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sabato 22 novembre 2014

Cassazione: parcheggiatore abusivo minaccia per avere qualche euro? E’ reato



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La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 20072/2009) ha stabilito che commette reato il parcheggiatore abusivo che, con atteggiamento intimidatorio, minaccia l’automobilista per farsi dare qualche euro. Nel caso di specie, gli Ermellini hanno osservato che “ha precisato ancora, la Corte di merito che la richiesta avanzata dal (…) con atteggiamento intimidatorio, era mirata a conseguire l’ingiusto profitto di € 1,50 sicché,correttamente, il fatto è stato inquadrato nel reato di tentata estorsione, e, pertanto, correttamente sono state escluse le ipotesi meno gravi di cui agli art. 393 e 610 c.p.. (…)”.
 
 
ESTORSIONE
Cass. pen. Sez. II, (ud. 01-04-2009) 12-05-2009, n. 20072
Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 29 maggio 2006, confermava la decisione del Tribunale, in composizione monocratica, di Agrigento del 30 novembre 2004 con la quale B.A. è stato condannato alla pena di anni 1 mesi 8 ed Euro 800,00 di multa siccome ritenuto responsabile del delitto di estorsione tentata e continuata, previsto e punito dagli artt. 56 e 629 c.p. perchè, "in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, minacciando R. C. e i membri della sua famiglia di un danno grave alla propria integrità fisica, dicendogli che avrebbe mandato presso la sua abitazione gente della famiglia L., se non gli avesse consegnato la somma di Euro 1,50 per il parcheggio della sua autovettura dinanzi al lido "Oasi" di Porto Empedocle, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere il R. ad un atto disposizione patrimoniale, al fine di realizzare per sè un ingiusto profitto, evento non verificatosi per l'intervento di personale del locale Commissariato di P.S., allertato dalla P.O., con l'aggravante di avere commesso il fatto mentre era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza, in (OMISSIS)." e. concessa la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all'art. 62 c.p., n. 4, ritenuta prevalente sulla contestata aggravante, è stato condannato alla pena di anno uno e mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Propone ricorso per Cassazione l'imputato, lamentando innanzitutto la inosservanza o la erronea applicazione dell'art. 393 c.p. dal momento che la condotta andava qualificata nel diverso e meno grave reato di ragion fattasi. In via subordinata, il ricorrente lamenta la carenza di motivazione e violazione di legge penale per essere la motivazione sottesa alla sentenza della Corte di Appello carente in punto di mancata qualificazione del fatto ascritto al ricorrente nel diverso e meno grave reato di cui all'art. 610 c.p.. Il ricorrente lamenta, infine, la violazione della legge penale per inosservanza e mancata applicazione degli artt. 133 e 62 bis c.p.. La situazione soggettiva ed oggettiva che caratterizzava il caso di specie avrebbe dovuto indurre l'organo giudicante alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, attesa, altresì, la lieve entità del fatto.
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
Invero, la Corte di Appello ha correttamente motivato in ordine alla responsabilità dell'imputato attribuendo piena attendibilità alle dichiarazioni della p.o.;avendo costui offerto precisi elementi sul contenuto della minaccia, che sono stati oggettivamente riscontrati, come il riferimento fatto dall'imputato di avvalersi, ove fosse stato necessario, della famiglia L., composta da pregiudicati, e con la quale l'imputato aveva legami di affinità.
Ha precisato, ancora, la Corte di merito che la richiesta avanzata dal B., con atteggiamento intimidatorio, era mirata a conseguire l'ingiusto profitto di Euro 1,50 sicchè, correttamente, il fatto è stato inquadrato nel reato di tentata estorsione, e, pertanto, correttamente sono state escluse le ipotesi meno gravi di cui agli artt. 393 e 610 c.p.. Ne consegue che i primi due motivi di ricorso sono del tutto infondati.
Parimenti, manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso avendo la Corte territoriale puntualmente motivato in ordine al diniego delle attenuanti generiche, facendo corretto riferimento sia alle modalità del fatto contestato sia alla personalità dell'imputato negativamente desumibile dai precedenti penali.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Suprema Corte di Cassazione, 2^ sezione penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2009 

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