DANNI IN MATERIA CIV. E PEN. - PROVA IN GENERE (MAT. CIV.)
Cass. civ. Sez. III, Ord., 31-03-2009, n. 7875
Cass. civ. Sez. III, Ord., 31-03-2009, n. 7875
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
E' stata depositata la seguente relazione:
1
- Con ricorso notificato il 14 gennaio 2008 Il Piccolo Caffè S.a.s. di
Napoli Antonio & C. ha chiesto la cassazione della sentenza,
notificata il 14 novembre 2007, depositata in data 12 settembre 2007
dalla Corte d'Appello di Firenze che, in riforma della sentenza del
Tribunale, l'aveva condannata al pagamento in favore di P.C., I.P.A.S. e
P.M.B. della complessiva somma di Euro 10.000,00 a titolo di
risarcimento danni esistenziali determinati da immissioni moleste di
fumo di sigarette.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
2
- Ai ricorsi proposti contro le sentenze pubblicate a partire dal
2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40,
recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso
per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso
decreto al Capo 1^.
Secondo l'art. 366 bis
c.p.c. - introdotto dall'art. 6 del Decreto - i motivi di ricorso
debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì
descritto e, in particolare, nei casi previsti dall'art. 360 c.p.c.,
nn. 1), 2), 3) e 4), l'illustrazione di ciascun motivo si deve
concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel
caso previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5),
l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la
decisione.
3. - I due motivi del ricorso
risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i
requisiti stabiliti dall'art. 366 bis c.p.c..
Occorre
rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma
indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per,
ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi,
corrispondenti a quelli indicati dall'art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per
quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus
receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione
dell'art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6,
il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica
istanza di decisione sull'esistenza della violazione di legge denunziata
nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un
circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in
sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l'obbligo
di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione
della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale,
riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni
della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta
del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso
la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico,
infine formuli il principio giuridico di cui chiede l'affermazione.
Quanto
al vizio di motivazione, l'illustrazione di ciascun motivo deve
contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la
relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso
e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603
del 2007).
Con i due motivi la società ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e segg. e art. 2729 c.c., nonchè omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Già
la trattazione congiunta di violazioni di legge e di vizi di
motivazione si pone in contrasto con la norma di riferimento. Inoltre la
ricorrente non prende specifica posizione nello scegliere l'uno (falsa
applicazione) piuttosto che l'altro (violazione) vizio di diritto, nè
chiarisce in quali punti specifici la motivazione sia omessa ovvero
insufficiente ovvero contraddittoria.
Ma,
soprattutto, i due quesiti conclusivi non rispettano i criteri che
debbono presiedere alla loro formulazione, come sopra enunciati.
Infatti
essi (Dica la Suprema Corte di Cassazione se l'eventuale statuizione
risarcitoria, che abbia ad oggetto il danno esistenziale o un danno da
stress presuppone che il preteso danneggiato fornisca la prova del danno
di cui chiede il risarcimento, ovvero se tale danno possa ritenersi in
re ipsa e cioè coincidente con il fatto assertivamente dannoso. Dica la
Suprema Corte di Cassazione se il danno risarcibile, nella struttura
della responsabilità aquiliana, si pone in termini di automatismo
rispetto alla condotta asseritamente dannosa) si rivelano generici, in
quanto svincolati dai necessari riferimenti al caso concreto e alla
motivazione della sentenza impugnata.
Peraltro,
la Corte territoriale ha fatto leva sulla considerazione fattuale che i
P. fossero costretti a subire gli effetti molesti, fastidiosi e
insalubri del fumo passivo e a tenere chiuse le finestre anche in piena
estate per tutelare la propria salute.
4. - La
relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti; entrambe hanno depositato memorie e la ricorrente
ha chiesto di essere ascoltata in camera di consiglio; in particolare
il ricorrente assume di avere formulato quesiti adeguati;
5. - Ritenuto:
che,
a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di
consiglio, il collegio ha osservato che effettivamente - sotto il
profilo della idoneità dei motivi - il ricorso può essere ritenuto
ammissibile; tuttavia esso si rivela infondato: la società ricorrente
lamenta che sia stato risarcito il danno - evento anzichè il danno -
conseguenza, ma la sentenza impugnata ha descritto le conseguenze delle
lamentate immissioni sul modo di vivere la casa dei danneggiati e questo
individua ciò che può essere liquidato come danno non patrimoniale,
mentre, per il resto, le argomentazioni addotte a sostegno delle censure
contengono continui riferimenti alle risultanze processuali e implicano
accertamento dei fatti e valutazioni di merito non consentiti al
giudice di legittimità e sui quali, per contro, la Corte territoriale ha
congruamente e razionalmente motivato;
che, pertanto, il ricorso va rigettato poichè manifestamente infondato;
le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta
il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600,00, di cui
Euro 1.500,00 per onorar, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2009
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