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sabato 22 novembre 2014

Consiglio di Stato: Il comandante non può rimuovere il sottufficiale se la Commissione ha già escluso la sanzione espulsiva Accertata l'illegittimità di parte dell'articolo 75 della legge 599/54, è indubbio che in tutti i corpi militari, che svolgano o meno funzioni di polizia, l'organo monocratico può disattendere quello collegiale solo in senso più favorevole all'incolpato



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(Consiglio di Stato, sezione quarta, decisione n. 3997/09; depositata il 18 giugno)
(Sentenza costituzionale n. 62/09; depositata il 5 marzo)

 
R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A
N.3997/2009
Reg. Dec.
N. 755 Reg. Ric.
Anno 2002
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
     sul ricorso in appello n. 755 R.G. dell'anno 2002, proposto da ...
contro
     il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui ope legis domicilia  in  Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
     della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, del 15 dicembre 2000 n. 23;
     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
     Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;
     Visti tutti gli atti di causa;
     Relatore, alla pubblica udienza del 19 maggio 2009, il Cons. --
     Uditi, altresì, l’avv. Sanino e l’avv. dello Stato --
     Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO  e DIRITTO
     La sentenza riportata in epigrafe, ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante,  Brigadiere della Guardia di Finanza, per ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il  Comandante della Guardia di Finanza gli ha inflitto la sanzione  della perdita del grado per rimozione.
     A tanto ha provveduto, dissentendo dal parere della Commissione di Disciplina e, avvalendosi dei poteri conferiti dall’art. 75 della legge  n. 599 del 1954, (Stato dei sottufficiali dell’Esercito, della Marina, dell’Aereonautica).
     Ha, quindi, riformato in pejus il giudizio della Commissione stessa e ritenuto il predetto sott’ufficiale non meritevole di conservare il grado, a conclusione del procedimento disciplinare  instaurato nei suoi confronti.
     Nel giudizio di primo grado, il ricorrente aveva, tra l’altro, dedotto  il vizio della motivazione del provvedimento impugnato, con particolare riferimento all’art. 75 della legge n. 599 sopra citata, che attribuisce al Ministro (ora, il Comandante  generale del personale militare per effetto della sopravvenuta normativa di differenziazione delle competenze) di discostarsi dal giudizio della Commissione di Disciplina,  nei  casi di particolare gravità.
     Condizione, quest’ultima, che parte ricorrente aveva contestato in relazione all’assenza di puntuale indicazione dei presupposti di fatto che hanno indotto il Comandante ad assumere il provvedimento impugnato.
     La riportata censura di primo grado, respinta dal giudice di prime cure, è stata riproposta in questa sede con l’appello in esame, al quale l’Amministrazione resiste con l’atto di formale costituzione, senza aver fatto seguire memoria.
     Ciò posto, deve essere osservato che, prima dell’odierna udienza di discussione del gravame,  è intervenuta la sentenza n. 62 del 2009 della Corte Costituzionale, alla quale proprio questa Sezione, con ordinanza n. 1444 del 7 aprile 2008,  ha rimesso la questione di costituzionalità dell’art. 75 della legge 31 luglio 1954 n. 599, nella parte in cui consente al Ministro (o Comandante Generale del Corpo) di riformare anche in malam partem, il giudizio della Commissione di disciplina.
     Il giudice delle leggi, ha condiviso gli argomenti del rimettente, osservando in particolare che “La disposizione  censurata … non viene … a porre in essere una disciplina  che, … rientra  negli ampi limiti di discrezionalità di cui gode il legislatore …, essa al contrario trasmoda nella manifesta irragionevolezza … dato che attribuisce ad un soggetto che non ha partecipato  allo svolgimento del procedimento, e che non ha quindi acquisito e valutato direttamente tutti gli elementi e le argomentazioni  che hanno caratterizzato l’iter, la facoltà di rovesciare il giudizio che l’Organo collegiale appositamente costituito è stato chiamato a pronunciare”.
     Nella questione controversa è dunque sopravvenuta la dichiarazione d’incostituzionalità della norma in forza della quale, attraverso il provvedimento impugnato, è stato esercitato dal Ministro il potere di riformare in pejus il giudizio della Commissione di disciplina.
     Va ora ricordato, che la sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale  della norma che disciplina  il potere di adozione di un atto amministrativo oggetto di ricorso giurisdizionale, determina l’illegittimità derivata dell’atto stesso, qualora il ricorrente  abbia, attraverso uno specifico motivo di ricorso, fatto venire in rilievo  la norma denunciata dinanzi al Giudice delle leggi.
     In presenza di uno specifico motivo di ricorso,  riferito alla norma incostituzionale, ancorchè non sia stato sollevato alcun profilo d’incostituzionalità di essa, assume, invero, rilievo il principio secondo cui il giudice deve applicare d’ufficio, nei giudizi pendenti, le pronunce di annullamento della Corte costituzionale, con conseguente possibilità di superare i limiti che derivano dalla struttura impugnatoria del processo amministrativo, e dalla correlata specificità dei  motivi (così, argomentando a contrario, Cons. Stato  Sez. V,  5 maggio 2008, n. 1986).
     Si è già notato che parte ricorrente, con il primo motivo, riproposto in questa sede, ha denunciato l’illegittimo uso del potere di reformatio in pejus riconosciuto al Ministro dall’art. 75 della legge n. 31 luglio 1954 n. 599, sicchè dalla riferita dichiarazione d’incostituzionalità di tale norma discende l’illegittimità derivata del provvedimento impugnato.
     L’appello deve in conclusione essere accolto e per l’effetto deve essere riformata la sentenza impugnata.
     Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in primo e secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti anche le spese del presente  grado di giudizio.
P.Q.M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.
     Spese compensate.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma, addì 19 maggio 2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei signori:
   -

 
     IL SEGRETARIO

Depositata in Segreteria

           Il 18//06/2009
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
  Per il  / Il Dirigente
.
- - 
N.R.G. 755/2002

  

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