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INFORTUNI SUL LAVORO
Cass. pen. Sez. III, (ud. 07-05-2009) 11-06-2009, n. 23976
Cass. pen. Sez. III, (ud. 07-05-2009) 11-06-2009, n. 23976
Svolgimento del processo
1. D.A. nato a (OMISSIS), era imputato:
a) del reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8, comma 1,
e art. 389, lett. c), perchè, in qualità di legale rappresentante della
"Costruzioni Dondi spa" corrente in (OMISSIS), società gestrice di un
impianto di depurazione ubicato in (OMISSIS), nonchè di datore di
lavoro, ometteva di dotare i camminamenti e le piattaforme degli
impianti di ossidazione di idonee protezioni, quali parapetti,
ringhiere, catenelle onde scongiurare rischi di infortunio per i
lavoratori operanti nelle vicinanze (in (OMISSIS));
b) del reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 374,
e art. 389, lett. b), perchè, nella qualità sub a), non manteneva in
buono stato di conservazione ed efficienza impianti e luoghi di lavoro,
compresi servizi accessori, in particolare: l'impianto di colorazione
automatica risultava guasto; il locale bagno e deposito presentava
l'intonaco in cattivo stato ed era privo di piastrelle ad altezza di due
metri dal pavimento; le vasche di ossidazione e stabilizzazione
risultavano prive di pennellature laterali (in (OMISSIS)).
Il
D. veniva tratto a giudizio con decreto di citazione emesso in data
05/06/07 dalla locale Procura della Repubblica avanti al Tribunale di
Lecce - Sezione distaccata di Tricase - per rispondere delle imputazioni
suddette.
Con sentenza in data 16.01.2009,
depositata il 24 gennaio 2009, il Tribunale di Lecce - Sezione
distaccata di Tricase - dichiarava non doversi procedere nei confronti
di D.A. in ordine all'imputazione ascrittagli, per non essere il fatto
più previsto quale reato. Considerava che la normativa contestata era
stata totalmente abrogata dal vigente D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 304. 2. Avverso questa sentenza la Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Lecce propone ricorso per Cassazione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in un unico motivo.
Sostiene
il PG ricorrente che la ritenuta "totale inconsistenza dell'ipotesi
accusatoria" si fonda sul presupposto dell'abrogazione della norma
incriminatrice contestata a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 81 del 2008 (testo unico in materia di sicurezza sul lavoro). In effetti il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 304, comma 1, lett. a), ha abrogato integralmente il D.P.R. n. 547 del 1955.
Tuttavia il precetto contenuto nel D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8, comma 1 risulta integralmente trasfuso nella nuova norma precettiva contenuta nell'All. 4, al punto 1.4.1 del D.Lgs. n. 81 del 2008.
Tale norma precettiva, identica al testo del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8, comma 1 è ora sanzionata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 68, lett. b, che, attraverso il meccanismo dei richiami a catena (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 64, lett. a), e art. 63, comma 1), rinvia al contenuto dell'All. 4 punto 1.4.1 del D.Lgs. n. 81 del 2008.
Pertanto,
essendo gli elementi strutturali delle due fattispecie incriminatici
identici, sussiste continuità normativa tra le norme incriminatici
succedutesi nel tempo con conseguente applicazione dell'art. 2 c.p., comma 4. 2. Il ricorso è fondato.
Il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 8
(recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro)
prescriveva che i pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi
destinati al passaggio non dovessero presentare buche o sporgenze
pericolose e dovessero essere in condizioni tali da rendere sicuro il
movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. Inoltre
i pavimenti ed i passaggi non dovevano essere ingombrati da materiali
che ostacolassero la normale circolazione.
Un'analoga
prescrizione diretta a conformare i luoghi di lavoro a prescrizioni di
prevenzione al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori è ora
contenuta nel D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 63 e 64.
Infatti il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 63 prescrive in generale che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato 4^.
La
Tabella 4^ al punto 1.4.1. prescrive che le vie di circolazione,
comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere
situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro
destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie
di circolazione non corrano alcun rischio.
Il
successivo art. 4 poi fa obbligo al datore di lavoro di provvedere a che
i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 63, commi 1, 2 e 3;
che le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o
ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo
scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza; che i luoghi di
lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente
possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la
salute dei lavoratori; che i luoghi di lavoro, gli impianti e i
dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare
condizioni igieniche adeguate; che gli impianti e i dispositivi di
sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli,
vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
Quindi la nuova normativa (D.Lgs. n. 81 del 2008)
pone tuttora delle prescrizioni - anzi più dettagliate - quanto alla
sicurezza dei luoghi di lavoro, sanzionate penalmente; e tanto basta per
ritenere la continuità normativa che vale ad escludere l'abolitio
criminis.
Cfr., in una fattispecie analoga,
Cass., sez. 3^, 10/10/2008 - 6/11/2008, n. 41367, che ha affermato che
in tema di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, sussiste
continuità normativa tra le fattispecie penali in materia di luoghi di
lavoro (prima previste dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 32, comma 1, lett. b), dal D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 3, comma 10, e dal D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, artt. 20 e 21) e quelle, più gravemente punite, oggi contemplate per il datore di lavoro dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 68, comma 1, lett. b) (recante "Attuazione della L. 3 agosto 2007, n. 123, art. 3, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro").
3. Pertanto il ricorso va accolto limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 e art. 389, lett. a), avendo il P.M. proposto ricorso per Cassazione unicamente per questo reato.
Va conseguentemente annullata l'impugnata sentenza con rinvio alla Corte d'appello di Lecce.
In proposito può richiamarsi l'orientamento di questa Corte (v.
Cass.,
sez. 1^, 2 marzo 2007, Poveda) che ha affermato che l'efficacia
retroattiva della sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2007,
che ha dichiarato illegittimo l'art. 593 c.p.p. nella parte in
cui escludeva il potere di appello del p.m., avverso le sentenze di
proscioglimento, comporta, in relazione al ricorso presentato dal p.m.
direttamente in Cassazione ai sensi del sostituito art. 593 c.p.p.,
che la sentenza impugnata deve essere considerata nuovamente
appellabile, con la conseguenza che il ricorso deve essere trattato e
deciso dalla Corte di Cassazione come ricorso per saltum a norma dell'art. 569 c.p.p. che al comma 3 prevede, in caso di accoglimento del ricorso, l'annullamento con rinvio al giudice competente per l'appello.
P.Q.M.
LA CORTE Annulla l'impugnata sentenza limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 e art. 389, lett. c), con rinvio alla Corte d'appello di Lecce.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2009
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