MISURE CAUTELARI PERSONALI - SPORT
Cass. pen. Sez. III, (ud. 03-12-2008) 25-03-2009, n. 12977
Cass. pen. Sez. III, (ud. 03-12-2008) 25-03-2009, n. 12977
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 - Con ordinanza del 3.11.2007 il g.i.p. del Tribunale di Roma ha convalidato il provvedimento del 17.10.2007
con cui il questore di Roma obbligava D.A. a presentarsi presso il
commissariato p.s. di zona in concomitanza di tutte le partite di calcio
che la squadra della (OMISSIS) disputerà per la durata di tre anni.
Il giudice ha osservato a riguardo quanto segue:
-
D. era stato arrestato dalla polizia inglese per ubriachezza molesta,
mentre si trovava, in possesso di oggetto atto ad offendere e sotto
l'effetto di alcool, nei pressi dello stadio di (OMISSIS), in occasione
della partita di calcio tenutasi il (OMISSIS) tra il (OMISSIS);
-
il medesimo, noto alle forze di polizia per la sua appartenenza alla
tifoseria (OMISSIS), nel (OMISSIS) era stato già sottoposto al divieto
di accesso alle manifestazioni sportive con provvedimento del questore
di Perugia;
- sussisteva la competenza del questore di Roma a irrogare la misura prevenzionale de qua giacchè il tenore letterale della L. n. 401 del 1989, art. 6,
così come successivamente modificato, era chiaramente indicativo di una
"reciprocità" internazionale europea, laddove estendeva il potere
questorile anche "alle manifestazioni sportive che si svolgono
all'estero";
- esistevano i presupposti
richiesti dalla legge per la misura di prevenzione, considerato il
profondo allarme sociale suscitato dal comportamento di D., il cui
arresto aveva provocato la reazione della restante tifoseria (OMISSIS).
2 - Il difensore del D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di annullamento.
In particolare, denuncia:
2.1 - violazione della L. n. 401 del 1989, art. 6 per difetto di giurisdizione e per incompetenza territoriale del questore di Roma.
Sostiene
che in difetto di convenzioni internazionali nella soggetta materia il
potere di emettere un provvedimento del genere spettava solo all'organo
competente inglese. Nell'ordinamento inglese l'autorità di polizia può
solo proporre la misura di prevenzione che sarà decisa da una Corte. Nel
caso di specie, invece, la polizia locale si era limitata a emettere un
cd. warning e a liberare D. dopo averlo interrogato senza assistenza
legale. Il giudice della convalida ha travisato la norma di legge,
ponendosi così in contrasto con la giurisprudenza di legittimità ormai
consolidata, secondo cui competente a decidere sulla misura
prevenzionale è il questore del luogo dove si è manifestata la
pericolosità del soggetto e non del luogo dove il soggetto risiede o
abita;
2.2 - ancora violazione della L. n. 401 del 1989, art. 6,
giacchè il comportamento tenuto da D. non rientrava in nessuna delle
ipotesi tassativamente previste dalla norma per la emanazione del
divieto e dell'obbligo in esame.
Infatti,
contrariamente a quanto affermato dal giudice della convalida, il
prevenuto era stato fermato solo per sospetta ubriachezza, ma non era
stato trovato in possesso di armi.
2.3 - omessa motivazione in ordine al requisito della necessità e urgenza;
2.4 - omessa motivazione in ordine alla pericolosità del prevenuto e alla congruità della durata della misura.
3
- Il procuratore generale in sede ha ritenuto infondato il primo motivo
di ricorso, osservando che: a) secondo il tenore testuale della norma
di legge, il divieto in esame opera anche per le manifestazioni sportive
che si svolgono all'estero in condizioni di reciprocità; b) la
competenza territoriale sulle misure di prevenzione, a differenza della
competenza in tema di reati, inerisce alla persona pericolosa e non alla
condotta.
Ha invece ritenuto fondati gli altri motivi, e ha chiesto l'annullamento con rinvio della ordinanza di convalida.
4
- In ordine al primo motivo di ricorso si deve osservare che il
legislatore, con il D.L. 17 agosto 2005, n. 161, art. 1, comma 1, lett.
a), n. 2, convertito con modificazioni nella L. 17 ottobre 2005, n. 210, novellando la L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1,
ha esteso il potere del questore di vietare l'accesso ai luoghi in cui
si svolgono determinate manifestazioni sportive, anche in relazione alle
manifestazioni sportive che si svolgono all'estero; e reciprocamente ha
conferito alle corrispondenti autorità degli Stati appartenenti
all'Unione europea il potere di vietare l'accesso alle manifestazioni
sportive che si svolgono nel territorio italiano.
Ovviamente,
per effetto dello stesso art. 6, comma 2, il questore, accanto al
divieto di accesso, può aggiungere anche, come misura prevenzionale, la
prescrizione di comparire in un ufficio di polizia nazionale in
concomitanza con lo svolgimento delle manifestazioni sportive indicate.
Nulla è previsto invece - e non poteva essere previsto perchè si sarebbe
trattato di norma da eseguirsi presso gli organi di polizia
extraitaliani, con invasione nella sfera della altrui sovranità
nazionale - per il potere delle corrispondenti autorità europee di
accompagnare il divieto di accesso negli stadi italiani con la misura
prevenzionale di imporre la comparizione negli uffici di polizia degli
Stati membri dell'Unione europea.
Le nuove
disposizioni in esame hanno inteso dare attuazione alla risoluzione del
Consiglio dell'Unione europea del 17.11.2003, per l'adozione negli Stati
membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di
calcio di rilevanza internazionale.
Secondo
il paragrafo 1 di questa risoluzione, "gli Stati membri, entro i limiti
stabiliti dal proprio ordinamento, sono invitati a esaminare la
possibilità di introdurre disposizioni che stabiliscano un meccanismo
per interdire l'accesso agli stadi in cui sono in programma competizione
calcistiche ai soggetti già resisi responsabili di fatti di violenza in
occasione di incontri calcistici".
Secondo il
paragrafo 3, "ciascuno Stato membro in cui vige il divieto di accesso
di cui al paragrafo 1 è altresì invitato a considerare la possibilità di
adottare le opportune iniziative affinchè i relativi provvedimenti
applicativi emanati in ambito nazionale possano essere estesi anche a
taluni incontri calcistici disputati in altri Stati membri, tenendo
conto dei provvedimenti emanati da altri Stati membri".
La
risoluzione inoltre auspica scambi di informazioni e iniziative di
cooperazione tra le varie polizie e con le organizzazioni sportive.
Tanto
premesso, sembra chiaro che le nuove disposizioni nazionali non
configurano propriamente una condizione di reciprocità, ma statuiscono
semplicemente alcune norme unilaterali che - in attuazione del paragrafo
3 della risoluzione - estendono il cosiddetto DASPO disposto dai
questori italiani alle manifestazioni sportive che si svolgono nel resto
dell'Unione europea, e conferiscono alle corrispondenti autorità di
polizia europee un potere di DASPO per le manifestazioni sportive
italiane.
Nulla però viene statuito sul potere
dei questori italiani di imporre DASPO a carico di persone che tengano
condotte pericolose durante manifestazioni sportive che si svolgono nei
paesi europei. In altri termini, la estensione alle manifestazioni
sportive celebrate all'estero riguarda l'oggetto del divieto di accesso,
ma non il presupposto di pericolosità sociale che giustifica quel
divieto: con la conseguenza che se la pericolosità sociale si è
verificata durante una manifestazione sportiva celebrata fuori dai
confini nazionali il questore italiano non ha nè il potere di vietare
l'accesso agli stadi, siano essi italiani o europei, nè il connesso
potere di imporre la comparizione presso gli uffici di polizia italiani.
Nè
la risoluzione europea, nè le disposizioni nazionali emanate per
attuarla, sono idonee a conferire ai questori italiani un potere
amministrativo extraterritoriale, al di là di quello espressamente
previsto di vietare gli accessi anche agli stadi europei per gli
incontri sportivi di rilevanza internazionale. La prima infatti non ha
carattere vincolante, e fa salvi espressamente i limiti stabiliti in
ciascun ordinamento nazionale. Le seconde non possono essere
interpretate al di là del loro significato letterale, che è sicuramente
diverso e più ristretto rispetto a quello degli artt. 7 a 10 c.p., che
estendono la giurisdizionale penale nazionale ad alcuni reati commessi
all'estero, in concorso di alcuni presupposti sostanziali e processuali.
Questa
conclusione, del resto, è in linea con la soluzione che la
giurisprudenza di legittimità ha dato alla questione della competenza
territoriale per l'emanazione dei DASPO. Infatti, dopo una incertezza
iniziale, sembra ormai consolidato l'orientamento secondo cui competente
a stabilire il divieto è il questore del luogo in cui è stato commesso
il fatto che il legislatore ha assunto come specifico sintomo della
pericolosità sociale connessa alle manifestazioni sportive, e non già il
questore del luogo di residenza o di domicilio del soggetto socialmente
pericoloso (ex multis Cass. Sez. 1^, n. 46342 del 19.11.2003, Bergesio,
mass. 226185; Cass. Sez. 3^, n. 33504 del 14.6.2005, Candela, non
massimata). E' evidente che, adottando questo criterio, un questore
nazionale non ha competenza territoriale per disporre divieti di accesso
e prescrizioni di comparizione per episodi di violenza sportiva
commessi all'estero.
D'altro canto, secondo
l'orientamento ormai costante di questa Corte, il giudice della
convalida ha il dovere di controllare anche la competenza territoriale
del questore che ha emesso la misura di prevenzione, rientrando questa
competenza tra i requisiti di legittimità del provvedimento questorile.
5
- Comunque, anche prescindendo dalla delicata questione della
competenza extraterritoriale del questore, il provvedimento in esame era
privo dei presupposti richiesti dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1, primo periodo.
Invero,
come risulta dallo stesso provvedimento questorile, in occasione
dell'incontro di calcio tra le squadre del (OMISSIS) del (OMISSIS), D.A.
era stato "tratto in arresto da collaterale organo inglese per
ubriachezza molesta, mentre si trovava all'esterno dello stadio del
(OMISSIS), in attesa di far ingresso nel settore ospiti dell'impianto
sportivo".
Contrariamente a quanto affermato
nell'ordinanza di convalida, non compare alcun accenno al possesso di
armi o di altro strumento atto ad offendere.
Orbene,
la semplice ubriachezza molesta non rientra in alcuno dei presupposti
oggettivi tassativamente richiesti dalla norma citata per giustificare
il divieto di accesso agli impianti sportivi e lo strumentale obbligo di
comparizione presso gli uffici di polizia.
Sotto ogni profilo, quindi, il g.i.p. romano non poteva convalidare il provvedimento questorile.
Gli ultimi due motivi di ricorso restano assorbiti.
In conclusione, la impugnata ordinanza di convalida deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
la Corte suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009
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