa, che consente la conoscenza diffusa delle informazioni e dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni. La legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), come progressivamente modificata, allo scopo di abbattere il tradizionale schermo del segreto amministrativo, ha disciplinato il diritto di accesso ai documenti amministrativi, costruendolo quale strumento finalizzato alla tutela di colui che ne abbia interesse avverso atti e provvedimenti della pubblica amministrazione incidenti sulla sua sfera soggettiva. Viene dunque inaugurato, per non essere piu' abbandonato, un modello di trasparenza fondato sulla "accessibilita'" in cui i dati in possesso della pubblica amministrazione non sono pubblicati, ma sono conoscibili da parte dei soggetti aventi a cio' interesse, attraverso particolari procedure, fondate sulla richiesta di accesso e sull'accoglimento o diniego dell'istanza da parte dell'amministrazione. A tale sistema viene pero' affiancato, attraverso progressive modifiche normative, un regime di "disponibilita'", in base al quale tutti i dati in possesso della pubblica amministrazione, salvo quelli espressamente esclusi dalla legge, devono essere obbligatoriamente resi pubblici e, dunque, messi a disposizione della generalita' dei cittadini. In questa prospettiva, il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) offre una prima definizione di trasparenza, «intesa come accessibilita' totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche [...]» (art. 11, comma 1). Oggetto di tale forma di trasparenza non sono piu' il procedimento, il provvedimento e i documenti amministrativi, ma le «informazioni» relative all'organizzazione amministrativa e all'impiego delle risorse pubbliche, con particolare riferimento alle retribuzioni dei dirigenti e di coloro che rivestono incarichi di indirizzo politico-amministrativo. Tale modello e' confermato dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalita' nella pubblica amministrazione), con la quale la trasparenza amministrativa viene elevata anche al rango di principio-argine alla diffusione di fenomeni di corruzione. La cosiddetta "legge anticorruzione", tuttavia - affacciandosi possibili tensioni tra le esigenze di trasparenza, declinata nelle forme della «accessibilita' totale», e quelle di tutela della riservatezza delle persone - stabilisce limiti generali alla pubblicazione delle informazioni, che deve infatti avvenire «nel rispetto delle disposizioni in materia [...] di protezione dei dati personali» (art. 1, comma 15), e delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita' (art. 1, comma 35). La delega e' stata esercitata con l'approvazione del d.lgs. n. 33 del 2013, il cui art. 1 enumera finalita' che riecheggiano quelle gia' enunciate dall'art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2009 (contestualmente abrogato): in particolare, l'accessibilita' totale alle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attivita' delle pubbliche amministrazioni, sempre con la garanzia della protezione dei dati personali, mira adesso anche allo scopo di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche». Si giunge, infine, all'approvazione del d.lgs. n. 97 del 2016, ove, pur ribadendosi che la trasparenza e' intesa come «accessibilita' totale», il legislatore muta il riferimento alle «informazioni concernenti l'organizzazione e l'attivita' delle pubbliche amministrazioni», sostituendolo con quello ai «dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (art. 2 del d.lgs. n. 97 del 2016, modificativo dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013)». Inoltre, la stessa novella estende ulteriormente gli scopi perseguiti attraverso il principio di trasparenza, aggiungendovi la finalita' di «tutelare i diritti dei cittadini» e «promuovere la partecipazione degli interessati all'attivita' amministrativa». 4.2.- Rilievo cruciale, anche ai fini del presente giudizio, hanno le modalita' attraverso le quali le ricordate finalita' della normativa sulla trasparenza vengono perseguite. In base alle disposizioni generali del d.lgs. n. 33 del 2013, le pubbliche amministrazioni procedono all'inserimento, nei propri siti istituzionali (in un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente»), dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto degli obblighi di pubblicazione, cui corrisponde il diritto di chiunque di accedere ai siti direttamente e immediatamente, senza autenticazione ne' identificazione (art. 2, comma 2). Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli (art. 3, comma 1). Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» (art. 9). Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali "comuni", diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari (questi ultimi, come tali, sottratti agli obblighi di pubblicazione), comportano percio' la loro diffusione attraverso siti istituzionali, nonche' il loro trattamento secondo modalita' che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilita' tramite i motori di ricerca web, e anche il loro riutilizzo, nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali. In particolare, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti (art. 7-bis, comma 1). Si tratta percio' di modalita' di pubblicazione che privilegiano la piu' ampia disponibilita' dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ivi inclusi quelli personali. Di questi ultimi, solo quelli sensibili e giudiziari vengono sottratti alla pubblicazione, in virtu' di tale loro delicata qualita', mentre per gli altri dati resta il presidio costituito dall'obbligo, gravante sull'amministrazione di volta in volta interessata, di rendere inintelligibili quelli «non pertinenti», in relazione alle finalita' perseguite dalla normativa sulla trasparenza. Va precisato che, nel presente giudizio di legittimita' costituzionale, e' all'esame una disposizione in cui e' invece il legislatore ad aver effettuato, ex ante e una volta per tutte, la valutazione circa la pertinenza, rispetto a quelle finalita', della pubblicazione di alcuni dati personali di natura reddituale e patrimoniale concernenti i dirigenti amministrativi e i loro stretti congiunti. Lo stesso legislatore ne ha dunque imposto la diffusione, assoggettando, con il censurato comma 1-bis dell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, anche i dirigenti all'obbligo di pubblicazione, con le modalita' appena descritte, dei dati di cui alle lettere c) ed f) del precedente comma 1. Questa Corte e' percio' investita del compito di decidere se, ed eventualmente in quale misura, questa scelta legislativa superi il test di proporzionalita', come piu' sopra descritto. 5.- Cosi' prospettata, la questione e' parzialmente fondata, nei termini che saranno di seguito precisati, per violazione, sia del principio di ragionevolezza, sia del principio di eguaglianza, limitatamente all'obbligo imposto a tutti i titolari di incarichi dirigenziali, senza alcuna distinzione fra di essi, di pubblicare le dichiarazioni e le attestazioni di cui alla lettera f) del comma 1 dell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013. 5.1.- Nella versione originaria, il citato art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, al comma 1, gia' imponeva alle amministrazioni interessate la pubblicazione di una serie di documenti e informazioni, ma tale obbligo si riferiva solo ai titolari di incarichi politici di livello statale, regionale e locale. I documenti e le informazioni da pubblicare, in relazione a questi ultimi, erano (e restano): a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo; b) il curriculum; c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica e gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, e i relativi compensi a qualsiasi titolo percepiti; e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti; f) i documenti previsti dall'art. 2 della legge n. 441 del 1982, ossia, per quanto qui d'interesse, una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di societa', le quote di partecipazione a societa' e l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di societa', nonche' la copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF), con obblighi estesi al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi abbiano consentito e salva la necessita' di dare evidenza al mancato consenso. I destinatari originari di questi obblighi di trasparenza sono titolari di incarichi che trovano la loro giustificazione ultima nel consenso popolare, cio' che spiega la ratio di tali obblighi: consentire ai cittadini di verificare se i componenti degli organi di rappresentanza politica e di governo di livello statale, regionale e locale, a partire dal momento dell'assunzione della carica, beneficino di incrementi reddituali e patrimoniali, anche per il tramite del coniuge o dei parenti stretti, e se tali incrementi siano coerenti rispetto alle remunerazioni percepite per i vari incarichi. La novella di cui al d.lgs. n. 97 del 2016 aggiunge all'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013 cinque nuovi commi, tra i quali, appunto, quello censurato, che estende gli obblighi di pubblicazione ricordati, per quanto qui interessa, ai titolari di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli attribuiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. In tal modo, la totalita' della dirigenza amministrativa e' stata sottratta al regime di pubblicita' congegnato dall'art. 15 del d.lgs. n. 33 del 2013 - che per essi prevedeva la pubblicazione dei soli compensi percepiti, comunque denominati - ed e' stata attratta nell'orbita dei ben piu' pregnanti doveri di trasparenza originariamente riferiti ai soli titolari di incarichi di natura politica. 5.2.- In nome di rilevanti obiettivi di trasparenza dell'esercizio delle funzioni pubbliche, e in vista della trasformazione della pubblica amministrazione in una "casa di vetro", il legislatore ben puo' apprestare strumenti di libero accesso di chiunque alle pertinenti informazioni, «allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attivita' amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013). Resta tuttavia fermo che il perseguimento di tali finalita' deve avvenire attraverso la previsione di obblighi di pubblicita' di dati e informazioni, la cui conoscenza sia ragionevolmente ed effettivamente connessa all'esercizio di un controllo, sia sul corretto perseguimento delle funzioni istituzionali, sia sul corretto impiego delle risorse pubbliche. Proprio da questo punto di vista, risultano non fondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate in relazione all'obbligo imposto a ciascun titolare di incarico dirigenziale di pubblicare i dati di cui alla lettera c) dell'art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013, e dunque i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica, nonche' gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici. La disciplina anteriore alla novella operata dal d.lgs. n. 97 del 2016 gia' contemplava la pubblicita' dei compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro dirigenziale, proprio per agevolare la possibilita' di un controllo diffuso, da parte degli stessi destinatari delle prestazioni e dei servizi erogati dall'amministrazione, posti cosi' nelle condizioni di valutare, anche sotto il profilo in questione, le modalita' d'impiego delle risorse pubbliche. Il regime di piena conoscibilita' di tali dati risulta proporzionato rispetto alle finalita' perseguite dalla normativa sulla trasparenza amministrativa, con conseguente esclusione della prospettata violazione degli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione a tutti i parametri interposti evocati. Si tratta, infatti, di consentire, in forma diffusa, il controllo sull'impiego delle risorse pubbliche e permettere la valutazione circa la congruita' - rispetto ai risultati raggiunti e ai servizi offerti - di quelle utilizzate per la remunerazione dei soggetti responsabili, a ogni livello, del buon andamento della pubblica amministrazione. Quanto ai restanti parametri costituzionali (artt. 2 e 13 Cost.) evocati dal rimettente, in disparte la stringatezza delle argomentazioni utilizzate a sostegno delle censure, non si vede come la pubblicazione di tali dati possa mettere a rischio la sicurezza o la liberta' degli interessati, danneggiandone la dignita' personale: si tratta, infatti, dell'ostensione di compensi o rimborsi spese direttamente connessi all'espletamento dell'incarico dirigenziale. Di qui, la non fondatezza delle questioni sollevate anche in riferimento agli artt. 2 e 13 Cost. 5.3.- A diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento agli obblighi di pubblicazione indicati nella lettera f) del comma 1 dell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, in quanto imposti dal censurato comma 1-bis dello stesso articolo, senza alcuna distinzione, a carico di tutti i titolari di incarichi dirigenziali. Anche per essi, oltre che per i titolari di incarichi politici, e' ora prescritta la generalizzata pubblicazione di dichiarazioni e attestazioni contenenti dati reddituali e patrimoniali (propri e dei piu' stretti congiunti), ulteriori rispetto alle retribuzioni e ai compensi connessi alla prestazione dirigenziale. Si tratta, in primo luogo, di dati che non necessariamente risultano in diretta connessione con l'espletamento dell'incarico affidato. Essi offrono, piuttosto, un'analitica rappresentazione della situazione economica personale dei soggetti interessati e dei loro piu' stretti familiari, senza che, a giustificazione di questi obblighi di trasparenza, possa essere sempre invocata, come invece per i titolari di incarichi politici, la necessita' o l'opportunita' di rendere conto ai cittadini di ogni aspetto della propria condizione economica e sociale, allo scopo di mantenere saldo, durante l'espletamento del mandato, il rapporto di fiducia che alimenta il consenso popolare. L'Avvocatura generale dello Stato, nelle proprie memorie, giustifica le disposizioni censurate, evidenziando che, in riferimento ai titolari d'incarichi dirigenziali, il legislatore avrebbe correttamente adottato misure «ampie e rigorose» al fine, soprattutto, di contrastare il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione, anche in considerazione dei numerosi moniti in tal senso provenienti da rilevanti organizzazioni internazionali e dalla stessa Unione europea, e delle rilevazioni internazionali che hanno classificato l'Italia tra i Paesi in cui e' piu' elevata la percezione della corruzione (da intendersi anche come carenza di trasparenza). Tale giustificazione appare plausibile, ma non conclusiva. L'Avvocatura generale ha anche opportunamente ricordato che, in virtu' delle numerose clausole di garanzia della tutela dei dati personali previste dallo stesso d.lgs. n. 33 del 2013, le pubbliche amministrazioni, nel richiedere ai propri dirigenti la trasmissione dei dati di cui ora si tratta per fini di pubblicita' istituzionale, consentono l'oscuramento dei dati sensibili e giudiziari, nonche' di quelli valutati non pertinenti rispetto alle finalita' di trasparenza perseguite. A tale cautela risulta essersi uniformata l'autorita' datrice di lavoro nei confronti dei ricorrenti nel giudizio a quo, ai quali e' stato richiesto di oscurare, nella dichiarazione dei redditi destinata alla pubblicazione, alcuni dati considerati "eccedenti": codice fiscale; scelta del destinatario relativa all'otto e al cinque per mille dell'IRPEF; ammontare delle spese sanitarie; riepilogo delle spese; sottoscrizioni autografe del dichiarante. Occorre tuttavia valutare se e in che misura - al netto di queste operazioni di preventiva scrematura, pure imposte dalla legge - la conoscenza indiscriminata del residuo, pur sempre ampio, ventaglio di informazioni e dati personali di natura reddituale e patrimoniale contenuti nella documentazione oggetto di pubblicazione appaia necessaria e proporzionata rispetto alle finalita' perseguite dalla legislazione sulla trasparenza. Ebbene, la disposizione censurata non risponde alle due condizioni richieste dal test di proporzionalita': l'imposizione di oneri non sproporzionati rispetto ai fini perseguiti, e la scelta della misura meno restrittiva dei diritti che si fronteggiano. Viola percio' l'art. 3 Cost., innanzitutto sotto il profilo della ragionevolezza intrinseca, imporre a tutti indiscriminatamente i titolari d'incarichi dirigenziali di pubblicare una dichiarazione contenente l'indicazione dei redditi soggetti all'IRPEF nonche' dei diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, delle azioni di societa', delle quote di partecipazione a societa' e dell'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di societa' (con obblighi estesi al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano e fatta salva la necessita' di dare evidenza, in ogni caso, al mancato consenso). 5.3.1.- L'onere di pubblicazione in questione risulta, in primo luogo, sproporzionato rispetto alla finalita' principale perseguita, quella di contrasto alla corruzione nell'ambito della pubblica amministrazione. La norma impone la pubblicazione di una massa notevolissima di dati personali, considerata la platea dei destinatari: circa centoquarantamila interessati (senza considerare coniugi e parenti entro il secondo grado), secondo le rilevazioni operate dall'ARAN e citate dal Garante per la protezione dei dati personali (nel parere reso il 3 marzo 2016 sullo schema di decreto legislativo che, successivamente approvato dal Governo, come d.lgs. n. 97 del 2016, ha introdotto la disposizione censurata). Non erra il giudice rimettente laddove, considerata tale massa di dati, intravede un rischio di frustrazione delle stesse esigenze di informazione veritiera e, quindi, di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, poste a base della normativa sulla trasparenza. La pubblicazione di quantita' cosi' massicce di dati, infatti, non agevola affatto la ricerca di quelli piu' significativi a determinati fini (nel nostro caso particolare, ai fini di informazione veritiera, anche a scopi anticorruttivi) se non siano utilizzati efficaci strumenti di elaborazione, che non e' ragionevole supporre siano a disposizione dei singoli cittadini. Sotto questo profilo, la disposizione in esame finisce per risultare in contrasto con il principio per cui, «nelle operazioni di bilanciamento, non puo' esservi un decremento di tutela di un diritto fondamentale se ad esso non fa riscontro un corrispondente incremento di tutela di altro interesse di pari rango» (sentenza n. 143 del 2013). Nel caso in esame, alla compressione - indiscutibile - del diritto alla protezione dei dati personali non corrisponde, prima facie, un paragonabile incremento ne' della tutela del contrapposto diritto dei cittadini ad essere correttamente informati, ne' dell'interesse pubblico alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni di corruzione. Tutt'al contrario, la stessa autorita' preposta alla lotta al fenomeno della corruzione, segnala, non diversamente da quella preposta alla tutela dei dati personali, che il rischio e' quello di generare "opacita' per confusione", proprio per l'irragionevole mancata selezione, a monte, delle informazioni piu' idonee al perseguimento dei legittimi obiettivi perseguiti. Sono le stesse peculiari modalita' di pubblicazione imposte dal d.lgs. n. 33 del 2013 ad aggravare il carattere, gia' in se' sproporzionato, dell'obbligo di pubblicare i dati di cui si discute, in quanto posto a carico della totalita' dei dirigenti pubblici. L'indicizzazione e la libera rintracciabilita' sul web, con l'ausilio di comuni motori di ricerca, dei dati personali pubblicati, non e' coerente al fine di favorire la corretta conoscenza della condotta della pubblica dirigenza e delle modalita' di utilizzo delle risorse pubbliche. Tali forme di pubblicita' rischiano piuttosto di consentire il reperimento "casuale" di dati personali, stimolando altresi' forme di ricerca ispirate unicamente dall'esigenza di soddisfare mere curiosita'. Si tratta di un rischio evidenziato anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Alla luce dello sviluppo della tecnologia informatica e dell'ampliamento delle possibilita' di trattamento dei dati personali dovuto all'automatizzazione, la Corte EDU si e' soffermata sulla stretta relazione esistente tra tutela della vita privata (art. 8 CEDU) e protezione dei dati personali, interpretando anche quest'ultima come tutela dell'autonomia personale da ingerenze eccessive da parte di soggetti privati e pubblici (Corte EDU, Grande camera, sentenze 16 febbraio 2000, Amann contro Svizzera, e 6 aprile 2010, Flinkkilä e altri contro Finlandia). In una significativa pronuncia (sentenza 8 novembre 2016, Magyar contro Ungheria), la Grande camera della Corte EDU ha osservato come l'interesse sotteso all'accesso a dati personali per fini di interesse pubblico non puo' essere ridotto alla "sete di informazioni" sulla vita privata degli altri («The public interest cannot be reduced to the public's thirst for information about the private life of others, or to an audience's wish for sensationalism or even voyeurism»: § 162). 5.3.2.- Anche sotto il secondo profilo, quello della necessaria scelta della misura meno restrittiva dei diritti fondamentali in potenziale tensione, la disposizione censurata non supera il test di proporzionalita'. Esistono senz'altro soluzioni alternative a quella ora in esame, tante quanti sono i modelli e le tecniche immaginabili per bilanciare adeguatamente le contrapposte esigenze di riservatezza e trasparenza, entrambe degne di adeguata valorizzazione, ma nessuna delle due passibile di eccessiva compressione. Alcune di tali soluzioni - privilegiate, peraltro, in altri ordinamenti europei - sono state ricordate anche dal giudice rimettente: ad esempio, la predefinizione di soglie reddituali il cui superamento sia condizione necessaria per far scattare l'obbligo di pubblicazione; la diffusione di dati coperti dall'anonimato; la pubblicazione in forma nominativa di informazioni secondo scaglioni; il semplice deposito delle dichiarazioni personali presso l'autorita' di controllo competente. Quest'ultima soluzione, del resto, era quella adottata prima del d.lgs. n. 97 del 2016, nell'ambito di una disciplina (art. 13, commi 1 e 3, del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, contenente «Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», e tuttora vigente) che impone ai titolari d'incarichi dirigenziali l'obbligo di fornire alle amministrazioni di appartenenza, con onere di aggiornamento annuale, le informazioni sulla propria situazione reddituale e patrimoniale, che pero' non erano rese pubbliche (se non su apposita istanza), e, comunque, non con le modalita' previste dal d.lgs. n. 33 del 2013 e in precedenza illustrate. Non spetta a questa Corte indicare la soluzione piu' idonea a bilanciare i diritti antagonisti, rientrando la scelta dello strumento ritenuto piu' adeguato nella ampia discrezionalita' del legislatore. Tuttavia, non si puo' non rilevare sin d'ora - e in attesa di una revisione complessiva della disciplina - che vi e' una manifesta sproporzione del congegno normativo approntato rispetto al perseguimento dei fini legittimamente perseguiti, almeno ove applicato, senza alcuna differenziazione, alla totalita' dei titolari d'incarichi dirigenziali. 5.4.- La disposizione censurata, come si e' piu' volte sottolineato, non opera alcuna distinzione all'interno della categoria dei dirigenti amministrativi, vincolandoli tutti all'obbligo di pubblicazione dei dati indicati. Il legislatore non prevede alcuna differenziazione in ordine al livello di potere decisionale o gestionale. Eppure, e' manifesto che tale livello non puo' che influenzare, sia la gravita' del rischio corruttivo - che la disposizione stessa, come si presuppone, intende scongiurare - sia le conseguenti necessita' di trasparenza e informazione. La stessa legislazione anticorruzione presuppone distinzioni tra i titolari d'incarichi dirigenziali: l'art. 1, comma 5, lettera a), della legge n. 190 del 2012, infatti, obbliga le pubbliche amministrazioni centrali a definire e trasmettere al Dipartimento della funzione pubblica un piano di prevenzione della corruzione che fornisca «una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione» e indichi «gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio». A questa stregua, e' corretto l'insistito rilievo del giudice rimettente, che sottolinea come la mancanza di qualsivoglia differenziazione tra dirigenti risulti in contrasto, ad un tempo, con il principio di eguaglianza e, di nuovo, con il principio di proporzionalita', che dovrebbe guidare ogni operazione di bilanciamento tra diritti fondamentali antagonisti. Il legislatore avrebbe percio' dovuto operare distinzioni in rapporto al grado di esposizione dell'incarico pubblico al rischio di corruzione e all'ambito di esercizio delle relative funzioni, prevedendo coerentemente livelli differenziati di pervasivita' e completezza delle informazioni reddituali e patrimoniali da pubblicare. Con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali, la stessa Autorita' nazionale anticorruzione (ANAC), nell'atto di segnalazione n. 6 del 20 dicembre 2017, ha ritenuto di suggerire al Parlamento e al Governo una modifica normativa che operi una graduazione degli obblighi di pubblicazione proprio in relazione al ruolo, alle responsabilita' e alla carica ricoperta dai dirigenti. Non prevedendo invece una consimile graduazione, la disposizione censurata si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. 6.- Questa Corte non puo' esimersi, tuttavia, dal considerare che una declaratoria d'illegittimita' costituzionale che si limiti all'ablazione, nella disposizione censurata, del riferimento ai dati indicati nell'art. 14, comma 1, lettera f), lascerebbe del tutto privi di considerazione principi costituzionali meritevoli di tutela. Sussistono esigenze di trasparenza e pubblicita' che possono non irragionevolmente rivolgersi nei confronti di soggetti cui siano attribuiti ruoli dirigenziali di particolare importanza. Ha osservato l'Avvocatura generale dello Stato che «e' proprio il fatto di essere permanentemente e stabilmente al servizio delle pubbliche amministrazioni, con funzioni gestionali apicali», a costituire la giustificazione del regime aperto, di massima trasparenza, per i gestori della cosa pubblica. Sorge, dunque, l'esigenza di identificare quei titolari d'incarichi dirigenziali ai quali la disposizione possa essere applicata, senza che la compressione della tutela dei dati personali risulti priva di adeguata giustificazione, in contrasto con il principio di proporzionalita'. E' evidente, a questo proposito, che le molteplici possibilita' di classificare i livelli e le funzioni, all'interno della categoria dei dirigenti pubblici, anche in relazione alla diversa natura delle amministrazioni di appartenenza, impediscono di operare una selezione secondo criteri costituzionalmente obbligati. Non potrebbe essere questa Corte, infatti, a ridisegnare, tramite pronunce manipolative, il complessivo panorama, necessariamente diversificato, dei destinatari degli obblighi di trasparenza e delle modalita' con le quali tali obblighi debbano essere attuati. Cio' spetta alla discrezionalita' del legislatore, al quale il giudice costituzionale, nel rigoroso rispetto dei propri limiti d'intervento, non puo' sostituirsi. Nondimeno, occorre assicurare, allo stato, la salvaguardia di un nucleo minimo di tutela del diritto alla trasparenza amministrativa in relazione ai dati personali indicati dalla disposizione censurata, in attesa di un indispensabile e complessivo nuovo intervento del legislatore. Da questo punto di vista, l'art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nell'elencare gli incarichi di funzioni dirigenziali, ai commi 3 e 4 contiene indicazioni normative che risultano provvisoriamente congruenti ai fini appena indicati. Tali commi individuano due particolari categorie di incarichi dirigenziali, quelli di Segretario generale di ministeri e di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali (comma 3) e quelli di funzione dirigenziale di livello generale (comma 4). Le competenze spettanti ai soggetti che ne sono titolari, come elencate al precedente art. 16 del d.lgs. n. 165 del 2001, rendono manifesto lo svolgimento, da parte loro, di attivita' di collegamento con gli organi di decisione politica, con i quali il legislatore presuppone l'esistenza di un rapporto fiduciario, tanto da disporre che i suddetti incarichi siano conferiti su proposta del ministro competente. L'attribuzione a tali dirigenti di compiti - propositivi, organizzativi, di gestione (di risorse umane e strumentali) e di spesa - di elevatissimo rilievo rende non irragionevole, allo stato, il mantenimento in capo ad essi proprio degli obblighi di trasparenza di cui si discute. Come si e' detto, l'intervento di questa Corte non puo' che limitarsi all'eliminazione, dalla disposizione censurata, dei profili di piu' evidente irragionevolezza, salvaguardando provvisoriamente le esigenze di trasparenza e pubblicita' che appaiano, prima facie, indispensabili. Appartiene alla responsabilita' del legislatore, nell'ambito dell'urgente revisione complessiva della materia, sia prevedere eventualmente, per gli stessi titolari degli incarichi dirigenziali indicati dall'art. 19, commi 3 e 4, modalita' meno pervasive di pubblicazione, rispetto a quelle attualmente contemplate dal d.lgs. n. 33 del 2013, sia soddisfare analoghe esigenze di trasparenza in relazione ad altre tipologie di incarico dirigenziale, in relazione a tutte le pubbliche amministrazioni, anche non statali. In definitiva, l'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all'art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo, anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziche' solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall'art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165 del 2001. Restano assorbiti tutti gli altri profili di censura. 7.- Vanno, infine, dichiarate inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale aventi ad oggetto il comma 1-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013. La disposizione prevede l'obbligo di pubblicazione degli «emolumenti complessivi» percepiti da ogni dirigente della pubblica amministrazione a carico della finanza pubblica: a parere del rimettente, tale pubblicazione costituirebbe un dato aggregato che contiene quello di cui al comma 1, lettera c), dello stesso articolo e che potrebbe, anzi, corrispondere del tutto a quest'ultimo, laddove il dirigente non percepisca altro emolumento se non quello corrispondente alla retribuzione per l'incarico assegnato. Le questioni sono inammissibili, in quanto i provvedimenti impugnati nel giudizio principale non sono stati adottati in applicazione del comma 1-ter, ma del solo precedente comma 1-bis dell'art. 14 citato. Per costante giurisprudenza costituzionale, sono inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni sollevate su disposizioni di cui il giudice rimettente non deve fare applicazione (ex multis, sentenze n. 36 del 2016 e n. 192 del 2015; ordinanze n. 57 del 2018 e n. 38 del 2017).
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicita', trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all'art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziche' solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall'art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); 2) dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33 del 2013, riferite agli artt. 2, 3, 13 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 7, 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, all'art. 5 della Convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981, ratificata e resa esecutiva con la legge 21 febbraio 1989, n. 98, nonche' agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), 7, lettere c) ed e), e 8, paragrafi 1 e 4, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche' alla libera circolazione di tali dati, sollevate dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione prima quater, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 3) dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis, del d.lgs. n. 33 del 2013, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all'art. 14, comma 1, lettera c), dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, riferite agli artt. 2, 3, 13 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 7, 8 e 52 CDFUE, all'art. 8 CEDU, all'art. 5 della Convenzione di Strasburgo n. 108 del 1981, nonche' agli artt. 6, paragrafo 1, lettera c), 7, lettere c) ed e), e 8, paragrafi 1 e 4, della direttiva 95/46/CE, sollevate dal TAR Lazio, sezione prima quater, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Nicolo' ZANON, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 21 febbraio 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA
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