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L'indennità sostitutiva delle ferie aggiuntive va riconosciuta anche in caso di prepensionamento |
Ove
il diritto sia sancito dal contratto, a prescindere dalla frazione di
anno lavorata, e si estingue solo quando il mancato godimento è
addebitabile al dipendente che rifiuta le soluzioni offerte dal datore
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LAVORO (RAPPORTO) - TRASPORTO PUBBLICO E IN GENERE
Cass. civ. Sez. lavoro, 21-03-2008, n. 7654 |
Svolgimento del processo
La
Corte d'appello di Napoli, respingendo l'appello, ha confermato la
sentenza dei Tribunale del luogo che aveva rigettato la domanda proposta
da D.L.A. per ottenere la condanna delle Ferrovie dello Stato, di cui
era stato dipendente, al pagamento dell'indennità sostitutiva
dell'intero periodo di ferie previsto per l'anno 1995, ai sensi
dell'art. 52, comma 5, CCNL, sebbene egli fosse cessato dal servizio il
30 maggio di quello stesso anno.
La Corte ha
osservato che l'art. 52, comma 5, CCNL 1990, nei testo modificato da
punto 4.14 dell'accordo di rinnovo del 18.11.1994, stabilisce "che in
caso di cessazione del rapporto spetta sempre al lavoratore l'indennità
sostitutiva delle ferie maturate e non godute, tranne che la mancata
fruizione sia dovuta a cause dipendenti dalla sua volontà", tra le quali
non è da comprendere la domanda di prepensionamento. Pertanto, "deve
ritenersi sussistente il diritto del lavoratore a percepire il compenso
sostitutivo delle ferie maturate (ovviamente in relazione ai mesi di
servizio prestati) e non godute fino al momento dei pensionamento".
Per
quanto riguarda invece le ferie c.d. aggiuntive, ossia le (ulteriori)
ferie rapportate al periodo dell'anno non lavorato (nella specie, giugno
- dicembre), la Corte ha interpretato il comma 9 dell'art. 52 ("Il
dipendente ha diritto, in caso di risoluzione dei rapporto di lavoro...,
al periodo completo annuale di ferie, semprechè le stesse possano
essere godute prima della data della risoluzione...") nel senso che la
relativa indennità spetta a condizione che dette ferie "possano essere
effettivamente godute prima della risoluzione del rapporto di lavoro";
condizione non prevista dall'art. 52 per le ferie ordinarie, per il cui
mancato godimento detta norma prevede, a differenza delle ferie
aggiuntive, il pagamento dell'indennità sostitutiva. Pertanto, "proprio
dall'esatta interpretazione dei la volontà delle parti contrattuali
nell'apposizione della clausola in oggetto si desume che il trattamento
di miglior favore previsto dalla contrattazione collettiva possa trovare
applicazione solo nel caso di effettivo godimento dell'intero periodo
di ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro non essendo
prevista, cosi come per le ferie ordinarie, anche per le ferie
aggiuntive la monetizzazione dei diritto in caso di mancata fruizione".
Avverso questa decisione D.L.A. ricorre per cassazione con un motivo.
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con controricorso.
Disposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., comma 2, il Pubblico Ministero ne ha chiesto, con le conclusioni scritte, raccoglimento per manifesta fondatezza.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 36 Cost., degli artt. 1355, 1218, 2041, 2109 e 2697 c.c., dell'art. 1362 c.c.
e segg., in riferimento all'art. 52 CCNL 18.7.1990, come modificato dal
punto 4.14 del CCNL 18.11.1994, nonchè vizio di motivazione, il
ricorrente critica l'impugnata sentenza per non avere la Corte d'appello
colto l'esatto significato della norma contrattuale, la quale
stabilisce che limite al diritto all'indennità sostitutiva dell'intero
periodo di ferie annuali, che il CCNL riconosce indipendentemente dalla
frazione di anno lavorata, è solo l'ipotesi che l'impossibilità di
godimento sia addebitabile alla volontà del dipendente, che abbia
irragionevolmente rifiutato le soluzioni offerte dall'azienda per
l'esercizio del diritto alle ferie. Il riferimento alla possibilità di
fruirne prima della cessazione del rapporto riguarda la sola ipotesi che
questa sia intervenuta con tale anticipo da rendere impossibile il
collocamento delle ferie nel periodo dell'anno che precede tale
cessazione. Nè la domanda di prepensionamento, anche ove determinasse la
successiva impossibilità di godimento delle ferie, vale ad estinguere
il diritto ad esse e ad escludere la conseguente indennità sostitutiva.
Il motivo è fondato.
Va
premesso che, in relazione alle contestazioni sull'interpretazione del
contratto collettivo, la giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di
precisare che la funzione nomofilattica investe l'intera attività del
giudice di legittimità, e, dunque, con riguardo a pretese fondate sopra
fonti pattizie, non soltanto il rispetto delle disposizioni di cui all'art. 1362 c.c. e ss., ma anche il controlio della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, con la conseguenza che la manifesta fondatezza o infondatezza de ricorso, ai sensi dell'art. 375 c.p.c.,
comma 2, può essere ritenuta anche in relazione a motivi che contestino
l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto
collettivo, allorchè precedenti controversie siano già state scrutinate
dalla Corte con riguardo a decisioni di merito fondate sugli stessi
profili di fatto e argomentazioni sostanzialmente identiche (Cass. 13
maggio 2003 n. 7355).
Come la giurisprudenza
di legittimità, dopo iniziali incertezze (Cass. n. 96 de 2001), ha
ripetutamente e costantemente affermato (ciò ora costituendo jus
receptum), l'art. 36 Cost., e art. 2109 c.c., fissano
l'inderogabilità del diritto alle ferie, non la sua misura, nè, in
particolare, la sua proporzionalità ad un parametro esterno. Ed a tal
fine sono significativi il rinvio dell'art. 2109 c.c., comma
2, alla legge, agli usi e all'equità per la determinazione della durata
del periodo di ferie, e, nell'ambito di questa determinazione, la
contrattuale differenziazione della misura, in funzione di situazioni
oggettive e soggettive.
L'anno, previsto da
queste disposizioni, non è un parametro esterno cui sia
indissolubilmente legata la misura delle ferie (che resterebbe, in tal
modo, invariabile), bensì solo lo spazio temporale di lavoro cui le
ferie si riferiscono, e nel cui ambito devono essere stabilite. La
possibilità di godimento dell'intera misura annuale di ferie, attribuita
dalla norma collettiva in relazione ad uno spazio lavorativo più breve
dell'anno non deve essere letta come possibilità in relazione alle
esigenze aziendali, bensì come mera capienza temporale del periodo di
ferie nel periodo di lavoro prestato nell'anno di riferimento (Cass. 19
ottobre 2000 n. 13860).
In questa ipotesi, dal
mancato godimento delle ferie - una volta divenuto impossibile per il
datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligo di
consentirne la fruizione - deriva il diritto del lavoratore al pagamento
dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto
rappresenta la corresponsione dei valore di prestazioni, non dovute e
non restituibili in forma specifica, in misura pari alfa retribuzione.
Le clausole dei contratto collettivo di diritto comune, che disciplinano
esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l'indennità
sostitutiva, sono da interpretare - alla luce dell'irriducibilità del
diritto ai le ferie, del divieto di monetizzazione di siffatto diritto,
ed in applicazione del principio di conservazione del contratto - nel
senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non
imputabile ai lavoratore, questi ha egualmente diritto all'indennità
sostitutiva (Cass. 19 ottobre 2000 n. 13860, cit; Cass. 9 novembre 2002
n. 15776).
E pertanto, poichè solo
l'irragionevole rifiuto de lavoratore di accettare ogni soluzione
offerta dal datore vale ad estinguere il diritto alle ferie ed alla
conseguente indennità sostitutiva, l'impossibilità di usufruire
dell'intero periodo di ferie maturate in dipendenza della domanda di
prepensionamento non esonera il datore dall'obbligo di corrispondere
tale indennità (Cass. n. 15627 del 2001; n. 7451 e 15776 del 2002; n.
2360, 5515., 12635, 3469, 12554, 7835, 12032, 2326, 7714 dei 2003; n.
228, 8741, 11945 e 11991 del 2004; n. 18598 del 2006).
Non vi sono ragioni per rivedere siffatto orientamento.
Il
ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio
della causa alla stessa Corte d'appello di Napoli in diversa
composizione che, nel procedere a nuovo esame, provvedere anche in
ordine alle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La
Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2008
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