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sabato 22 novembre 2014

Cassazione: Niente Daspo in Italia per gli "ultras" protagonisti di violenze all'estero I questori non hanno il potere di imporre la misura limitativa a carico di persone che hanno tenuto condotte pericolose durante manifestazioni sportive in altri Paesi. Annullato il provvedimento che colpiva un tifoso romanista fermato a Manchester



 

 
MISURE CAUTELARI PERSONALI   -   SPORT
Cass. pen. Sez. III, (ud. 03-12-2008) 25-03-2009, n. 12977

Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione


1 - Con ordinanza del 3.11.2007 il g.i.p. del Tribunale di Roma ha convalidato il provvedimento del 17.10.2007 con cui il questore di Roma obbligava D.A. a presentarsi presso il commissariato p.s. di zona in concomitanza di tutte le partite di calcio che la squadra della (OMISSIS) disputerà per la durata di tre anni.
Il giudice ha osservato a riguardo quanto segue:
- D. era stato arrestato dalla polizia inglese per ubriachezza molesta, mentre si trovava, in possesso di oggetto atto ad offendere e sotto l'effetto di alcool, nei pressi dello stadio di (OMISSIS), in occasione della partita di calcio tenutasi il (OMISSIS) tra il (OMISSIS);
- il medesimo, noto alle forze di polizia per la sua appartenenza alla tifoseria (OMISSIS), nel (OMISSIS) era stato già sottoposto al divieto di accesso alle manifestazioni sportive con provvedimento del questore di Perugia;
- sussisteva la competenza del questore di Roma a irrogare la misura prevenzionale de qua giacchè il tenore letterale della L. n. 401 del 1989, art. 6, così come successivamente modificato, era chiaramente indicativo di una "reciprocità" internazionale europea, laddove estendeva il potere questorile anche "alle manifestazioni sportive che si svolgono all'estero";
- esistevano i presupposti richiesti dalla legge per la misura di prevenzione, considerato il profondo allarme sociale suscitato dal comportamento di D., il cui arresto aveva provocato la reazione della restante tifoseria (OMISSIS).
2 - Il difensore del D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di annullamento.
In particolare, denuncia:
2.1 - violazione della L. n. 401 del 1989, art. 6 per difetto di giurisdizione e per incompetenza territoriale del questore di Roma.
Sostiene che in difetto di convenzioni internazionali nella soggetta materia il potere di emettere un provvedimento del genere spettava solo all'organo competente inglese. Nell'ordinamento inglese l'autorità di polizia può solo proporre la misura di prevenzione che sarà decisa da una Corte. Nel caso di specie, invece, la polizia locale si era limitata a emettere un cd. warning e a liberare D. dopo averlo interrogato senza assistenza legale. Il giudice della convalida ha travisato la norma di legge, ponendosi così in contrasto con la giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, secondo cui competente a decidere sulla misura prevenzionale è il questore del luogo dove si è manifestata la pericolosità del soggetto e non del luogo dove il soggetto risiede o abita;
2.2 - ancora violazione della L. n. 401 del 1989, art. 6, giacchè il comportamento tenuto da D. non rientrava in nessuna delle ipotesi tassativamente previste dalla norma per la emanazione del divieto e dell'obbligo in esame.
Infatti, contrariamente a quanto affermato dal giudice della convalida, il prevenuto era stato fermato solo per sospetta ubriachezza, ma non era stato trovato in possesso di armi.
2.3 - omessa motivazione in ordine al requisito della necessità e urgenza;
2.4 - omessa motivazione in ordine alla pericolosità del prevenuto e alla congruità della durata della misura.
3 - Il procuratore generale in sede ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, osservando che: a) secondo il tenore testuale della norma di legge, il divieto in esame opera anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero in condizioni di reciprocità; b) la competenza territoriale sulle misure di prevenzione, a differenza della competenza in tema di reati, inerisce alla persona pericolosa e non alla condotta.
Ha invece ritenuto fondati gli altri motivi, e ha chiesto l'annullamento con rinvio della ordinanza di convalida.
4 - In ordine al primo motivo di ricorso si deve osservare che il legislatore, con il D.L. 17 agosto 2005, n. 161, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, convertito con modificazioni nella L. 17 ottobre 2005, n. 210, novellando la L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1, ha esteso il potere del questore di vietare l'accesso ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, anche in relazione alle manifestazioni sportive che si svolgono all'estero; e reciprocamente ha conferito alle corrispondenti autorità degli Stati appartenenti all'Unione europea il potere di vietare l'accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono nel territorio italiano.
Ovviamente, per effetto dello stesso art. 6, comma 2, il questore, accanto al divieto di accesso, può aggiungere anche, come misura prevenzionale, la prescrizione di comparire in un ufficio di polizia nazionale in concomitanza con lo svolgimento delle manifestazioni sportive indicate. Nulla è previsto invece - e non poteva essere previsto perchè si sarebbe trattato di norma da eseguirsi presso gli organi di polizia extraitaliani, con invasione nella sfera della altrui sovranità nazionale - per il potere delle corrispondenti autorità europee di accompagnare il divieto di accesso negli stadi italiani con la misura prevenzionale di imporre la comparizione negli uffici di polizia degli Stati membri dell'Unione europea.
Le nuove disposizioni in esame hanno inteso dare attuazione alla risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 17.11.2003, per l'adozione negli Stati membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di calcio di rilevanza internazionale.
Secondo il paragrafo 1 di questa risoluzione, "gli Stati membri, entro i limiti stabiliti dal proprio ordinamento, sono invitati a esaminare la possibilità di introdurre disposizioni che stabiliscano un meccanismo per interdire l'accesso agli stadi in cui sono in programma competizione calcistiche ai soggetti già resisi responsabili di fatti di violenza in occasione di incontri calcistici".
Secondo il paragrafo 3, "ciascuno Stato membro in cui vige il divieto di accesso di cui al paragrafo 1 è altresì invitato a considerare la possibilità di adottare le opportune iniziative affinchè i relativi provvedimenti applicativi emanati in ambito nazionale possano essere estesi anche a taluni incontri calcistici disputati in altri Stati membri, tenendo conto dei provvedimenti emanati da altri Stati membri".
La risoluzione inoltre auspica scambi di informazioni e iniziative di cooperazione tra le varie polizie e con le organizzazioni sportive.
Tanto premesso, sembra chiaro che le nuove disposizioni nazionali non configurano propriamente una condizione di reciprocità, ma statuiscono semplicemente alcune norme unilaterali che - in attuazione del paragrafo 3 della risoluzione - estendono il cosiddetto DASPO disposto dai questori italiani alle manifestazioni sportive che si svolgono nel resto dell'Unione europea, e conferiscono alle corrispondenti autorità di polizia europee un potere di DASPO per le manifestazioni sportive italiane.
Nulla però viene statuito sul potere dei questori italiani di imporre DASPO a carico di persone che tengano condotte pericolose durante manifestazioni sportive che si svolgono nei paesi europei. In altri termini, la estensione alle manifestazioni sportive celebrate all'estero riguarda l'oggetto del divieto di accesso, ma non il presupposto di pericolosità sociale che giustifica quel divieto: con la conseguenza che se la pericolosità sociale si è verificata durante una manifestazione sportiva celebrata fuori dai confini nazionali il questore italiano non ha nè il potere di vietare l'accesso agli stadi, siano essi italiani o europei, nè il connesso potere di imporre la comparizione presso gli uffici di polizia italiani.
Nè la risoluzione europea, nè le disposizioni nazionali emanate per attuarla, sono idonee a conferire ai questori italiani un potere amministrativo extraterritoriale, al di là di quello espressamente previsto di vietare gli accessi anche agli stadi europei per gli incontri sportivi di rilevanza internazionale. La prima infatti non ha carattere vincolante, e fa salvi espressamente i limiti stabiliti in ciascun ordinamento nazionale. Le seconde non possono essere interpretate al di là del loro significato letterale, che è sicuramente diverso e più ristretto rispetto a quello degli artt. 7 a 10 c.p., che estendono la giurisdizionale penale nazionale ad alcuni reati commessi all'estero, in concorso di alcuni presupposti sostanziali e processuali.
Questa conclusione, del resto, è in linea con la soluzione che la giurisprudenza di legittimità ha dato alla questione della competenza territoriale per l'emanazione dei DASPO. Infatti, dopo una incertezza iniziale, sembra ormai consolidato l'orientamento secondo cui competente a stabilire il divieto è il questore del luogo in cui è stato commesso il fatto che il legislatore ha assunto come specifico sintomo della pericolosità sociale connessa alle manifestazioni sportive, e non già il questore del luogo di residenza o di domicilio del soggetto socialmente pericoloso (ex multis Cass. Sez. 1^, n. 46342 del 19.11.2003, Bergesio, mass. 226185; Cass. Sez. 3^, n. 33504 del 14.6.2005, Candela, non massimata). E' evidente che, adottando questo criterio, un questore nazionale non ha competenza territoriale per disporre divieti di accesso e prescrizioni di comparizione per episodi di violenza sportiva commessi all'estero.
D'altro canto, secondo l'orientamento ormai costante di questa Corte, il giudice della convalida ha il dovere di controllare anche la competenza territoriale del questore che ha emesso la misura di prevenzione, rientrando questa competenza tra i requisiti di legittimità del provvedimento questorile.
5 - Comunque, anche prescindendo dalla delicata questione della competenza extraterritoriale del questore, il provvedimento in esame era privo dei presupposti richiesti dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1, primo periodo.
Invero, come risulta dallo stesso provvedimento questorile, in occasione dell'incontro di calcio tra le squadre del (OMISSIS) del (OMISSIS), D.A. era stato "tratto in arresto da collaterale organo inglese per ubriachezza molesta, mentre si trovava all'esterno dello stadio del (OMISSIS), in attesa di far ingresso nel settore ospiti dell'impianto sportivo".
Contrariamente a quanto affermato nell'ordinanza di convalida, non compare alcun accenno al possesso di armi o di altro strumento atto ad offendere.
Orbene, la semplice ubriachezza molesta non rientra in alcuno dei presupposti oggettivi tassativamente richiesti dalla norma citata per giustificare il divieto di accesso agli impianti sportivi e lo strumentale obbligo di comparizione presso gli uffici di polizia.
Sotto ogni profilo, quindi, il g.i.p. romano non poteva convalidare il provvedimento questorile.
Gli ultimi due motivi di ricorso restano assorbiti.
In conclusione, la impugnata ordinanza di convalida deve essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.


la Corte suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009

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