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lunedì 28 aprile 2014

Cassazione: Chi porta a spasso il cane deve essere in grado di controllarlo pienamente Non bastano guinzaglio e museruola. Per la passeggiata del quattrozampe si deve badare anche alla stazza dell'affidatario in relazione alla taglia dell'animale: solo così il padrone non sarà direttamente responsabile degli eventuali guai causati dal cane




Chi porta a spasso il cane deve essere in grado di controllarlo pienamente
Non bastano guinzaglio e museruola. Per la passeggiata del quattrozampe si deve badare anche alla stazza dell'affidatario in relazione alla taglia dell'animale: solo così il padrone non sarà direttamente responsabile degli eventuali guai causati dal cane
(Sezione quarta, sentenza n. 34765/08; depositata l'8 settembre)
 
ANIMALI   -   DANNI IN MATERIA CIV. E PEN.
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 03-04-2008) 08-09-2008, n. 34765
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

La corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Crotone che aveva affermato la colpevolezza di tutti e due gli imputati ai quali era addebitato ex artt. 40, 113 e 590 c.p., il delitto di lesioni colpose cagionate al piccolo R.L., (assoggettato dopo i morsi ad un lungo e delicato intervento chirurgico per ferite suturate con 40 punti), da un pitbull di proprietà degli stessi imputati non adeguatamente custodito, il 3/1/2007, condannava la O. e assolveva il M..
Contro così fatto provvedimento proponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro che concludeva per l'annullamento del provvedimento impugnato.
All'udienza pubblica del 3/4/2008, la Corte, compiuti gli adempimenti prescritti dal codice di rito, decideva il ricorso proposto.

Motivi della decisione

Il ricorso del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro, investe la sola statuizione che ha riguardo alla posizione del M. e non anche la statuizione di condanna che ha definitivamente investito la O..
Il PG denunzia violazione dell'art. 40 c.p. per non avere la sentenza impugnata individuato la colpa del M. derivata dal suo ruolo di affidante a persona (la moglie) non idonea a contenere le reazioni dell'animale affidato, e anche derivata dalla inosservanza dei suoi obblighi di sorveglianza e di controllo (il M. non aveva curato nè controllato l'applicazione della museruola e non aveva curato la inadeguatezza della persona affidataria rispetto alla forza fisica e alle reazioni dell'animale).
La motivazione della sentenza impugnata afferma la non rimproverabilità del M. rispetto all'episodio lesivo per la ragione che egli era intervenuto nella vicenda in un secondo momento quando il bambino era già stato azzannato e crede che la sentenza di condanna del Tribunale abbia fondato la statuizione di colpevolezza sulla sola base del titolo di proprietà del cane.
La motivazione viola l'art. 40 del c.p. perchè non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. Il M., era presente in casa secondo la stessa ricostruzione della sentenza di appello che accerta (pg. 5) essere accorso il M. alle grida della moglie e della madre del bambino azzannato, aver bloccato il cane e aver fornito un asciugamano a tamponare le ferite. L'obbligo di controllo del cane incombeva di diritto sul suo proprietario, il M. appunto, e di fatto su chi per essere la persona dominante rispetto all'animale aveva anche di fatto l'obbligo di impedire che la moglie uscisse col cane che non era in grado di controllare, di verificare comunque che l'uscita avvenisse con l'adozione delle prescritte cautele (museruola, guinzaglio), cautele che secondo la sentenza di primo grado non furono adottate. Il M. non deve rispondere per responsabilità oggettiva ma in relazione agli obblighi che per lui derivano dalla posizione di garanzia collegata al fatto di essere lui solo la persona che disponeva dell'animale e che poteva controllare le sue reazioni. La motivazione di appello, a fronte della opposta motivazione di primo grado, doveva dare specifico conto delle ragioni della sua diversa decisione senza arrestarsi all'erronea prospettiva (erronea perchè ha considerato il solo art. 40 c.p., comma 1 senza avvertirsi che la sentenza riformata aveva applicato l'art. 40 c.p., comma 2) che ha letto nella sentenza del primo giudice una statuizione fondata su un principio di responsabilità oggettiva contrastante col principio di personalità della responsabilità penale.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per causa delle denunziata erronea applicazione della legge penale e il procedimento deve essere rinviato ad altra Sezione della Corte di Appello di Catanzaro, per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.C., con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Catanzaro, altra Sezione.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2008

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